I sostenitori di Bolsonaro tentano il colpo di stato assaltando la sede dei tre ministeri brasiliani

I manifestanti prendono d'assalto il Congresso, la Corte Suprema e il Palazzo del Planalto, sede della presidenza, a Brasília, una settimana dopo l'insediamento di Lula. | Foto di: Marcelo Camargo/Agência Brasil

L'8 Gennaio, i sostenitori dell'ex presidente Jair Bolsonaro hanno scatenato una rivolta nella capitale brasiliana, Brasília [pt, come i link seguenti], dopo aver preso d'assalto alcuni edifici pubblici in un apparente tentativo di colpo di stato. I rivoltosi sono arrivati nella capitale federale, una settimana dopo l'insediamento del nuovo presidente Luiz Inácio Lula da Silva, per protestare contro i risultati delle elezioni brasiliane del 2022 che a loro dire sarebbero state truccate.

Da quando il partito, di sinistra, dei lavoratori (PT) ha sconfitto Bolsonaro in un serrato ballottaggio il 30 Ottobre, alcuni bolsonaristas (l'appellativo dato ai sostenitori di Bolsonaro) si sono accampati davanti alle unità militari e ai bordi delle autostrade per contestare i risultati. Queste proteste hanno provocato un tentativo di invasione dell'edificio della polizia Federale e un attentato nel Dicembre 2022.

I manifestanti hanno marciato dal quartier generale dell'esercito, dove si trovava il loro accampamento, fino alla Piazza dei Tre Poteri – così chiamata perché lì hanno sede la Presidenza, il Congresso Nazionale e la Corte Suprema — e hanno invaso le strutture, mettendo sotto assedio la capitale federale.

I bolsonaristi hanno attaccato gli edifici simbolo del potere, distrutto le opere d'arte, usato mobili storici per sbarrare le entrate, saccheggiato manufatti, come un estratto della Costituzione Federale,messo a soqquadro la Sala della Corte Suprema, rubato armi, computer e altre attrezzature conservate Palazzo del Planalto (il luogo dove lavora il presidente); e probabilmente hanno defecatourinato all'interno degli uffici. Hanno anche aggredito, almeno, otto giornalisti che stavano seguendo gli eventi.

Le immagini ufficiali degli ex presidenti brasiliani sono state distrutte negli attacchi, ad eccezione di quella di Jair Bolsonaro. | Foto di: Marcelo Camargo/Agência Brasil

Il governo federale ha rilasciato una prima stima dei pezzi distrutti dai vandali, tra cui importanti opere d'arte nazionali e un orologio francese del XVII secolo di Balthazar Martinot, orologiaio di Luigi XIV. Secondo il sito web del governo Brasiliano, l'orologio è uno dei due soli pezzi di Martinot rimasti al mondo, l'altro si trova a Versailles.

I rivoltosi hanno anche distrutto i ritratti ufficiali degli ex presidenti, risparmiando però quello di Bolsonaro. Un uomo è apparso in un video, con in mano il ritratto dell'ex presidente, chiamandolo “il mio eroe”.

Il tentativo di colpo di Stato ha ricordato l'invasione di Capitol Hill del 6 gennaio 2021, negli Stati Uniti. Ma mentre l'ex presidente Donald Trump era ancora al potere in quel momento, durante la rivolta brasiliana, Bolsonaro si era già dimesso ed era fuggito all'estero, in Florida.

Parlando ai ministri, il 9 gennaio, Lula ha dichiarato che “vogliono un colpo di Stato e non ci sarà un colpo di Stato”. Lo stesso giorno, in diverse città, sono state registrate proteste pro-democrazia.

Un'invasione già annunciata

I rivoltosi hanno invaso edifici pubblici, tra cui il Palazzo Planalto, sede della presidenza e una delle opere più famose dell'architetto Oscar Niemeyer.| Foto di: Marcelo Camargo/Agência Brasil

Gli attacchi dell'8 Gennaio sono stati organizzati attraverso i social media, come Twitter, come riferisce Agência Pública, partner di GV, e app di messaggistica. Un articolo pubblicato dall'agenzia di stampa UOL mostra anche che hanno utilizzato una mappa online e si sono preparati ad attaccare.

Di conseguenza, è stato emanato un decreto di intervento federale nel Distretto Federale (DF), dove si trova Brasilia,fino alla fine di Gennaio, e circa 1,500 bolsonaristi sono stati arrestati. Potrebbero essere incriminati per tentato “colpo di Stato”, danneggiamento, tentativo di abolizione dello Stato di diritto e associazione a delinquere.

Gli arresti potrebbero aumentare nei giorni successivi, mentre si svolgono le indagini per scoprire chi ha finanziato gli attacchi.

La senatrice Soraya Thronicke, ex alleata di Bolsonaro e candidata alle presidenziali, ha annunciato di aver raccolto abbastanza firme per aprire una Commissione Parlamentare d'Inchiesta sui cosiddetti “atti antidemocratici”.

Il giudice della Corte Suprema, Alexandre de Moraes, che supervisiona le indagini su questi attacchi anti-democratici, ha ordinato che il  governatore rieletto del Distretto Federale e alleato di Bolsonaro, Ibaneis Rocha, venga rimosso per 90 giorni, per evitare qualsiasi interferenza con le indagini in corso. Rocha ha dichiarato di aver accettato la decisione del giudice.

Poiché i video e le immagini postate dagli stessi rivoltosi sui social media sembravano mostrare le forze di polizia militare in disparte durante gli attacchi. Anche il governo locale dovrà rispondere delle procedure utilizzate.

Sono emersi altri video di agenti di polizia che incoraggiano attivamente l'insurrezione. pic.twitter.com/fZ4xhyMa5i

— David Adler (@davidrkadler) 9 Gennaio, 2023

I rivoltosi non hanno trovato resistenza lungo il percorso di quasi due ore di marcia o quando sono entrati nelle aree protette. Un video mostra anche le forze dell'esercito che sembrano non sapere come rispondere al Palazzo del Planalto.

La settimana prima degli attacchi di Brasília, come riporta l'agenzia di stampa Metropoles, un video è circolato nei gruppi WhatsApp e Telegram pro-Bolsonaro, mostrando una donna brasiliana che ha incontrato Bolsonaro in Florida. La donna dice di avergli chiesto di non rinunciare al Brasile e lui le ha risposto che “il meglio doveva ancora venire”. La donna non ha fornito ulteriori spiegazioni.

Il giro di vite dei bolsonaristi

Danni nell'edificio del Senato federale del Brasile dopo che i bolsonaristi hanno invaso e saccheggiato il luogo l'8 gennaio| Foto di: Marcelo Camargo/Agência Brasil

Mentre le immagini dei disordini e delle violenze a Brasília diventavano virali in tutto il mondo, le autorità internazionali hanno espresso il loro sostegno alla democrazia Brasiliana e al governo.

I bolsonaristi, nel frattempo, hanno iniziato a distorcere la narrazione, sostenendo che gli atti di vandalismo erano opera di infiltrati di sinistra.

Uno dei video a sostegno di queste affermazioni mostra un uomo che tiene in mano una bandiera del Partito dei Lavoratori, fuori da uno degli edifici attaccati. Ma i bolsonaristi non riescono a spiegare perché una persona infiltrata dovrebbe uscire allo scoperto nel bel mezzo di un'insurrezione, mettendo a rischio la propria sicurezza.

Sono state diffuse anche immagini di persone che non erano presenti negli attacchi, come l'attivista Raull Santiago, che ha sostenuto Lula, e che è stato additato come “infiltrato”.

Bolsonaro, che nelle sue pubblicazioni sui social media si identifica ancora come “presidente del Brasile”, ha criticato gli attacchi, affermando di aver sempre agito nel rispetto della Costituzione.

Ha anche cercato di paragonare gli eventi senza precedenti nella capitale federale alle proteste di sinistra degli anni passati:

Le proteste pacifiche, nella forma consentita dalla legge, fanno parte della democrazia. Tuttavia, la depredazione e l'invasione di edifici pubblici, come abbiamo visto oggi, così come quelle praticate dalla sinistra nel 2013 e nel 2017, non sono da considerarsi la norma.

Egli ha anche respinto le cosiddette “accuse senza prove” mosse da Lula sui social. L'8 gennaio, il presidente ha twittato:

Hanno approfittato del silenzio di domenica, quando stavamo ancora costruendo il governo, per fare quello che hanno fatto. E sapete che ci sono diversi discorsi dell'ex presidente che li hanno incoraggiati. Questa è anche una sua responsabilità e dei partiti che lo sostengono.

Lula ha organizzato una riunione con i governatori e insieme hanno pubblicato una dichiarazione congiunta con i presidenti del Senato, della Camera e della Corte Suprema, definendo gli attacchi dei rivoltosi “terrorismo, vandalismo, criminalità e istigazione al colpo di Stato”.

Nel pomeriggio del 9 gennaio, il giorno successivo all'assedio, Bolsonaro sarebbe stato ricoverato in Florida, per un presunto malore addominale. I ricoveri sono stati frequenti durante il suo mandato presidenziale, un effetto dovuto all'accoltellamento subito nel 2018, come sostiene lui stesso.

I membri del Congresso degli Stati Uniti hanno suggerito di estradiarlo. Il senatore brasiliano Renan Calheiros, ha dichiarato che a Bolsonaro verrà richiesto di tornare in Brasile per garantire che i funzionari possano indagare sul suo coinvolgimento negli attacchi. Al momento, non ci sono procedimenti penali aperti che coinvolgano Bolsonaro e che possano giustificare una richiesta di estradizione.

Il ministro della giustizia Flavio Dino, ha dichiarato in una conferenza stampa che i leader politici sono responsabili dell'escalation di odio e della distruzione di edifici pubblici, senza però fare nomi.

Ha poi ricordato, le critiche rivolte da Bolsonaro e dai suoi sostenitori alla Corte Suprema nel corso degli anni:

Um presidente da República exerce poderes materiais, fáticos e simbólicos, entre eles a força da palavra. O que vimos é que esse discurso frequente nas redes sociais ganhou pernas, braços, pedras, tiros, bombas, exatamente ontem. É como se fosse a migração do universo do ódio das redes sociais para a vida material. E o resultado não é bom.

(…) Nós vivemos ontem o Capitólio brasileiro, com duas diferenças: não houve óbitos. E tem mais presos aqui do que lá. O que mostra que as instituições sobreviveram a esse stress a que foram submetidas.

Un Presidente della Repubblica esercita poteri materiali, fattuali e simbolici, tra cui la forza della parola. Quello che abbiamo visto è che questo modo di parlare, frequente nei social media, ha guadagnato gambe, braccia, sassi, pistole, bombe proprio ieri. È come la migrazione dell'universo dell'odio dai social media alla vita materiale. E il risultato non è positivo.

(…) Ieri abbiamo vissuto il Campidoglio brasiliano, con due differenze: non ci sono stati morti, e ci sono più stati più detenzioni. Il che dimostra che le istituzioni sono sopravvissute alla pressione a cui sono state sottoposte.

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