Perché ignoriamo la storia della tecnologia?

Immagine di Global Voices

Quando ero piccolo sono passato da grandi trasmettitori e da una lunga distanza telefonici alla popolare wifi. Ho dovuto assistere al disfacimento delle comunicazioni elettroniche nei media e oggi mi domando come fare archeologia tecnologica.

Esistono forme di archeologia che possono scavare nella memoria della tecnica e andare alla ricerca delle infrastrutture di telecomunicazione, la cui comprensione è una questione geopolitica, socioambientale e di gestione delle telecomunicazioni e di internet.

Nel 1982 il Giappone donò al Messico delle apparecchiature tecnologiche leggendarie, tra cui un commutatore telefonico digitale. Grande come un armadio, il dispositivo permetteva di interconnettere le linee telefoniche e conteneva il primo processore di segnali digitali introdotto nella telecomunicazione. La meta di questo strumento, tra tutti, fu il Centro Studi Tecnologico Messicano-Giapponese [es], situato nella zona industriale del comune di Celaya nello stato di Guanajuanto, nel centro del Messico.

Grazie a commutatori come quello donato al Messico l'informatica ha fatto il suo ingresso nel mondo delle telecomunicazioni, così come diceva il professor Fermín, responsabile di laboratorio che incontrai quando entrai al centro come studente a 15 anni. Fermín fece parte della prima generazione di ingegneri delle comunicazioni elettroniche in Messico. Non seppi mai il suo cognome, tutti lo conoscevano come professor Fermín.

Già all'epoca queste apparecchiature, considerate obsolete, facevano parte del magazzino del laboratorio. Ignoravo l'importanza che ebbero per la nascita delle moderne telecomunicazioni e volevo capire il tono del professor Fermín quando mi parlava del valore di queste apparecchiature, inversamente proporzionale allo spazio che avevano in laboratorio. 

Mi domandavo: com'è possibile che gli apparecchi che hanno trasformato il volto delle telecomunicazioni siano stati abbandonati, sepolti e dimenticati? 

Iniziai a studiarli con curiosità, dapprima solo con l'appoggio di Fermín, successivamente assieme ad altri compagni. Nel 2005 riuscimmo a farli funzionare e così diventammo apprendisti archeologi, grazie a quelle apparecchiature che ci vennero regalati dal Giappone nel 1982. 

Il commutatore telefonico digitale è il precursore più simile al router delle reti informatiche ad oggi conosciuto.  Il suo scopo è unire il livello logico e fisico a un'astratta commutazione digitale, rimpiazzando gli antiquati meccanismi elettromeccanici del passato. Questa fusione tra trasporto e contenuto di dati ha sancito l'ingresso dell'informatica  all'interno delle comunicazioni elettroniche. 

L'archeologia tecnologica, attraverso la materialità di questo apparecchio di commutazione telefonica, ci ha permesso di osservare come la comprensione dei concetti di trasporto e contenuto sia stata una parte fondamentale che, con l'ingresso dell'informatica, ha permesso l'inizio delle telecomunicazioni moderne.

Mi domando se le strumentazioni siano state portate dalle correnti del Pacifico o del Golfo. Ancora meglio se in aereo, a velocità di crociera. Non riesco a trovare una risposta, invece, al perché ignoriamo la storia delle infrastrutture: posso affermare, tuttavia, che ciò ha portato alla nascita della mia passione per la storia delle telecomunicazioni, dell'informatica e delle tecnologie audiovisuali. 

La delinquenza dilagò attorno al centro educativo al pari dell'insicurezza ormai comune a Guanajanto, che viva una situazione tutt'oggi rimasta invariata. Ciò provocò una brusca fine sia dei miei studi nel 2006, sia dei miei rapporti con il Giappone.

Tenendo conto del contesto latinoamericano, reputo ancora più importante praticare archeologia tecnologica, dato che copre anche una dimensione politica. La cosiddetta “obsolescenza della tecnologia” è, in molti casi, qualcosa di programmato e percepito. La tecnologia considerata obsoleta è rilevante nelle nostre regioni.  

In America Latina esistono tecnologie che, nonostante siano considerate  rudimentali, rappresentano una possibilità di relazionarsi in autonomia per i nostri territori, come per esempio la radio [it].  Grazie alla mappa delle radio in America Latina e dei Caraibi [es] sappiamo che nel 2020 le la regione possedeva almeno 6667 emittenti. 

È il caso del popolo originario dei Masewal in Messico, che gestisce le proprie stazioni radio [es] secondo i propri modelli economici e sociali di vita comunitaria. I membri più giovani di una delle radio del popolo Masewal mi hanno raccontato che per loro la radio è nata autonoma, visto che le loro radio sono sempre esistite al di là dei permessi e delle concessioni dello Stato. 

Tra i sogni di Fermín c'era quello di rifondare un club radiofonico per costruire antenne e poter imparare tutto sulla trasmissione e propagazione delle onde tra longitudini e distanze. Difese anche l'uso comune dei laboratori contro le forze istituzionali che li tenevano come musei decadenti e fatiscenti. 

Mi domando cosa ne sia stato delle mie compagne e dei miei compagni, di Fermín. Di tutte le persone che hanno partecipato e partecipano alla costruzione di molta della tecnologia che usiamo oggi

Forse è ancora troppo presto per un'archeologia del presente, con cui ritrovare le caratteristiche delle apparecchiature del passato nella tecnologia del presente. Tuttavia, per chi come me proviene dall'informatica, dal lavoro manuale e dalla programmazione, mi sembra doveroso riconoscere la finitezza delle tecnologie che inventiamo e loro conseguente invecchiamento.

Le relazioni che creiamo con la tecnologia, le nostre storie contano. Le conversazioni che ci è capitato di avere, le gioie e le contraddizioni che con esse si sono palesate contano. 

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