- Global Voices in Italiano - https://it.globalvoices.org -

Sostenitori del popolo iraniano organizzano manifestazioni di solidarietà in tutto il mondo

Categorie: Medio Oriente & Nord Africa, Iran, Citizen Media, Donne & Genere, Governance, Libertà d'espressione, Politica, Protesta, Religione

Raduno di solidarietà con il popolo iraniano a Bruxelles, Belgio. Foto di Fred Petrosian. Usata con licenza.

Mentre il movimento di protesta [1] [it] in Iran continua per la terza settimana di fila, sabato 1° ottobre in più di 150 città di tutto il mondo si sono tenuti raduni di solidarietà con il popolo iraniano nella sua lotta per la libertà e la giustizia. 

“Donne, Vita, Libertà”,  “Mahsa Amini,” “Abbasso il dittatore,” e “Non vogliamo la repubblica islamica,” sono alcuni degli slogan gridati in Iran ed in tutto il mondo.

Secondo Mahmood Amiry-Moghaddam [2] [en, come i link seguenti, salvo diversa indicazione], cofondatore e portavoce della ONG Iran Human Rights [3] (IHR) con sede in Norvegia, grazie alle proteste gli iraniani che vivono all'estero possono formare l'opinione pubblica in merito alla situazione in Iran e fare pressioni su governi affinché sostengano il popolo iraniano.

I raduni stanno registrando forti affluenze in tutto il mondo, da Toronto a Tokyo i sostenitori si sono riuniti sabato per il Freedom Rally for Iran [4] (raduno per la libertà in Iran).

La guida suprema iraniana, l'Ayatollah Ali Khomeini, ha infine rotto il silenzio [5] lunedì condannando i “tumulti” ed accusando gli Stati Uniti ed Israele di aver orchestrato le dimostrazioni.

Oltre 50.000 iraniani hanno protestato a #Toronto (Richmond Hill) per #MahsaAmini, 1° ottobre 2022.

Oggi la diaspora degli iraniani in tutto il mondo sta portando nelle strade la protesta contro il regime della Repubblica Islamica cantando slogan anti regime. Questa è Tokyo, Giappone, dove gli iraniani cantano “Khamenei, ti rovesceremo!”

Le proteste iniziali sono state innestate in Iran dal decesso della 22enne Mahsa (Zhina) Amini [16] [it], morta durante la detenzione da parte della polizia morale [17] del paese a seguito dell'accusa di aver violato, il 16 settembre, le regole hijab perché parte dei suoi capelli era visibile sotto l'hijab. In Iran tutte le donne devono coprirsi i capelli; in caso contrario rischiano di venire arrestate dalla polizia morale.

La sua morte è stata lo spartiacque nel movimento iraniano di protesta per la libertà, l'abolizione della copertura obbligatoria del capo e la fine della dittatura. Le donne hanno giocato un ruolo particolarmente importante in questo movimento, togliendosi i copricapi in protesta contro la tiranna e bruciandoli in pubblico, guidando raduni in Iran e nel resto del mondo mentre sopportavano il peso delle rappresaglie da parte della polizia.

Minou Majidi è stata uccisa dalle forze del regime durante le recenti proteste. Ora sua figlia si è tagliata i capelli, torreggiando sulla tomba della madre! (Donna, vita, libertà)

“Non vogliamo la repubblica islamica” cantano le giovani di Tehran, accentuando il canto con i pugni alzati che impugnano l'hijab.

Nonostante le intense persecuzioni e le repressioni gli iraniani continuano a marciare nelle strade e nei campus universitari. Secondo Iran Human Rights, almeno 92 persone sono state uccise [24]dalla polizia iraniana durante i movimenti di protesta, ed altre 41 nei movimenti di protesta del 30 settembre a Zahedan, nella provincia sudorientale di Sistan-Baluchistan, per la violenza su di una quindicenne Baloch, il che porta il numero complessivo dei morti almeno a 133 dal 2 ottobre 2022. Per decenni le minoranze Baloch hanno dovuto affrontare una pesante discriminazione [25], persecuzione e tirannia.

Amiry-Moghaddam, in un'intervista a Global Voices, ha detto:

The killing of protesters in Iran, especially in Zahedan, amounts to crimes against humanity. The international community has a duty to investigate this crime and prevent further crimes from being committed by the Islamic Republic.

L'uccisione dei dimostranti in Iran, soprattutto a Zahedan, è da considerarsi crimine contro l'umanità. La comunità internazionale ha il dovere di investigare questi crimini ed impedire che la Repubblica islamica ne commetta altri.

Proteste e resistenza in Iran

Molti artisti dentro e fuori il paese hanno espresso [26] il proprio supporto e persino creato opere in onore del popolo iraniano. Shervin Hajipour [27] [de],  cantante e compositore iraniano, ha scritto una canzone intitolandola “Baraye,” che significa “per” in persiano, usando tweet di iraniani che criticano la violenza di stato, e la ha postata sul suo social media. La canzone è diventata virale ed è stata ascoltata da oltre 40 milioni di persone in 48 ore. Il 29 settembre le forze di polizia iraniane hanno fatto irruzione nella sua casa e lo hanno arrestato.

Intanto, però, la macchina repressiva dell'Iran non è riuscita a frenare le proteste degli iraniani. Sempre più città ed università sono diventate scenario di resistenza e scontri il 2 ottobre, in particolare la Sharif university di Tehran. Dopo la pubblicazione di un video che rappresentava diversi studenti della Sharif university intrappolati nel parcheggio del campus dalle forze di sicurezza, gente da tutta Tehran si è recata all'università per sostenere gli studenti intrappolati ed unirsi alle proteste.

Alcuni video sui social media sembrano [28] mostrare studenti che fuggono dalle forze di sicurezza mentre sembra vengano sparati colpi di armi da fuoco.

Il regime di Khomeini sta causando un grosso massacro alla Sharif University. A Tehran la gente si è riunita davanti alla #SharifUniversity cantando “morte al dittatore” e chiedendo il rilascio degli studenti.

2 ottobre 2022 – gli studenti della Isfahan University spingono sui cancelli e fuggono dall'università al canto di  “morte al dittatore”.

“chi si limita a guardare non ha le palle!” proteste di sabato a Tabriz.

Le studentesse continuano a scioperare insieme a molti studenti universitari in tutto l'#Iran nonostante la severa repressione del governo. In questo video le studentesse di #Karaj cantano: “Mullahs, andate a quel paese!”