
Hung Shang-kai, medico taiwanese di ritorno da Gaza. Screenshot di un video pubblicato sul canale YouTube di Taiwan News Formosa TV. Uso con autorizzazione.
Se Taiwan ha supportato ufficialmente [en, come tutti i link successivi, salvo diversa indicazione] e socialmente l'Ucraina nei giorni successivi all'invasione su vasta scala da parte della Russia, le reazioni al conflitto Israele-Hamas sono state (e lo sono tuttora) molto più contenute. La maggior parte delle risposte approvano la politica del governo israeliano, anche all'interno della società taiwanese. Ciononostante, alcuni taiwanesi, soprattutto attivisti, hanno mostrato di sostenere in generale i palestinesi e, in particolare, gli abitanti di Gaza.
Per chiarire queste vicende da una prospettiva locale, Global Voices ha intervistato il dottore Hazem Almassry, palestinese originario di Gaza. Il dottor Almassry ha conseguito un dottorato di ricerca in Sociologia e Studi Culturali e al momento vive in Taiwan.
L'intervista è stata modificata per garantire brevità e chiarezza.

Foto del Dott. Hazem Almassry, uso con autorizzazione.
Global Voices (GV): Cosa ne pensa del nuovo modo in cui a Taiwan viene vista la questione palestinese e la situazione attuale di Gaza?
Hazem Almassry (HA): As a Palestinian academic from the Gaza Strip residing in Taiwan, I have observed a notable shift in perceptions regarding the Palestinian cause. While Taiwan historically aligned closely with Western bloc countries, including supporting Israel, recent atrocities and the ongoing violence in Gaza have prompted a reassessment of attitudes towards the Israeli–Palestinian conflict.
Taiwanese people have begun to express greater sympathy and solidarity with Palestinians, especially considering the scale of suffering inflicted on civilians, including children.
This shift is evident in public discourse, social media, and grassroots activism across Taiwan. There is a growing recognition of the injustices faced by Palestinians and a desire to stand in solidarity with them.
While Taiwan's official diplomatic stance may align with the West, the evolving perceptions among Taiwanese population reflect a broader global trend towards greater awareness and empathy for the Palestinian struggle.
Hazem Almassry (HA): In quanto accademico palestinese proveniente dalla striscia di Gaza e residente a Taiwan, ho osservato un notevole cambiamento riguardo a come viene percepita la causa palestinese. Nonostante Taiwan sia storicamente un alleato degli stati occidentali, tra cui Israele, le recenti atrocità e le continue violenze perpetrate a Gaza hanno dato luogo a un cambio di pensiero nei confronti del conflitto israelo-palestinese.
I taiwanesi hanno cominciato a mostrare più compassione e solidarietà verso i palestinesi, soprattutto vista la portata delle sofferenze inflitte ai civili, inclusi i bambini.
Questo cambiamento è evidente nel dibattito pubblico, nei social media e nell'attivismo dal basso di tutto il Taiwan. Cresce la consapevolezza delle ingiustizie subite dai palestinesi e il desiderio di esprimere la propria solidarietà.
Anche se le relazioni diplomatiche di Taiwan sono orientate verso l'Occidente, l'evolversi del pensiero del popolo taiwanese rispecchia un trend globale più ampio che va verso una maggiore consapevolezza ed empatia rispetto alla questione palestinese.
Global Voices (GV): Alla luce degli ultimi eventi, quali sono le idee sbagliate o i fraintendimenti più frequenti su Gaza e la sua popolazione che intende affrontare nel suo lavoro e in quanto attivista?
HA: In my work and advocacy, I aim to address common misconceptions and misunderstandings about Gaza and its people that persist in global discourse.
For example, there's often a conflation of resistance against occupation with terrorism, leading to the demonization of Palestinian resistance movements. I aim to contextualize resistance within the broader struggle for self-determination and human rights, challenging simplistic narratives that delegitimize legitimate forms of resistance.
Another misconception is that Gaza is solely a humanitarian crisis, devoid of cultural richness and resilience. While the humanitarian situation is dire, Gaza is also home to a vibrant society with a rich history, cultural heritage, whose resilient people strive for normalcy despite the challenges.
Furthermore, there's a misconception that the Gaza blockade is solely for security reasons. While security concerns are cited as justification, the blockade has severe humanitarian consequences, limiting access to essential goods, services, and opportunities, exacerbating poverty and unemployment.
This does not stop there. Some people believe that Gazans depend solely on humanitarian aid and lack agency. However, they are resourceful and resilient, finding ways to survive and rebuild despite severe challenges.
HA: Nel mio lavoro e nelle mie attività di sensibilizzazione, il mio obiettivo è affrontare le idee sbagliate e i fraintendimenti che riguardano Gaza e la sua popolazione, che persistono nel discorso globale.
Ad esempio, spesso si paragona la resistenza all'occupazione con il terrorismo, e ciò porta alla demonizzazione dei movimenti di resistenza palestinesi. Il mio intento è contestualizzare la resistenza all'interno della lotta più ampia per l'autodeterminazione e i diritti umani, sfidando le narrative semplicistiche che delegittimano le legittime forme di resistenza.
Un'altra idea sbagliata è che Gaza rappresenta soltanto una crisi umanitaria, ed è priva di ricchezza culturale e resilienza. Sebbene la situazione umanitaria sia grave, Gaza possiede anche una società vivace con un ricco patrimonio storico-culturale, i cui membri combattono con determinazione per la normalità, nonostante le sfide.
Inoltre, un altro luogo comune è che il blocco della striscia di Gaza dipenda da motivi di sicurezza. Mentre si citano i problemi di sicurezza come giustificazione, il blocco ha delle gravi conseguenze umanitarie, perché limita l'accesso ai beni essenziali, ai servizi, alle opportunità, aggrava la povertà e la disoccupazione.
E non finisce qui. Alcune persone credono che i gazesi debbano dipendere soltanto dagli aiuti umanitari e manchino di determinazione. In realtà, sono pieni di risorse e resilienti; cercano dei modi per sopravvivere e rialzarsi nonostante le gravi difficoltà.
GV: In quanto ricercatore in scienze sociali e studi culturali, secondo lei qual è il ruolo dell'identità culturale e del patrimonio nella resilienza dei palestinesi?
HA: I view cultural identity and heritage as foundational elements in the resilience and resistance of the Palestinian people, particularly in Gaza. Gazans draw strength from their rich cultural identity and heritage, serving as sources of collective memory, pride, and solidarity.
Cultural identity is crucial in shaping the Palestinian narrative and sense of belonging. Cultural heritage serves as resistance against attempts to erase Palestinian identity. Preserving traditions like music, dance, cuisine, and storytelling is an act of defiance against occupation and oppression.
In Gaza, where movement and access to resources are restricted, cultural activities serve as avenues for expression, connection, and empowerment. Artistic expression, including visual arts, literature, and theatre, becomes a powerful tool for resistance, allowing Palestinians to amplify their voices, assert their rights, and challenge dominant narratives.
Furthermore, cultural identity and heritage provide a sense of continuity and hope for future generations, instilling pride in Palestinian history and heritage. Despite displacement, dispossession, and occupation, Gazans remain deeply rooted in their cultural traditions, committed to preserving their heritage for future generations.
As a researcher, I recognize the importance of cultural identity and heritage in shaping resilience and resistance among Palestinians in Gaza. Exploring these interactions provides insights into the complex intersections of culture, politics, and power, showing how cultural expression becomes is form of survival and resistance against oppression.
HA: Considero l'identità culturale e il patrimonio culturale le fondamenta della resilienza e della resistenza dei palestinesi, soprattutto a Gaza. Gli abitanti di Gaza traggono forza dalla ricca identità culturale e dal patrimonio, fonti di memoria collettiva, orgoglio e solidarietà.
L'identità culturale è essenziale nella scrittura della storia palestinese e del senso di appartenenza. Il patrimonio culturale è una forma di resistenza contro i tentativi di cancellazione dell'identità palestinese. Preservare le tradizioni come la musica, la danza, la cucina, l'oralità, è un atto di ribellione contro l'occupazione e l'oppressione.
A Gaza, dove gli spostamenti e all'accesso ai beni essenziali sono limitati, le attività culturali sono delle opportunità di espressione, connessione e autodeterminazione. L'espressione artistica, come le arti figurative, la letteratura e il teatro, diventa un mezzo importante per la resistenza, che consente ai palestinesi di amplificare le loro voci, far valere i propri diritti e sfidare le narrazioni dominanti.
Inoltre, l'identità culturale e il patrimonio culturale danno un senso di continuità e di speranza alle generazioni future, infondendo orgoglio nella storia e nel patrimonio della Palestina. Nonostante gli spostamenti, gli espropri e l'occupazione, i gazesi restano profondamente legati alle loro tradizioni culturali, intenti a preservare il loro patrimonio per le generazioni future.
Come ricercatore, riconosco l'importanza dell'identità culturale e del patrimonio nel dare corpo alla resilienza e alla resistenza dei palestinesi di Gaza. Approfondire questi legami fornisce degli spunti sulla complessa relazione tra cultura, politica e potere, e mostra come l'espressione culturale diventa una forma di sopravvivenza e di resistenza contro l'oppressione.
GV: Come vede il rapporto tra i genocidi contro i palestinesi di Gaza e gli uiguri musulmani nella loro lotta per il riconoscimento e il sostegno? Risulta particolarmente importante dopo che la Cina ha espresso il proprio supporto alla Palestina e ha chiesto il cessate il fuoco.
HA: The intersections between the genocides against Gazans and Uyghur Muslims highlight broader themes of injustice, oppression, and international solidarity against state-sponsored violence and discrimination.
Both the Palestinian and Uyghur struggles involve systemic human rights abuses by state actors — Israel in the case of Gaza and China in the case of Xinjiang. These abuses include mass arbitrary detention, forced labor, cultural and religious suppression, and other forms of persecution.
Despite different contexts and actors, there are notable parallels between the two. Both face marginalization, discrimination, and violence based on their ethnic, religious, and national identities. There are concerted efforts to erase or undermine cultural and religious heritage, as seen in the destruction of mosques and cultural sites in Xinjiang, and the targeting of cultural institutions in Gaza.
Furthermore, the struggles of both populations highlight the inadequacy of international responses to gross human rights violations. Despite widespread condemnation and calls for action, meaningful steps to hold perpetrators accountable and provide justice for victims have been limited. This reflects broader power interplays and geopolitical considerations that prioritize political and economic interests over human rights and justice.
China's support for Palestine and advocacy for a Gaza ceasefire underscores the complex and sometimes contradictory nature of international relations. While China may position itself as a champion of Palestinian rights for strategic reasons or to bolster its international image, its record of human rights abuses in Xinjiang raises questions about the sincerity of its advocacy and the consistency of its principles.
Ultimately, the intersections between the genocides against Gazans and Uyghur Muslims highlight the urgent need for solidarity and action in defense of human rights, dignity, and justice for all oppressed peoples.
HA: Il rapporto tra il genocidio contro la popolazione di Gaza e il genocidio degli uiguri musulmani [it] mette in luce le tematiche più vaste dell'ingiustizia, dell'oppressione e della solidarietà internazionale contro la violenza e le discriminazioni promosse dallo Stato.
Sia la questione palestinese sia il genocidio uiguro riguardano violazioni sistemiche dei diritti umani da parte di soggetti statali: Israele nel caso di Gaza e la Cina nello Xinjiang uiguro. Queste violazioni includono le detenzioni di massa, il lavoro forzato, le soppressioni religiose e culturali e altre forme di persecuzione.
Nonostante i contesti diversi e i differenti soggetti coinvolti, ci sono delle somiglianze notevoli tra i due gruppi. In entrambi i casi soffrono l'emarginazione, discriminazioni e violenze sulla base delle loro identità etniche, religiose e nazionali. Ci sono dei tentativi concreti di eliminare o danneggiare il patrimonio culturale e religioso, come si è visto con la distruzione delle moschee e dei luoghi di interesse culturale a Xinjiang e gli attacchi alle istituzioni culturali a Gaza.
Inoltre, la lotta di questi due popoli sottolinea l'inadeguatezza delle risposte internazionali alle gravi violazioni dei diritti umani. Malgrado la condanna generale e gli inviti all'azione, le misure concrete per ritenere i colpevoli responsabili e fare giustizia alle vittime sono state limitate. Ciò riflette degli estesi giochi di potere e vaste relazioni geopolitiche che danno priorità agli interessi politici ed economici anziché ai diritti umani e alla giustizia.
Il sostegno alla Palestina e la spinta per il cessate il fuoco da parte della Cina sottolineano la natura complessa e talvolta contraddittoria delle relazioni internazionali. Anche se la Cina può ergersi a paladina dei diritti palestinesi per fini strategici oppure per elevare la sua immagine nel contesto internazionale, il record di abusi dei diritti umani contro Xinjiang fa riflettere riguardo alla sincerità del suo sostegno e alla coerenza dei suoi principi.
Infine, i legami tra il genocidio contro Gaza e il genocidio contro gli uiguri musulmani mettono in evidenza l'urgente bisogno di solidarietà e la necessità di agire a favore dei diritti umani, della dignità e della giustizia per tutti i popoli oppressi.
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GV: Come affronta le sfide dell'essere un accademico e di sostenere Gaza, vivendo all'estero? Secondo lei, in che modo può contribuire con il suo lavoro a sensibilizzare e far comprendere cosa sta accadendo a Gaza su scala mondiale?
HA: As an academic and Gaza advocate living abroad, navigating the challenges involves balancing academic rigor with activism, while being mindful of the complexities and sensitivities surrounding the issue.
I leverage my academic expertise to conduct rigorous research on Gaza, drawing on diverse sources for nuanced analysis. Publishing scholarly articles and reports, I contribute to the academic discourse and provide evidence-based knowledge to policymakers, activists, and the public.
I also actively engage in public outreach and advocacy to raise awareness about the humanitarian crisis in Gaza and the broader Palestinian struggle. This includes speaking at conferences, organizing events, writing op-eds, and utilizing social media to amplify Palestinians voices and share information globally.
Furthermore, I collaborate with academics, activists, humanitarian organizations, and grassroots movements working on Gaza-related issues to leverage collective expertise and resources. Through building partnerships and networks we amplify our impact and advocate for change at all levels.
Meanwhile, I strive to educate others about the historical context, political interactions, and human rights implications of the situation in Gaza, fostering empathy and solidarity.
Overall, I aim to bridge the gap between theory and practice, scholarship and activism, while centering the voices and experiences of those most affected by the crisis.
HA: In quanto accademico e sostenitore della causa palestinese che vive all'estero, affrontare le sfide comporta trovare un equilibrio tra il rigore accademico e l'attivismo, e allo stesso tempo essere consapevole delle complessità e degli aspetti sensibili che riguardano la questione.
Sfrutto le mie competenze accademiche per condurre delle ricerche rigorose su Gaza, attingendo a fonti diverse per un'analisi complessa. Attraverso la pubblicazione di articoli accademici e report, contribuisco al discorso accademico e fornisco informazioni basate sui fatti ai politici, agli attivisti e al pubblico.
Mi occupo attivamente anche di divulgazione pubblica e di sensibilizzazione per quanto riguarda la crisi umanitaria di Gaza e in generale la causa palestinese. Le mie attività comprendono tenere delle conferenze, organizzare eventi, scrivere editoriali e usare i social media per amplificare le voci dei palestinesi e diffondere l'informazione nel mondo.
Inoltre, collaboro con membri della comunità accademica, attivisti, organizzazioni umanitarie e movimenti dal basso che si occupano della causa palestinese per fare uso dell'esperienza e delle risorse collettive. Grazie alla creazione di partnership e network amplifichiamo il nostro impatto e lottiamo per il cambiamento su tutti i livelli.
Nel frattempo, mi impegno ad educare gli altri sul contesto storico, sulle interazioni politiche e le implicazioni dei diritti umani della situazione a Gaza, promuovendo l'empatia e la solidarietà.
In generale, il mio obiettivo è ridurre la distanza tra teoria e pratica, sapere e attivismo, mettendo al centro le voci e il vissuto di chi è stato maggiormente colpito da questa crisi.