L'ultimo guaritore tradizionale tharu del Nepal

Ramdin Mahato, un guaritore tharu di Chitwan. Foto di Gaurav Dhwaj Khadka.

La caotica città turistica di Sauraha, a circa 180 chilometri da Kathmandu, la capitale del Nepal, riposa raramente. Ancora meno le vie. Tuttavia le strade della vicina Baghmara, nel Ratnanagar, appaiono deserte. Tra le case di cemento del quartiere che spuntano su entrambi i lati della strada, spicca una villetta a un piano con un'insegna e un giardino botanico sul davanti.

Tharu Herbal Garden Homestay, come si legge sull'insegna, vanta un sito dimostrativo con numerose piante, sia rare che comuni.

Dopo aver lavorato per più di 20 anni come guida naturalistica per Tiger Tops, un resort riconosciuto a livello internazionale all'interno del Parco nazionale di Chitwan, Ramdin Mahato è diventato guaritore di medicina tradizionale, facendo proprie le conoscenze etnobotaniche dei guruwa, i guaritori tradizionali tharu [it].

“Il mio bisnonno Mangar Mahato, mio nonno Nathu Mahato e mio padre Bighai Mahato erano guruwa”, afferma Ramdin. “Avevano una profonda conoscenza delle piante medicinali”.

Mostra orgoglioso un taccuino accuratamente scritto, contenente prescrizioni naturali per problemi che vanno dalla sindrome dell'intestino irritabile ai disturbi del sonno e la depressione. Sorprendentemente il taccuino riporta i nomi delle piante non solo in tharu e nepalese, ma anche in inglese, assieme al nome scientifico.

Una mappa che illustra alcuni guaritori tradizionali tharu. CC BY-SA 3.0

Il triplice sistema di medicina tradizionale tharu

I guaritori tharu trattano le malattie attraverso il loro triplice sistema di medicina: erbe, mantra e massaggi.

Chiamati baidh o baidhwa in lingua tharu, i guaritori cercano le piante nelle foreste e nella giungla circostanti e le usano per la cura delle malattie. I dhami e i guruwa – come i guaritori sono rispettivamente chiamati a est, al centro e a ovest del Nepal – oltre alle erbe, fanno anche uso di mantra. Le sohrainiya, donne massaggiatrici esperte anche di ostetricia, massaggiano i pazienti per alleviare i loro dolori.

Secondo uno studio [en, come tutti i link successivi, salvo diversa indicazione] della ricercatrice Pramila Gachhadar, nei distretti nepalesi di Morang, Sunsari e Saptari, i guaritori hanno utilizzato circa 136 tipi differenti di piante, somministrandole in forma di decotti, germogli, succhi, liquidi distillati, polveri, vapori, ma anche radici, polpe, resine e steli, oltre ai frutti e ai fiori.

Queste piante hanno curato disturbi che vanno dai dolori mestruali al diabete, senza contare altre problematiche comuni come dolori muscolari, febbre, vomito, nausea, dissenteria, diarrea e malattie della pelle.

Tuttavia, il secolare sistema medicinale è destinato a scomparire: anche se pochi guaritori tharu stanno preservando la tradizione, non c'è nessun interesse da parte delle nuove generazioni verso queste pratiche.

L'impatto della deforestazione sulle piante medicinali

Le piante medicinali, una volte presenti in abbondanza, oggi scarseggiano a causa dello sfruttamento eccessivo della terra e della deforestazione, solo per citare alcuni fattori.

Achhai Chaudhary, un dhami dal distretto di Saptari, a circa 300 chilometri dalla capitale, afferma che la maggior parte delle piante medicinali che usa crescono nei terrenti agricoli o nella giungla.

Achhai Chaudhary, un guaritore tradizionale Tharu dal distretto di Saptari in Nepal. Foto di Sanjib Chaudhary.

“Simile al tulsi, il basilico comune è un'erba molto utile”, afferma Achhai. “Lasciando in immersione tutta la notte alcune parti di questa pianta e bevendo l'infuso il mattino seguente si può tenere alla larga il diabete. Lo chiamiamo jethmal in lingua tharu.”

Tra le piante medicinali del suo giardino c'è un'erba, usata regolarmente in queste zone, nota per il suo sapore amaro. Chiamata kalpnath nelle pianure meridionali del Nepal e conosciuta anche come kalmegh o chiretta verde (Andrographis paniculata), è usata per la curare della febbre e il rafforzamento delle difese immunitarie. Di recente, su approvazione del governo thailandese [en] è stato autorizzato il suo uso nella cura delle prime fasi del COVID-19.

Secondo Achhai, alcune specie rare si trovano solo in aree fitte della giungla, quasi dopo tre ore di cammino dall'autostrada est-ovest, che è stata deviata verso nord a causa della deforestazione.

I confini delle aree protette

Similmente, Ramdin è consapevole della scomparsa delle piante medicinali a causa del cambiamento del paesaggio e del clima. Tuttavia, alcune delle erbe si trovano nell'area centrale del Chitwan National Park. La zona una volta era accessibile agli abitanti locali, quando il parco nazionale non era ancora sorto.

I tharu hanno abitato la terra e le foreste di Chitwan. L'intera area era coperta di verde e ovunque si trovavano piante medicinali. Ora, la maggior parte della giungla è stata disboscata e anche le onnipresenti piante medicinali sono svanite.

Buddhiram Mahato, un guaritore ottantenne di Chitwan, ricorda i tempi in cui poteva entrare nel parco senza obiezioni. Si poteva raggiungere l'area centrale della giungla dove far pascolare il bestiame e sulla strada del ritorno raccogliere foraggio e preziose erbe salvavita.

Una cosa di cui si assicuravano era quella di raccogliere le piante in modo sostenibile e rispettoso per l'ambiente e l'ecosistema in cui erano inserite, in modo da non compromettere la loro crescita e riproduzione.

Ramdin concorda e lamenta le attuali difficoltà di accesso al parco: “Oggi ci sono ancora piante medicinali nella giungla, ma abbiamo bisogno di permessi per poter accedere.”

Buddhiram Mahato, un guaritore ottantenne di Sauraha. Foto di Gaurav Dhwaj Khadka.

Infatti, le piante medicinali possono essere raccolte dopo aver ottenuto l'autorizzazione: “Alcune piante ed erbe medicinali possono essere raccolte nelle foreste nazionali e comunitarie adottando metodi di raccolta sostenibili e pagando una tassa dopo aver ottenuto l'autorizzazione dagli uffici forestali”, afferma Anand Chaudhary, assistente presso l'ufficio forestale di Dhankuta.

Secondo gli atti e i regolamenti 2079 emanati dal Ministero della foresta e dell'ambiente, la tassa di raccolta va da 2 rupie nepalesi (meno di un centesimo) al kg per l’Hedychium spicatum e il Dryoathyrium boryanum a 500 rupie nepalesi (3,54 euro) per pezzo per la Dachtylorhiza hatagirea.

Dipesh Pyakurel, un esperto di piante medicinali, concorda con Achhai e Ramdin sulla scarsa disponibilità di piante medicinali nel sud del Nepal: “Il Terai ha circa il 7% di copertura forestale e solo poche piante del sud vengono commercializzate, ad esempio l'harro (Terminalia chebula) e il barro (Terminalia bellirica). Lo sfruttamento della terra e i cambiamenti climatici hanno avuto un impatto negativo maggiore sulle piante provenienti da colline e montagne, soprattutto su quelle maggiormente commercializzate.”

Il Nepal ha esportato circa 10,000 tonnellate di piante medicinali verso più di 50 paesi.

Quando le piante medicinali rappresentano l'ultima risorsa

Devi Singh Chaudhary, dal distretto di Dang, ha la sua piccola foresta di erbe e piante medicinali. Foto di Gaurav Dhwaj Khadka.

Devi Singh Chaudhary ha settant'anni, ma ne dimostra quindici in meno. Vive in un ashram a Junglekuti: una capanna nella giungla ora diventata un luogo sacro. A circa 15 chilometri dall'autostrada est-ovest, a Lamahi, nel distretto di Dang, Junglekuti è stata fondata dal saggio Siddha Baghnath Baba circa 200 anni fa. L'uomo piantò degli alberi attorno al suo ashram, un luogo tranquillo per la meditazione.

Su richiesta, Devi Singh mostra ai visitatori tutte le piante medicinali che circondano l'ashram, anche quelle più rare, illustrandone gli usi. L'uomo afferma che le persone arrivano a Junglekuti e chiedono un aiuto medico solo dopo essersi assicurate che la medicina allopatica non sia efficace per i loro problemi.

Alcuni medici che praticano l'allopatia stanno integrando le piante medicinali nei loro trattamenti: “Per capire i principi alla base della medicina ayurvedica [it], il più antico sistema curativo, ho letto The Ayurveda Encyclopedia, che mi ha aiutato a comprendere i benefici delle differenti piante medicinali, come lo shilajit, la triphala churna, l'ashwagandha e molte altre”, afferma il dottor Ishan Adhikari, un neurologo clinico e neurofisiologo americano.

“Impiego le erbe nei disturbi neurodegenerativi, riscontrando un netto miglioramento dove i farmaci allopatici non hanno raggiunto risultati ottimali. L'integrazione della medicina allopatica con quella ayurvedica ha dato risultati incoraggianti e continuerò a utilizzarle in sinergia.”

Documentare la tradizione orale della guarigione

L'ashram di Devi Singhis è anche un centro di apprendimento per i guaritori tradizionali di tutto il paese e dei vicini distretti dell'India.

“Molte persone visitano l'ashram per apprendere gli usi delle piante medicinali”, afferma Devi Singh. “Negli anni non ho annotato le mie conoscenze, è tutto impresso nella mia mente: ho imparato dal mio guru, dal mio maestro e da tutti quelli che in precedenza si sono presi cura di questo posto.”

Tuttavia il taccuino di Ramdin, che risale al 1994, può rappresentare un punto di svolta nel documentare le erbe e il loro utilizzo.

“Se queste conoscenze non verranno condivise con altri, andranno perse per sempre”, afferma Ramdin.

L'articolo è stato finanziato dall'Indigenous Story Grants 2022 dell’Earth Journalism Network.

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