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Il Kenya va incontro a perdite economiche per le sue posizioni anti-LGBTQ+

Categorie: Africa sub-sahariana, Kenya, Citizen Media, Diritti gay (LGBT), Diritti umani, Politica, The Bridge
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Illustrazione a cura di Sydney Allen

Di Linda Ngari

Il Kenya sta subendo perdite economiche a causa dell'eccessiva repressione delle persone che si identificano come lesbiche, gay, bisessuali, transgender, queer o non-eteronormative (LGBTQ+). La norma imperativa che criminalizza la comunità LGBTQ+ del Paese ricade sotto le leggi del codice penale [1] [en, come tutti i link successivi, salvo diversa indicazione] precoloniale, che si basano sull'ambigua premessa di “reati innaturali”. Questa linea di condotta ostacola gli investimenti globali degli imprenditori liberali, che considerano il Paese ostile.

Quando il Presidente William Ruto [2] è stato eletto nel 2022, lui, come il suo predecessore Uhuru Kenyatta [3], ha ignorato la necessità di garantire la parità dei diritti per i membri della comunità LGBTQ+. In un'intervista del settembre 2022, Ruto ha dichiarato [4] che solo quando le questioni riguardanti la comunità LGBTQ+ diventeranno un problema serio per il Paese, i kenioti prenderanno una decisione in merito. La sua posizione è in linea con quella dell'ex Presidente Uhuru Kenyatta, il quale aveva dichiarato [4] che la protezione dei diritti delle persone LGBTQ+ non era una priorità per i kenioti.

Quando i leader fanno della continua aggressione delle persone LGBTQ+ un non problema, le vittime che sono state attaccate a causa del loro genere o orientamento sessuale subiscono a loro volta lo stesso trattamento da parte della comunità, peggio ancora, dalla polizia. Secondo la “Gay and Lesbian Coalition of Kenya” (GALCK), il 53% [5] delle persone appartenenti alla comunità LGBTQ+ del Kenya ha subito aggressioni fisiche.

Di conseguenza, l'economia keniota è in gran parte guidata da coloro che aderiscono strettamente a concetti eteronormativi, escludendo così altri potenziali investitori. La normativa del codice penale e il sostegno politico che essa riceve dai leader che affermano di difendere i valori cristiani hanno esposto le persone LGBTQ+ a problemi di salute e depressione con tassi più elevati rispetto alla popolazione generale.

Secondo [5] la GALCK, solo il 29% delle persone LGBTQ+ denunciano gli attacchi alla polizia perché spesso vengono nuovamente colpevolizzate. Dato che i loro diritti vengono minimizzati proprio da chi detiene il potere, la polizia spesso ignora e banalizza le denunce di aggresione quando le vittime si identificano o si presentano come queer. Poiché quest'anno il Kenya si prepara a festeggiare i 60 anni di indipendenza, è giunto il momento di lasciarsi alle spalle le leggi di epoca coloniale, note per aver sostenuto la schiavitù e il razzismo, oltre ad altre violazioni estreme dei diritti umani. Un esempio di legislazione post coloniale è la Dichiarazione universale dei diritti umani (UNDHR [6]), approvata all'indomani della Seconda guerra mondiale. La UNDHR, di cui il Kenya è firmatario, descrive i diritti e le libertà di tutti come inalienabili, il che significa che non possono essere tolti o ceduti da chi li possiede.

Due casi recenti sono gli omicidi di Edwin Chiloba [7] nel gennaio di quest'anno e di Sheila Lumumba [8] nell'aprile del 2022. Chiloba, attivita per i diritti gay di 25 anni, è stato trovato morto il 3 gennaio, dopo essere stato apparentemente strangolato e stipato in una scatola di metallo. Lumumba, sempre 25 anni, era una persona lesbica non binaria che è stata violentata e uccisa nella contea di Nyeri, Kenya. Dopo l'omicidio di Chiloba, su Twitter sono andati in tendenza hashtags come #NotOurCulture [9], che sostengono che le relazioni dello stesso sesso sono “non africane”. Gli stessi kenioti dimenticano che molte persone consideravano il cristianesimo “non africano”, eppure oggi è ampiamente praticato nel Paese. Purtroppo, l'hashtag si è concentrato sull'identità queer di Chiloba, ignorando così la blatante ingiustizia del suo omicidio a sangue freddo.

Le economie più liberali, che riconoscono, garantiscono e proteggono le libertà di tutti, attraggono un numero più ampio di investimenti. Pertanto, una componente cruciale della politica di Diversità, Eguaglianza e Inclusività (DEI) di ogni azienda dovrebbe essere l'inclusione della popolazione LGBTQ+. Le politiche DEI implicano che le imprese adottino proattivamente misure per includere i gruppi emarginati nelle loro strategie occupazionali, lavorando al contempo per garantire l'uguaglianza e l'equità tra tutti. Secondo Open For Business [10], i datori di lavoro inclusivi verso le persone LGBTQ+ hanno guadagnato il 9,1% in più rispetto alla media di mercato dal 2010. Questi datori riescono a guadagnarsi la fiducia sia dei clienti che dei dipendenti LGBTQ+. Un report di Deloitte [11], società di revisione contabile di primo livello, rileva inoltre che oltre il 70% dei dipendenti LGBTQ+ è propenso a rimanere con il proprio attuale datore di lavoro.

L'incapacità di proteggere apertamente i diritti fondamentali della minoranza LGBTQ+ potrebbe costare al Kenya fino all'1,7% del suo PIL. Nell'indagine di Open For Business [10], un gruppo di aziende internazionali impegnate nella ricerca e nelle azioni per l'inclusione delle persone LGBTQ+, l'1,7% del PIL equivale a una perdita di reddito annuale di 1,3 miliardi di dollari, pari a 130 miliardi di KSH (scellinno keniota). Questi 1,3 miliardi di dollari vengono divisi in tre parti: circa 14o milioni di dollari (14,3 miliardi di KSH) persi nell'industria del turismo perché alcuni visitatori ritengono che il Paese sia ostile, 105 milioni di dollari (10,7 miliardi di KSH) persi in lavoro produttivo a causa della disoccupazione e della sottoccupazione e 1 miliardo di dollari (105 miliardi di KSH) persi in condizioni di salute precarie a causa di stigma, aggressioni, depressione e altre malattie fisiche e mentali.

Tuttavia, vale la pena notare che il Kenya ha fatto dei passi in avanti verso l'inclusività delle persone della comunità LGBTQ+, e nel 2022 Nairobi è salita nelle classifiche delle città di Open For Business. Questo risultato è attribuito ai successi ottenuti grazie a un solido movimento [12]LGBTQ+, che lavora costantemente per cambiare le norme [13], abrogare i codici penali incostituzionali e che si focalizza sulla creazione di forti centri d'innovazione e start-up nella città. Anche il Kenya ha fatto notevoli passi avanti nel censimento [14]del 2019, diventando la prima nazione al mondo a includere le persone intersessuali come gruppo distinto. Ancora un altro passo degno di nota è la recente decisione [15] da parte della Corte Suprema del Kenya di garantire alla comunità LGBTQ+  il diritto di associazione ai sensi del Consiglio di Coordinamento delle Organizzazioni Non Governative.

Seppure una maggiore inclusione della comunità LGBTQ+ potrebbe far guadagnare al Kenya 140 milioni di dollari all'anno (14,3 miliardi di KSH), secondo Open For Business in definitiva l'inclusività incoraggerebbe i giovani a essere se stessi senza paura.

Linda Ngari è una scrittrice fellow di African Liberty [16].