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Le macerie del terremoto in Turchia potrebbero portare a conseguenze ambientali disastrose

Categorie: Medio Oriente & Nord Africa, Turchia, Ambiente, Citizen Media, Disastri, Governance, Politica, Protesta, Salute, Green Voices, The splintering of Turkey

Fermoimmagine dal videoreportarge [1] di DHA da Hatay.

Sono passati due mesi dal terremoto [2] [en, come tutti gli altri link salvo diversa indicazione] descritto come “il disastro del secolo” e che ha colpito le province sudorientali della Turchia, causando più di 50.000 morti [3] [tr]. E ora, le macerie rimaste potrebbero causare la catastrofe ambientale del secolo. Secondo [4] il Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo (UNDP), “il terremoto ha generato da 116 a 210 milioni di tonnellate di detriti”, ovvero più di ogni altra catastrofe [5] avvenuta nella storia recente. “Il volume supera le macerie dovute agli uragani Katrina (76 milioni di metri cubi [6]), Sandy (11 milioni [7]) e Harvey (9 milioni [8]), secondo le stime governative su tali tempeste”, ha scritto [5] il Washington Post. Le autorità hanno cominciato velocemente a raccogliere le macerie dagli edifici e dalle strade crollate.

Ma i funzionari stanno incontrando ostacoli [9] nell'identificare le modalità di smaltimento e i siti dove scaricare le macerie e i detriti dagli edifici e dalle strade distrutte. A distanza di settimane dal terremoto, il direttore generale della Gestione ambientale presso il Ministero dell'ambiente, dell'urbanizzazione e del cambiamento climatico (CSB) Eyüp Karahan ha dichiarato [10] [tr] che i lavori si stavano svolgendo in modo da minimizzare i danni ambientali. Ma denunce in loco e valutazioni di esperti creano un'immagine diversa [11] [tr].

Il 15 febbraio, resoconti [10] [tr] di scarichi di macerie presso la Riserva ornitologica Milleyha ad Hatay (una delle province più colpite) ha allarmato gli ambientalisti e i conservazionisti. Emin Yoğurtcuoğlu, appassionato di birdwatching, ha twittato [12] [tr] al riguardo causando un putiferio e così i detriti sono stati rimossi. 

In risposta al tweet di Yoğurtcuoğlu, il viceministro del CSB Emin Birpınar ha dichiarato [13] [tr] che i Comuni erano stati avvisati e ha ringraziato gli ambientalisti per averli allertati dello smaltimento scorretto. Birpınar ha inoltre promesso che non si sarebbero più scaricati rifiuti nell'area protetta.

Tuttavia, gli ambientalisti sono anche preoccupati per come vengono raccolte e trasportate le macerie. Secondo questo articolo [14], sono state avvistate file di camion in Antiochia, un'altra provincia colpita dal terremoto, i quali trasportavano i detriti senza coperture, aumentando così la probabilità di rilasciare rifiuti dannosi e contaminati, e mettendo ancor più in pericolo le vite umane e l'ambiente. Secondo Sedat Gündoğdu, un esperto di inquinamento da plastica intervistato [14] da France 24, “[questi rifiuti] possono contenere svariate sostanze chimiche, come piombo o microplastiche o amianto [15] [it]”.

Fermoimmagine dal videoreportage [1] di DHA da Hatay.

Karahan aveva precedentemente dichiarato [10] [tr] che le aree di scarico dei detriti erano state identificate con l'aiuto delle amministrazioni locali. “Abbiamo determinato le aree che non danneggiano la natura e l'ambiente”; inoltre, lo Stato stava seguendo un piano di gestione delle macerie che comprende la prudente rimozione, lo smaltimento, la gestione dei rifiuti e altre misure. Ma secondo [9] Pinar Keskinocak, un professore di ingegneria industriale e dei sistemi [16] presso l'università Georgia Tech [17] e co-fondatore del Centro per i Sistemi umanitari e di sanità [18], la gestione delle macerie richiede il coinvolgimento di svariate parti interessate, tra cui esperti in “geologia, ingegneria civile e ambientale, pianificazione urbana e regionale, sanità pubblica, ingegneria industriale e dei sistemi”. Oltre al coinvolgimento di varie figure, ci deve anche essere “una supervisione per assicurare che i progetti siano messi in pratica correttamente o rivisti in base al necessario”.

La valutazione attuale indica che la Turchia “non ha la capacità di gestire la quantità di rifiuti” creati in seguito al terremoto, secondo [14] Gündoğdu.

Alcuni rappresentati delle associazioni commerciali hanno dichiarato [11] [tr] a DW di non essere stati consultati riguardo le procedure di smaltimento, nonostante siano esperti nel settore.

In un thread su Twitter [19] [tr], Yasin İlemin dell'Università Muğla Sıtkı Koçman ha spiegato dettagliatamente le conseguenze dello scarico irrefrenato e incontrollato dei rifiuti. A meno che non vengano smaltite adeguatamente, le macerie potrebbero danneggiare altre migliaia di vite — non solo quelle umane, ma anche gli habitat naturali, come ha spiegato Ilemin:

If the existing excavations are poured into the valley plains, natural wetlands and agricultural areas in the natural areas during the pre-construction preparation stage, a great danger will begin in the region. First of all, these harmful substances will be mixed with the soil and groundwater. This will eventually lead to an array of diseases, especially cancer among people, consuming the food grown in these (contaminated) agricultural areas. In addition to the region being an agricultural paradise, it is also home to unique biodiversity.

Se gli scavi esistenti vengono sversati nelle pianure, nelle zone umide naturali e nelle aree agricole durante la fase di preparazione prima della costruzione, si originerà un grande rischio per la regione. Innanzitutto, queste sostanze dannose si mescoleranno con il suolo e le acque di falda. Questo successivamente causerà una varietà di malattie, nello specifico i tumori nelle persone che si alimentano di cibo coltivato in queste aree agricole (contaminate). Oltre al fatto che questa regione è un paradiso agricolo, essa ospita anche una biodiversità unica.

Coscienti di tutti i rischi e delle conseguenze possibili allo scarico irrefrenato e incontrollato dei rifiuti, gli scienziati come Ilemin avvertono [20] [tr] che, durante la scelta dei siti per lo smaltimento dei rifiuti, è importante tenersi “lontani da aree protette, zone umide e aree faunistiche” e che “è necessario scegliere superfici impermeabili ed evitare il contatto con le acque di falda e di superficie”.

Gli avvertimenti non hanno fatto alcuna differenza. Quanto è successo presso la Riserva ornitologica Milleyha è solo un esempio fra tanti. In altri luoghi come Samandağ, un distretto di Hatay, gli abitanti colpiti dal terremoto e re-insediati in tende stanno protestando per lo scarico dei rifiuti vicino al loro accampamento.

L'area terremotata si trova in condizioni gravi ma non ci sono videocamere che riprendono né canali della TV che le mostrano. Perché? Gli abitanti di Samandağ osservano lo scarico dei rifiuti vicino ai loro insediamenti di tende. “Il governo rimarrà sotto le macerie”.

Secondo Bianet, almeno 15 sopravvisuti al terremoto sono stati detenuti [23] [tr] dalla polizia locale il 4 aprile mentre protestavano contro lo scarico dei detriti.

In un altro articolo, si è visto lo scarico [24] [tr] delle macerie in un torrente in un altro paese della zona di Hatay. A Kahramanmaraş, l'Associazione delle camere degli ingegneri e degli architetti turchi ha scoperto [11] [tr] che le macerie erano state scaricate nel bacino di Aksu e nella diga di Sır. Ad Adıyaman, gli esperti della Camera degli ingegneri ambientali di Gaziantep ha scoperto che le macerie erano state scaricate in due siti non adeguati. Quando i rappresentati della Camera si sono rivolti alle autorità, gli è stato risposto che si trattava di una situazione temporanea e che la polizia militare locale era incaricata della sicurezza.

Secondo [20] [tr] le normative statali, è vietato lo scarico dei rifiuti edili e delle demolizioni nei mari, laghi, corsi d'acqua o in altri luoghi che non siano centri di riciclo e deposito. Secondo il Piano di risposta alle catasfrofi di AFAD, la rimozione delle macerie comprende: l'identificazione delle aree per lo scarico dei rifiuti; assicurare la rimozione dei detriti dopo il completamento delle operazioni di ricerca e soccorso; la rimozione dei detriti; la demolizione degli edifici danneggiati.

In un’intervista [11] [tr] per DW, il direttore del Dipartimento di ricostruzione e urbanizzazione presso il Comune di Istanbul, Gürkan Akgün, ha dichiarato: “La rapida rimozione dei detriti può causare ulteriori problemi”, la priorità è identificare aree di deposito adeguate e coinvolgere gli esperti in queste procedure. È stato anche fatto riferimento ad altri terremoti di ampia scala, come quello a Kobe in Giappone nel 1995, e alle tempistiche di smaltimento prudente [25] dei detriti. “Ci sono voluti 4 anni per rimuovere 15 milioni di tonnellate di macerie dagli edifici distrutti”, ha scritto l'illustre attivista ambientale e per i diritti umani Bülent Şık in un thread di Twitter [26] il 2 aprile. Nella Turchia terremotata, “la mancanza di metodo e di rapidità nella rimozione delle macerie da parte della politica causerà problemi seri con l'andare del tempo”, ha aggiunto sottolineando la necessità di raccogliere per primi i materiali tossici e poi smaltire i detriti rimanenti “usando modalità che non provocano inquinamento ambientale”.

Lo Stato turco è sotto scrutinio e oggetto di critiche [27] per la reazione ritardataria quando è avvenuto il terremoto, il 6 febbraio. Nel corso dei giorni e delle settimane seguenti, altre critiche sono state mirate contro lo Stato per la continua mancanza di coordinamento. Ora, due mesi dopo, le carenze documentate dagli esperti e dai giornalisti nelle provicie terremotate mostrano [11] [tr] gli stessi problemi. Nel frattempo, il presidente Erdoğan vuole assicurarsi un altro mandato alle prossime elezioni, che si terranno il 14 maggio. Nel tentativo di accumulare consensi, lo si è visto lanciare giocattoli [28] e distribuire denaro [29] ai bambini delle aree terremotate durante il mese scorso. Queste immagini hanno ricordato [30] [it] ai turchi di quando il presidente aveva lanciato bustine di tè alle vittime durante la visita alle aree colpite dagli incendi nell'estate 2021. A quel tempo le autorità avevano sminuito l'entità dei danni causati dagli incendi, cosa che non possono fare ora, dopo il terremoto.