
Un parco giochi in Gisgiordania. Foto di Justin McIntosh, agosto 2004. Wikimedia Commons. (CC-BY-2.0).
Dall'inizio dell'ultima aggressione israeliana a Gaza [en, come tutti i link successivi, salvo diversa indicazione] lo scorso ottobre, descritta come “una fabbrica di stragi”, la vera e propria disumanizzazione dei palestinesi è aumentata. L’UNICEF ha definito Gaza “un cimitero di bambini” e un “inferno sulla terra”, a causa degli attacchi violenti e incessanti di Israele.
Francesca Albanese, relatrice speciale delle Nazioni Unite, ha parlato dell’“infanzia deliberatamente negata dalla nascita” ai palestinesi sotto l’“eterna occupazione israeliana” che ha portato “interminabili danni” alla popolazione. Tuttavia, la violenza israeliana contro i bambini palestinesi non è un fenomeno recente.
“Unchilding”: Infanzia negata ai palestinesi da generazioni
Almeno 14,500 bambini palestinesi sono stati uccisi da Israele a partire dal 7 ottobre. Ciononostante, gli abusi di Israele contro i bambini palestinesi precedenti al conflitto in atto sono stati già ben documentati. Il giornalista Chris Hedges ha affrontato il tema della violenza perpetrata dagli israeliani nei confronti dei bambini palestinesi a Gaza nel suo libro del 2002 “War is a force that gives us meaning”:
Children have been shot in other conflicts I have covered […] but I have never before watched soldiers entice children like mice into a trap and murder them for sport. […] ‘We all threw rocks,’ said ten-year-old Ahmed Moharb. ‘Over the loudspeaker the soldier told us to come to the fence to get chocolate and money. Then they cursed us. Then they fired a grenade. We started to run. They shot Ali in the back. I won’t go again. I am afraid.’
Anche in altri conflitti di cui mi sono occupato sono stati uccisi dei bambini […] ma non ho mai visto dei soldati attirare bambini in una trappola come dei topi e assassinarli per gioco. […] “Tutti noi abbiamo lanciato dei sassi” ha detto Ahmed Moharb, dieci anni. “Il soldato ci ha detto dall’altoparlante che se ci fossimo avvicinati alla recinzione avremmo avuto soldi e cioccolata. Poi ci hanno insultati. Poi hanno fatto esplodere una granata. Abbiamo iniziato a correre. Ali è stato sparato alla schiena. Non ci tornerò più. Ho paura.”
La studiosa palestinese Nadera Shalhoub-Kevorkian, la cui ricerca è incentrata su traumatologia, crimini di stato, criminologia, sorveglianza, violenza di genere, legge e società, e studi sul genocidio, è stata la prima a coniare il termine “unchilding” [privazione dell'infanzia] nel 2019, per analizzare criticamente lo sfruttamento dei bambini palestinesi a fini politici.
Secondo Middle East Monitor, dal 2000 al 2020, “sono stati uccisi 3000 bambini dalle forze di occupazione israeliane. Alcuni sono stati uccisi di fronte alle lenti della stampa internazionale, come Muhammad Al-Durrah, undici anni”. Inoltre, nel 2021, Defence for Children International ha evidenziato le persecuzioni israeliane dei bambini palestinesi e Human Rights Watch ha riportato un’impennata del numero di bambini palestinesi morti per mano israeliana in Cisgiordania, nell’agosto 2023.
Save the Children certifica che nel 2020, nel 2022 e nella metà del 2023 Israele ha commesso abusi punitivi sistematici e traumatizzato i bambini palestinesi durante la detenzione, incluse le perquisizioni corporali. L'organizzazione afferma che “l'accusa più frequente intentata ai bambini è aver lanciato dei sassi, per la quale il massimo della pena è 20 anni”.
Defense for Children International ha scoperto che la maggior parte dei bambini incriminati dal 2013 al 2018 ha subito abusi dagli israeliani mentre era in custodia. Ahmad Manasra è diventato famoso per aver passato tutta la sua adolescenza in carcere, compresi i due anni di isolamento, che gli hanno causato un grave deterioramento mentale. Secondo The Guardian, le incarcerazioni di massa dei bambini palestinesi ad opera di Israele rappresentano “un universo nascosto di sofferenze che ha interessato quasi ogni famiglia palestinese”.

Didascalia: Cartellone di una manifestazione pacifica filo-palestinese a Berlino, il 2 dicembre 2023. Foto fornita dall'autore, riproduzione autorizzata.
l ruolo delle testate giornalistiche nella negazione dell’infanzia palestinese
Due articoli di Jason Burke pubblicati su The Guardian il 22 e 23 novembre illustrano la negazione dell’infanzia palestinese rappresentata nei media. Burke ha osservato in entrambi gli articoli: “Gli ostaggi [israeliani] da liberare sono donne e bambini, e anche i prigionieri palestinesi sono donne e persone di età pari o inferiore ai 18 anni”.
L’uso di un linguaggio divergente all’interno dello stesso articolo per fare riferimento ai bambini mette a confronto la gerarchia del “morire” vs “uccidere” [it], che è sfruttata per sminuire le morti palestinesi rispetto a quelle israeliane nei media.
The Guardian ha seguito un intenso periodo caratterizzato da commenti razzisti, tra cui quelli del premier israeliano Benjamin Netanyahu, in cui ha chiamato i palestinesi “figli dell'oscurità” e “animali umani”.
The Guardian non è l'unica testata giornalistica che utilizza termini divergenti, vaghi o imprecisi quando si parla dei bambini palestinesi. L'Associated Press ha definito i bambini palestinesi “minori,” Sky News ha chiamato una bambina di quattro anni “signorina” e il Washington Post ha usato il termine “vite fragili” invece di “bambini prematuri”. Analizzati i titoli in prima pagina del New York Times pubblicati giornalmente dal 22 novembre al 3 dicembre, le vittime palestinesi sono a malapena menzionate; di certo questo non riflette le stragi di bambini che si sono verificate in quel periodo.
Dopo la pubblicazione, The Guardian ha modificato entrambi gli articoli sopracitati per definire i palestinesi sotto i diciott’anni “bambini”. In una nota alla fine degli articoli è stato scritto, per spiegare le modifiche: “La mancanza di tatto dell’espressione precedente non era intenzionale”.
L'influencer queer ebraico Matt Bernstein (mattxiv) ha detto su Instagram: “Quando ci prendiamo la libertà di vedere i palestinesi come qualsiasi cosa inferiore a dei veri esseri umani […] diventiamo complici della nostra stessa bancarotta morale”.
Il linguaggio della cronaca è fondamentale nel fornire dettagli importanti ai lettori. Uno studio del 2016 della Columbia University ha rilevato che il 59% dei link condivisi “non sono stati cliccati, e forse neanche letti” sottolineando l’importanza dei titoli di giornale nell’informare e influenzare il pubblico. I termini usati nelle anteprime dei social media, come il titolo e la citazione, sono fondamentali per coloro non vanno oltre il titolo degli articoli affinché possano comprendere la reale entità della situazione.

Cartellone di una dimostrazione filo-palestinese a Berlino, il 4 novembre 2023. La citazione è di Save the Children. Foto fornita dall’autore. Riproduzione autorizzata.
Bambini razzializzati in grande pericolo
La negazione dell’infanzia non è limitata solo ai palestinesi, ed è possibile ottenere degli spunti preziosi se si prendono in esame altri gruppi razzializzati soggetti a loro volta a gravi atti di violenza.
Negli USA i bambini neri hanno sei volte più probabilità di essere sparati e uccisi dalla polizia rispetto ai bambini bianchi. I casi di alto profilo come gli assassinii del diciassettenne Trayvon Martin, della sedicenne Ma'Khia Bryant e del dodicenne Tamir Rice evidenziano quanto sia elevato il pericolo corso dai bambini neri nelle loro vite quotidiane.
Come spiega la ricercatrice Alisha Nguyen:
To justify dehumanizing treatment against Black children, White logic affirms that Black children are less innocent and therefore, should receive less protection and do not deserve the same level of tolerance compared to White children.
Per giustificare la disumanizzazione dei bambini neri, la logica dei bianchi sostiene che i bambini neri sono meno innocenti e quindi dovrebbero ricevere una protezione minore e non meritano lo stesso livello di tolleranza rispetto ai bambini bianchi.
Rice è stato successivamente descritto dal presidente Steve Loomis della Police Patrolmen’s Association [associazione delle squadre di pattuglia] di Cleveland come “un dodicenne nel corpo di un adulto”, nel tentativo di giustificare la violenza eccessiva con cui il poliziotto ha assassinato lo studente di prima media.
In linea con i commenti di Loomis, ci sono stati altri tentativi di giustificare la strage di bambini palestinesi. Il ministro israeliano della difesa Avigdor Lieberman ha detto in alcune interviste radio e su X il 30 novembre [he]: “Non ci sono innocenti a Gaza”. Il presidente Isaac Herzog è stato dello stesso parere [he]:
אין חפים מפשע בעזה.
— אביגדור ליברמן (@AvigdorLiberman) November 30, 2023
Non ci sono innocenti a Gaza.
Come ha detto Wagatwe Wajuki, attivista ed educatrice, su X:
If you wonder why Black people identify with the fight for Palestinian liberation: the white media’s refusal to see our children as children resonates. […] Under white supremacy, childhood is racialized because they associate childhood with innocence and only white children are deemed innocent.
Se vi chiedete perché le persone nere si identifichino nella lotta per la liberazione della Palestina: il rifiuto dei media bianchi di considerare i nostri bambini come tali vi servirà da risposta. […] Sotto il suprematismo bianco, l’infanzia è razzializzata perché si associa l’infanzia all’innocenza e solo i bambini bianchi sono considerati innocenti.
Il giornalista israeliano Gideon Levy ha scritto su Haaretz riguardo ai bambini uccisi da Israele:
No explanation, no justification or excuse could ever cover up this horror. It would be best if Israel's propaganda machine didn't even try to. […] Horror of this scope has no explanation other than the existence of an army and government lacking any boundaries set by law or morality.
Nessuna spiegazione, nessuna giustificazione o scusa potranno mai nascondere questo orrore. Sarebbe meglio se la macchina della propaganda israeliana non ci provasse neanche. […] Un orrore di tale portata non ha altra spiegazione se non l'esistenza di un esercito e di un governo privi di qualsiasi confine stabilito dalla legge o dalla morale.