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‘Non l'ho chiesto io!': quattro donne combattono contro la violenza di genere in Bosnia-Erzegovina

Categorie: Europa centrale & orientale, Bosnia Herzegovina, Croazia, Kosovo, Macedonia, Montenegro, Serbia, Slovenia, Citizen Media, Cyber-attivismo, Diritti umani, Donne & Genere

Immagine basata su di una foto [1] dell'utente Pixabay Geralt, usata con permesso secondo licenza Pixabay [2].

Questo articolo di Samira Trešnjo é stato originariamente pubblicato su Balkan Diskurs [3] [en come tutti i link seguenti se non diversamente indicato], un progetto del  Post-Conflict Research Center [4] (PCRC). Una versione modificata viene ripubblicata da Global Voices come parte di un accordo di condivisione di contenuti.

L'iniziativa “Nisam tražila” [5] (“Non l'ho chiesto io”) é iniziata quando quattro studentesse di arte provenienti dalla Bosnia Erzegovina — Mateja Mavrak, Asja Krsmanović, Ana Tikvić e Nadina Mičić — hanno reagito alla rivelazione di casi di stupro nella vicina Serbia. In precedenza l'attrice serba Milena Radulović e molte altre donne avevano denunciato il proprietario della scuola di recitazione di Belgrado, Miroslav Mika Aleksić, per stupro e violenze sessuali [6].

Quando le quattro donne hanno iniziato a parlare e condividere le proprie esperienze private, hanno concluso che ciascuna di loro aveva almeno una volta dovuto trovarsi nella posizione di vittima di abuso sessuale. Hanno deciso di aprire la pagina Facebook Nisam tražila [5] alle tre di mattina del 18 gennaio 2021.

Ana Tikvić, una delle capofila dell'iniziativa, ha ricordato in una dichiarazione per Balkan Diskurs:

“That Facebook page is just proof that victims have more confidence on an anonymous Facebook page than in the system and organizations that are responsible for dealing with this problem. We received hundreds and hundreds of messages in the first few days. Victims are not ready to report sexual abuse because they do not trust the system, because they do not feel protected, and because they do not think that would solve anything. They don’t trust that the perpetrator would be properly punished, that they will eventually be protected and get justice and at least a little peace that they absolutely deserve.”

“Quella pagina Facebook è semplicemente la prova che le vittime hanno più fiducia in un'anonima pagina Facebook che nel sistema e nelle organizzazioni responsabili di risolvere il problema.  Abbiamo ricevuto centinaia e centinaia di messaggi nei primi pochi giorni. Le vittime non sono pronte a denunciare gli abusi sessuali perché non si fidano del sistema, non si sentono protette, e non pensano che ciò risolverebbe nulla. Non credono che i colpevoli verranno debitamente puniti, ne’ che verranno protette ed otterranno giustizia e almeno quel po’ di serenità che meritano assolutamente.”

Evidenzia come il periodo, per loro, fosse estremamente stressante, perché hanno aperto la pagina spontaneamente senza pensare a cosa avrebbe potuto portare.

“At some point, we really thought, ‘what do we need this for?’ and then a person messaged us and said, ‘You encouraged me, I feel better, I decided to report my abuser.’ These kinds of messages gave us strength — if we even help one woman, everything is absolutely worth it.”

“Ad un certo punto abbiamo veramente pensato “a cosa ci serve questo?”; poi una persona ci ha inviato un messaggio dicendo “mi avete dato forza, mi sento meglio, ho deciso di denunciare il mio abusatore”. Questo tipo di messaggi ci ha dato forza – se mai riusciremo ad aiutare anche una sola donna, ne sarà assolutamente valsa la pena.”

Da allora l'iniziativa ha raccolto sostegno, sia da parte delle donne che da uomini, in tutta la regione della ex Yugoslavia.

Ad esempio, l'hashtag #NisiSama (“[Donna,] non sei sola”) popolarizzato dalla pagina, ha portato all'uscita da parte del complesso bosniaco Bombaj Štampa [7] dell’omonima canzone “Nisi sama” [8] prodotta in collaborazione con la stella serba del rock Bajaga [9] come espressione del sostegno per il movimento.

Le quattro giovani donne militanti continuano a pubblicizzare sulla loro pagina Facebook i casi di violenza contro le donne ed a postare le reazioni alle ingiustizie di ogni giorno.

Tikvić ricorda:

“It was interesting how surprised everyone was and how much they see the rape of this actress as an isolated case — but these things are happening to a much greater extent than we think. Of course, rape is somehow the last degree of sexual abuse and the most extreme, but there are many levels of sexual abuse and harassment that lead to that last most heinous act.”

“Era interessante vedere come tutti fossero sorpresi, e come considerassero lo stupro di questa attrice come un caso isolato – ma queste cose avvengono in misura molto maggiore a quello che pensiamo. Ovviamente, lo stupro è in qualche modo l'ultimo livello dell'abuso sessuale, ed il più estremo, ma ci sono molti livelli di abuso e di molestia sessuale che portano a questo ultimo altroce atto.”

immagine per i  social media dalla campagna ONU per le donne  “la violenza non è una questione privata.” [10] Il testo riporta: “richiediamo che nella Federazione della Bosnia-Erzegovina [11] venga messa in atto una nuova legge sulla protezione dalla violenza domestica [12] in linea con le raccomandazioni della Convenzione di Istanbul [13].”

Le donne ONU in Bosnia-Erzegovina hanno avviato una campagna pubblica [10] (bs) “La violenza non è una questione privata”, enfatizzando come la metà delle donne e delle ragazze sopra i 15 anni in Bosnia-Erzegovina abbia avuto serie esperienze di violenza, il più delle volte a casa propria, e come il colpevole sia quasi sempre un uomo. Tutto ciò diventa un serio problema in quanto non esiste un adeguato supporto psiologico per le vittime di violenza.

“There is no legally regulated form of psychological help that a person can receive when reporting sexual violence. Many organizations provide free legal and psychological advice, but again, nothing is regulated at the state level. Our Facebook page has about 40,000 followers, and we also have a closed group on FB that has about 13,000 members where people continue to write about their experiences with sexual abuse. Finally, at least a space has been created, even if it’s only online, where a person can really write about what bothers them without being judged by others.”

“Non esiste una forma di sostegno psicologico regolato per legge che una persona possa ricevere dopo una denuncia di violenza sessuale. Molte organizzazioni forniscono consigli gratuiti in campo legale e psicologico, ma nulla è regolato a livello statale. La nostra pagina Facebook ha circa 40.000 follower, ed abbiamo anche un gruppo FB chiuso, che conta circa 13.000 membri, dove la gente continua a scrivere delle proprie esperienze di abuso sessuale. Finalmente è stato creato almeno uno spazio, anche se solo online, dove una persona possa veramente scrivere cosa la preoccupa senza temere di venire giudicata dagli altri.”

ha spiegato Tikvić, enfatizzando come denuncino qualsiasi forma di discriminazione condivisa sul loro sito.

Oltre che dai cittadini della Bosnia-Erzegovina, l'iniziativa è stata sostenuta da diverse personalità politiche e pubbliche; ciononostante, come ci spiega, non è abbastanza per cambiare.

“We need to start solving concrete problems. We have also written an open letter to the Federal Parliament, specifically asking for an amendment to the Criminal Code. We recently received a response from the Federal Ministry with permission to form a working group for a preliminary draft amendment to the Criminal Code. I think the most important thing right now is to clearly define sexual abuse following the Istanbul Convention and move it to the Criminal Code.”

“Dobbiamo iniziare a risolvere problemi concreti. Abbiamo anche scritto una lettera aperta al Parlamento Federale richiedendo specificatamente una modifica al codice penale. Di recente, abbiamo ricevuto una risposta dal ministero con l'autorizzazione a formare un gruppo di lavoro per studiare una bozza preliminare per la modifica al codice civile. Penso che la cosa più importante al momento sia definire chiaramente l'abuso sessuale secondo la Convenzione di Istanbul ed inserirlo nel codice penale.”

Ciononostante, perché si possa combattere contro la violenza, la violenza deve essere denunciata; cosa che sovente non avviene a causa della pressione sociale e delle norme patriarcali della nostra società. Tikvić ha aggiunto:

“We live in an extremely patriarchal environment where the word of a man is still the law and the absolute truth, and women are, of course, afraid of society’s condemnation — whether someone will believe them, what the first neighbor will say. Unfortunately, we still live in such an environment where it is not a man’s shame, but, in the end, a woman’s shame.”

“Viviamo in un ambiente estremamente patriarcale, dove la parola di un uomo è ancora legge e verità assoluta, ed ovviamente le donne sono spaventate dalla condanna della società  – se qualcuno crederà alle loro parole, cosa diranno i vicini. Sfortunatamente viviamo ancora in questo ambiente in cui la vergogna non è dell'uomo bensì, alla fine, della donna.”

Nonostante tutto ciò, le quattro attiviste che gestiscono la piattaforma non hanno sufficiente potere da proteggere le altre donne, perché non sono la polizia ne’ il tribunale. Considerano responsabili di trovare una soluzione e cambiare la legge le persone che ricevono un salario per questo tipo di lavoro.  Tikvić richiede responsabilità da parte delle istituzioni competenti:

“Ultimately, it is the state authorities and institutions that must protect the people who contact them. So, they have had a duty to do that for years, but unfortunately, it has not been done yet. We as an organization constantly make calls to action and warn others about these issues, but that’s it. I think that we must unite and that we mustn’t stop talking about it.”

“Alla fine sono le autorità e le istituzioni statali quelle che devono proteggere coloro che li contattano. E’ stato il loro compito per anni, ma sfortunatamente non lo hanno ancora fatto. Noi, come organizzazione, sollecitiamo costantemente azioni ed avvisiamo gli altri in merito a queste questioni, ma questo è tutto. Penso che dobbiamo unirci e non dobbiamo smettere di parlarne.”

E’ contenta che la loro iniziativa abbia incoraggiato un discorso pubblico regionale in merito all'abuso sessuale.

“Gli abusi sessuali possono capitare assolutamente a chiunque, ogni giorno, indipendentemente dal livello di educazione, dalla professione, religione, nazione o qualsiasi altra ragione. Ci viene fatta violenza non per chi siamo, non per come ci vestiamo o non ci vestiamo; io penso che sia importante che si continui a parlare ogni giorno dell'argomento”. ha concluso Tikvić.