Un'esperta di diplomazia dell'acqua parla di eventuali conflitti e cooperazione per l'acqua nell'Asia centrale

Abitanti del villaggio di Yandakly, nel Turkmenistan. Foto di Erkin Yazov, usata con autorizzazione.

Originaria del Turkmenistan nell'Asia centrale, Jahan Taganova è un'ambasciatrice dell'iniziativa “One Young World Peace” e una diplomatica dell'acqua. Negli scorsi anni, l'Asia centrale ha vissuto cambiamenti drastici e sconvolgimenti: disordini che hanno guidato la passione di Jahan per la pace e la stabilità, l'equità, i diritti umani e per il lavoro collaborativo tra culture con lo scopo di costruire un mondo più sostenibile. Spinta dalla crescente dedizione per questi argomenti, si è laureata nel 2020 in Cooperazione per l'acqua e Diplomazia [en, come tutti i link successivi salvo diversa indicazione], e da allora pubblica articoli di ricerca e riflessioni analitiche per piattaforme di think-tank. I suoi campi di ricerca si trovano nell'intersezione tra la governance dell'acqua, la gestione integrata delle risorse idriche, il clima e la giustizia sociale.

Global Voices ha parlato con lei della sua attrazione per l'acqua e della sua infanzia in Turkmenistan, una nazione centro-asiatica senza sbocchi sul mare, dove l'80% del territorio è desertico. L'acqua è scarsa per natura in questa regione arida.

Jahan Taganova (JT): I remember well traveling long distances to fetch water for our daily needs during frequent water shortages and rationed water supply. Experiencing water scarcity was also a gift because it helped me develop a deep reverence and regard for water and its role in our  life.When I moved to Kyrgyzstan at age 16 for higher education, I found myself at a place with abundant water for the first time. Later, at the American University in Bulgaria I started thoroughly studying the ecological disaster of the Aral Sea, which started depleting due to a massive failure of irrigation projects during Soviet times. Thus, I was naturally drawn to explore the role of water in our collective experience and the connection of water flows to cultures, histories and religions of the people. This fascination and curiosity led me to pursue a unique joint-degree graduate program in Water Cooperation and Diplomacy, which further equipped me with a thorough understanding of water conflict and methodological tools to help transform water resource management.

Jahan Taganova (JT): Mi ricordo bene le lunghe distanze percorse per prendere l'acqua [tk] necessaria quotidianamente durante le frequenti carenze idriche e i razionamenti d'acqua. Vivere la scarsità idrica è stato anche un dono, perché mi ha aiutata a sviluppare una riverenza e una considerazione profonde per l'acqua e per il suo ruolo nelle nostre vite. Quando mi sono trasferita in Kirghizistan a 16 anni per la scuola secondaria, mi sono trovata per la prima volta in un luogo con acqua in abbondanza. Poi, all'Università americana in Bulgaria ho cominciato a studiare approfonditamente il disastro ecologico del mare d'Aral, che ha cominciato a svuotarsi a causa dell'enorme fallimento dei progetti d'irrigazione in epoca sovietica. Perciò per me è stato naturale esplorare il ruolo dell'acqua nella nostra esperienza collettiva, e il collegamento tra i flussi d'acqua e le culture, le storie e le religioni dei popoli. L'attrazione e la curiosità mi hanno portata a conseguire una doppia laurea con il master in Cooperazione per l'acqua e Diplomazia, che mi ha fatto acquisire una conoscenza ancora più completa dei conflitti idrici e degli strumenti metodologici per agevolare la trasformazione della gestione delle risorse idriche.

Zhar Zardykahn (ZZ): Oltre a essere fonte di vita, l'acqua è stata oggetto di conflitti e scontri continui in Asia centrale nel corso degli ultimi trent'anni, in particolare nella valle di Fergana [it]. Proprio un anno fa circa, si è avviato il conflitto al confine tra Kirghizistan e Tagikistan, istigato dagli scontri per l'accesso all'acqua e che ha causato decine di morti. Quindi quali sono le sue radici?

JT: Indeed, since the collapse of the Soviet Union, water remains a major cause of tension among Central Asian states. During Soviet times, water and energy exchange between the five Central Asian republics were centrally planned, where water rich upstream countries (Tajik SSR and Kyrgyz SSR) would exchange water with energy rich downstream countries (Turkmen SSR, Uzbek SSR, and Kazakh SSR). After the collapse of the USSR in 1991, the centrally planned water and energy management systems started transforming into market-oriented approaches, as the watercourses, which once were domestic, became transboundary.

JT: Esatto, dalla caduta dell'Unione Sovietica, l'acqua è rimasta una delle cause più rilevanti delle tensioni tra gli stati centro-asiatici. Durante l'epoca sovietica, gli scambi di acqua ed energia tra le cinque repubbliche venivano pianificati in modo centralizzato, per cui le nazioni ricche di acqua a monte (Tagikistan e Kirghizistan) la scambiavano con l'energia delle nazioni a valle (Turkmenistan, Uzbekistan e Kazakistan). Dopo la caduta dell'URSS nel 1991, la gestione centralizzata dell'acqua e dell'energia ha cominciato a trasformarsi con approcci orientati al mercato, dato che i corsi d'acqua un tempo domestici erano diventati transfrontalieri.

Fiume Ala Archa nella regione Chuy del Kirghizistan. Foto di Vitaliknyc da Wikimedia (CC BY 3.0)

JT: As a result of upstream hydro-energy and downstream fuel-produced energy price differences, energy allocation became a source of tensions between the countries. The tensions, caused by the price differences between hydro-energy and fuel-energy, were further exacerbated by the desire of Tajikistan and Kyrgyzstan to build upstream hydropower dams. This proposal provoked harsh responses from downstream countries, which need water for irrigation, so that Islam Karimov, the then president of Uzbekistan, even envisaged war as an outcome of the conflict. However, while the world was expecting “water wars” in the region, power cuts and rising energy prices led, among other things, to the violent overthrow of Kyrgyz president Kurmanbek Bakiyev in 2010.

JT: Come conseguenza delle differenze di prezzo tra l'energia idroelettrica a monte e l'energia da combustibili fossili a valle, la sua distribuzione  era diventata una fonte di tensioni tra le nazioni. Queste tensioni sono state ulteriormente esacerbate dal desiderio del Tagikistan e del Kirghizistan di costruire dighe idroelettriche a monte. Tale proposta ha provocato risposte dure dalle nazioni a valle, che hanno bisogno di acqua per l'irrigazione, e così l'allora presidente dell'Uzbekistan, Islam Karimov, aveva addirittura immaginato una guerra come esito del conflitto. Comunque, mentre il mondo si aspettava “guerre per l'acqua” in questa zona, i tagli dell'elettricità e l'incremento del costo dell'energia hanno portato, fra le varie cose, al rovesciamento del presidente kirghizo Kurmanbek Bakiyev nel 2010.

ZZ: Dato che l'acqua è così essenziale ma scarsa in questa regione, quali sono le prospettive di conflitto o di cooperazione?

JT: Water often can be a source of competition and tensions, but as Aaron Wolf stated, no wars are fought exclusively over the water, and water-based conflicts almost always reveal other underlying problems. Here comes water diplomacy, which seeks to develop sustainable and peaceful solutions to water management while promoting cooperation and collaboration among stakeholders.

In the context of Central Asia, for instance, the European Union recently announced its plans to become the leading investor in Tajikistan’s Rogun dam on the Vakhsh river, which is regarded as the world’s tallest dam. The move is intended to help Tajikistan reduce its reliance on Russian energy and to counter Chinese influence in the region, but a dam of such magnitude will reduce water runoff to downstream countries, damaging the agricultural sectors of Turkmenistan and Uzbekistan agricultural sector, and resulting in food insecurity and mass climate migration in the region.

JT: L'acqua è spesso causa di concorrenza e tensioni ma, come ha detto Aaron Wolf, nessuna guerra viene combattuta esclusivamente per l'acqua; i conflitti da essa generati rivelano quasi sempre altri problemi alla radice. Ecco che interviene la diplomazia dell'acqua, con l'obiettivo di sviluppare soluzioni sostenibili e pacifiche per la gestione idrica, promuovendo la cooperazione e la collaborazione tra le parti coivolte.

Nel contesto dell'Asia centrale, per esempio, l'Unione Europea ha annunciato di recente il progetto di divenire l'investitore primario della diga Rogun in Tagikistan sul fiume Vakhsh; viene considerata la diga più alta del mondo. Quest'operazione è pensata per aiutare il Tagikistan a ridurre la dipendenza dall’energia russa e per contrastare l'influenza cinese in zona, ma una diga di tale grandezza ridurrà il deflusso dell'acqua verso le nazioni a valle, danneggiando i settori agrari del Turkmenistan e dell'Uzbekistan e dando luogo a insicurezza alimentare e migrazioni climatiche di massa nella regione.

Nonostante la natura troppo politicizzata di queste problematiche, Jahan Taganova aggiunge che i governi non sono gli unici responsabili per la risoluzione dei conflitti idrici, dato che il successo e la sostenibilità della gestione dell'acqua in questa zona dipendono dalle interazioni con un pubblico più ampio. Basandoci sui dati attuali, ci sono risorse idriche sufficienti ma la cooperazione regionale è ostacolata soprattutto da schemi di governance di bassa qualità e da scarse competenze istituzionali.

JT: My research interests are deeply rooted in intersectionality and finding the ways in which different areas of interest intersect and affect each other. I love uncovering how two different topics such as climate and social justice or gender equality and water management can be intertwined, and the greater wisdom and guidance that can be gleaned from this larger picture approach to both. Of course, water has a paramount place in my research, which includes topics such as water governance and the role of water diplomacy in our world. As a woman who grew up in Central Asia, I am naturally drawn to geopolitical topics relevant to the region, including post-Soviet identity and state- and nation-building in the region.

For me, academic research is often a way to understand the past and present of my community and to continue to explore what it means to be a Turkmen woman in a globalized 21st century. Throughout my graduate studies, added with my residential experiences in Central Asia, I was always aware of the possibility of war over water and land in the Ferghana valley.

JT: I miei campi di ricerca sono radicati profondamente nell’intersezionalità e nel trovare modi in cui diverse aree di interesse si incrociano e hanno effetti l'una sull'altra. Mi piace scoprire come due argomenti diversi come il clima e la giustizia sociale oppure la parità di genere e la gestione dell'acqua possono intrecciarsi; e mi piacciono la maggiore conoscenza e guida che si possono raccogliere da questo approccio più generale su entrambe le aree. Ovviamente, l'acqua occupa uno spazio in primo piano nella mia ricerca, che include argomenti come la gestione idrica e il ruolo della diplomazia dell'acqua nel mondo. In quanto donna cresciuta nell'Asia centrale, mi sento attirata per natura alle questioni geopolitiche di questa regione, compresa l'identità post-sovietica e la costruzione dello Stato e delle nazioni in quest'area.

Per me la ricerca accademica spesso è un modo per capire il passato e il presente della mia comunità e per continuare a esplorare cosa significa essere una donna turkmena nel mondo globalizzato del XXI secolo. Durante i miei studi di master, grazie anche alle mie esperienze di vita nell'Asia centrale, sono sempre stata cosciente della possibilità di una guerra per l'acqua e il territorio nella valle di Fergana.

Jahan Taganova parla anche della curiosità suscitata dalla lettura di un articolo intitolato “Women forge peace along the Kyrgyz-Tajik border” [Donne forgiano la pace sul confine tra Kighizistan e Tagikistan, ndt], che l'ha portata a esplorare il ruolo delle donne centro-asiatiche negli sforzi di consolidamento della pace.

JT: As a woman who grew up in Central Asia, I am quite familiar with the  patriarchal disenfranchisement of women in the social systems and as such, felt drawn to further dig in and learn more about the UN Women’s cross-border project for sustainable peace and development in the Ferghana valley. My research provided me with a prime opportunity to uncover intersectional factors that impact peace, conflict, water, and gender, as well as an opportunity to add my unique perspective to the conversation on transboundary water disputes as a young Central Asian scholar.

JT: In quanto donna cresciuta nell'Asia centrale, ho familiarità con la privazione dei diritti delle donne in un sistema sociale patriarcale e quindi sono stata spinta ad approfondire e imparare di più sul progetto transfrontaliero dell'UN Women per la pace e lo sviluppo sostenibili nella valle del Fergana. La mia ricerca mi ha dato l'ottima opportunità di svelare i fattori intersezionali che hanno un impatto sulla pace, sui conflitti, sull'acqua e sul genere, oltre all'opportunità di aggiungere la mia prospettiva particolare di ricercatrice centro-asiatica alla conversazione sulle dispute transnazionali per l'acqua.

ZZ: Allora, se c'è in teoria abbastanza acqua, chi dovrebbe farsi avanti e cosa andrebbe fatto?

JT: In order for water governance to succeed, the media, water operators, local authorities, nonprofit organizations, and intergovernmental organizations (INGOs)  must collaborate to increase transparency, accessibility, and responsiveness to public concerns. Collaborations have triple dividends because they create partnerships, provide legitimacy to social instruments in water management, and increase capacity and ownership. If we want true healing and movement forward, we must think and work across sectors and learn to build strategic partnerships and collaboration. Every individual, sector, and government needs to break down silos and work in lock steps to create inclusive dialogue platforms.

JT: Affinché la governance dell'acqua abbia successo, i media, i gestori idrici, le autorità locali, le organizzazioni no profit e quelle intergovernative devono collaborare per accrescere la trasparenza, l'accessibilità e la reattività alle problematiche pubbliche. Le collaborazioni hanno un bonus triplo perché creano partnership, forniscono legittimità agli strumenti sociali per la gestione dell'acqua e aumentano le competenze e le responsabilità. Se vogliamo davvero risanarci e guardare avanti, dobbiamo pensare e lavorare in modo intersettoriale e dobbiamo imparare a costruire accordi e collaborazioni strategiche. Ogni individuo, ogni settore e ciascun governo deve abbandonare i compartimenti stagni e lavorare compattamente per creare piattaforme di dialogo inclusivo.

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