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Lindsey Kukunda combatte la violenza online contro le donne in Uganda, essendone stata vittima lei stessa

Categorie: Africa sub-sahariana, Uganda, Citizen Media, Cyber-attivismo, Diritti gay (LGBT), Diritti umani, Donne & Genere, Elezioni, Libertà d'espressione, Media & Giornalismi, The Bridge

Lindsey Kukunda, attivista ugandese. Immagine utilizzata previo consenso.

Giornaliste, femministe, attiviste e difenditrici dei diritti umani in tutto il mondo stanno affrontando molestie virtuali.  In questa serie, l'alleanza globale della società civile CIVICUS evidenzia la natura di genere delle molestie virtuali attraverso storie di donne che lavorano per difendere le nostre libertà democratiche. Tali testimonianze vengono qui pubblicate attraverso una partnership tra CIVICUS e Global Voices.

Un'instabile elezione in Uganda [1] [en, come tutti i link successivi salvo diversa indicazione] a gennaio ha fatto si che il presidente Yoweri Museveni ottenesse il sesto mandato. Nel periodo precedente il voto, i leader dell'opposizione sono stati presi di mira, i manifestanti sono stati dispersi con violenza e i giornalisti sono stati attaccati.

In questo contesto di violazioni dei diritti umani, i diritti delle donne e delle persone LGBTQI+ rimangono precari. Museveni ha usato la retorica anti-gay [3] durante la campagna elettorale per trovare un capro espiatorio alla comunità e l'anno scorso un gruppo di giovani LGBTQI+ [4] è stato radunato, picchiato e detenuto durante il COVID-19 con la scusa di contenere il virus.

Più della metà delle donne ugandesi subisce violenza fisica, mentre una su cinque è soggetta a violenza sessuale. Molte di loro affrontano anche abusi psicologici, matrimoni forzati e precoci e mutilazioni genitali femminili. Nel 2014, l'Uganda ha introdotto una legge contro la pornografia [5] che è stata usata per prendere di mira e perseguire le donne, specialmente le donne le cui foto di nudo sono state condivise online senza il loro consenso.

Lindsey kukunda è una femminista, scrittrice e difenditrice dei diritti umani oltre ad essere anche l'amministratore delegato di Her Empire [6], un'organizzazione femminista che porta avanti due programmi. Il primo è “Not Your Body”, che si focalizza sulla sfida al diritto della società di prendere decisioni riguardo il corpo delle donne e per estensione riguardo la loro vita, il secondo è “The Mentor's Network”, che promuove la sicurezza e l'alfabetizzazione digitale delle donne.

Lindsey Kukunda racconta la sua storia: 

Piango quando nessuno guarda

Sono un'ipocrita.

Professo di lottare contro la violenza online e molte donne mi vedono come una fonte d'ispirazione. Mi dicono di trovare il coraggio grazie a me, di sentirsi più sicure di loro stesse e che le ispiro a farsi valere.

Ma piango quando nessuno guarda.

La mia peggiore esperienza riguardo la violenza online risale a quando ho lanciato una campagna social [7] per contrastare le fondazioni razziste in Uganda, fondazioni che puzzavano di colonialismo e diritto bianco, ma soprattutto di discriminazione contro gli ugandesi.

Pensavo fosse ovvio che si trattasse di qualcosa di sbagliato. Ero pronta ad essere corretta. Ho ricevuto abusi [8] ed insulti sui social media, in radio e sulla stampa. Una volta ero in auto ad ascoltare una stazione radio che discuteva della mia campagna quando una conduttrice con cui una volta ho collaborato mi ha definita come “una persona con un complesso d'inferiorità”.

Non dimenticherò mai quella donna. 

Oggi, uno di quei locali è stato chiuso e l'altro riporta un cartello che dice “vietato il razzismo” all'entrata. Ho pagato per quella vittoria. Oh, ho pagato alla grande per quella vittoria. Mi è stato detto di “smetterla di cercare di a venerare i bianchi nei loro locali” e di “farmi gli affari miei”. Qualcuno ha pubblicato una mia foto per dare il via ad una conversazione in merito alla dimensione del mio seno.

Si tratta di un percorso solitario e doloroso, provo una profonda invidia ogni volta che vedo post di persone in cui condividono pensieri in merito a quanto la loro famiglia, per esempio, sia orgogliosa di loro e in cui sottolineano che non riuscirebbero a vivere senza il loro sostegno. Non è insolito che gli attivisti siano alienati dagli amici, dalla famiglia e dalla società in generale. Tranne in casi in cui, ovviamente, l'attivista muoia e riceva adorabili elogi sui suoi sforzi, il duro lavoro e la perseveranza di fronte alla difficoltà che ha dovuto affrontare e così via.

Lindsey Kukunda, attivista ugandese. Foto utilizzata previo consenso.

Essere una femminista mi ha trasformata in una “persona colma di rabbia” ma non mi scuserò per questo. Quando un uomo porta avanti una causa a favore di altri uomini, viene applaudito. Quando una donna lotta per le donne, viene attaccata sia dagli uomini che dalle donne. A ciascuno il suo e ho scoperto che per me, essere apologetica e rimanere fedele a me stessa era l'unico modo per sopravvivere. al momento sto pian piano cancellando gli “amici” di Facebook che non sono amici stretti o colleghi perché mi sento abusata nei loro post, visto che pretendono di conoscermi così bene.

La verità è che io li conosco e vederli usare la loro apparente familiarità con la mia natura per dire al mondo che mi conoscono abbastanza bene da etichettarmi come una stronza mi fa male, ma tutto questo mi ha fatto capire che potevo e dovevo prendere dei provvedimenti. Ho aperto una pagina professionale, e spero che andranno a visitarla una volta che li avrò cancellati.

Ho fatto molte cose per combattere la violenza online nei confronti delle donne, ma non basterebbe questo articolo per elencarle tutte. Posso dire di aver utilizzato la mia voce, io ho ispirato altre donne. La mia organizzazione [6] attualmente sta creando un gruppo d'azione di persone che la pensano come me e sono certa che rafforzerà le femministe ed i femministi, perché reputo più difficile intimidire un gruppo di persone che abusare di una singola persona.

Ad oggi sono un'attivista radicale non dichiarata e il fatto di sposare questo modo di fare e accettarlo, ha decisamente migliorato la mia sanità mentale. Non sento più il bisogno di difendermi o di spiegare ciò che faccio e perché lo faccio. Il mio motto è “Se hai un problema con il mio modo di fare, è un tuo problema. Lasciamene fuori”

Accuso i media [5] ugandesi di promuovere la violenza contro le donne per il modo in cui cercano di coprire le storie riguardanti questo argomento e per tutte le altre storie che sminuiscono. Storie di “revenge porn [9]” [it], non vengono mai scritte in modo da supportare la vittima, ma con l'intenzione di intrattenere il pubblico e di giudicare. I media non promuovono gli uomini che abusano delle donne ma allo stesso tempo non condannano apertamente gli abusi

Oltretutto, la legge non aiuta. L'Uganda ha permesso alla religione di influenzare la politica e credo che questo basti per far capire quanto lavoro abbiano da fare le femministe, no? La legge contro la pornografia   [10]etichetta le donne come criminali per aver attratto sessualmente gli uomini in qualsiasi modo e quindi spetta agli uomini decidere in che modo li stiamo “disturbando” con la nostra sessualità. Quando un uomo fa trapelare le foto di una donna nuda [11], lei diventerà il centro di una conversazione e, mentre l'uomo continua  a vivere la sua vita a testa alta, la donna subisce umiliazioni. Abbiamo bisogni di parlare ai nostri oppressori in una lingua che possano comprendere.

Sto lavorando su un progetto [12] in cui mi concentro su coloro che abusano, lì metto in mostra e li faccio vergognare affinché chiedano scusa o restino per sempre su internet etichettati come uomini violenti, quando è troppo è troppo. Per quanto mi riguarda, questa è una guerra e io sto collezionando generali.