Raccontare Gaza: la guerra più mortale per i giornalisti

Veicolo blindato di Reuters danneggiato da un missile israeliano a Gaza nel 2006. Il cameraman Fadel Shana, e un giornalista del posto sono stati feriti nell'attacco. Due anni dopo Shana è stato ucciso quando il veicolo contrassegnato dalla scritta “stampa” nel quale si trovava, è stato colpito da un carrarmato israeliano. Foto di Eric Huybrechts via Flickr. CC BY-ND 2.0.

Il 31 luglio, i giornalisti di Al Jazeera Ismail al-Ghoul e Rami al-Rifi sono stati uccisi da Israele nel campo profughi di Shati, nel nord di Gaza, mentre stavano documentando l'assassinio del capo dell'ufficio politico di Hamas Ismail Haniyya, in Iran.

L'esercito israeliano ha ammesso di aver ucciso al-Ghoul e al-Rifi, accusandoli [en, come i link seguenti, salvo diversa indicazione] di essere membri di Al Qassam [it], il braccio armato di Hamas, e di aver partecipato all'attacco del 7 ottobre. Questa pericolosa accusa (completamente smentita [ar] dal canale) è stata ripetutamente utilizzata dalla fazione israeliana per giustificare l'assassinio di giornalisti. Questo rischia di normalizzare il fatto di prendere di mira i giornalisti con accuse infondate.

Al Jazeera ha affermato che al-Ghoul, che aveva precedentemente documentato i raid israeliani sull'ospedale di Al-Shifa nel nord di Gaza, è stato detenuto dalle forze israeliane a marzo e rilasciato 12 ore dopo, smentendo le affermazioni sulla sua affiliazione ad Hamas o ad altre organizzazioni.

Nicola Perugini, professore associato di politica e relazioni internazionali all'Università di Edimburgo, ha espresso le sue preoccupazioni su X riguardo l'uso di queste accuse contro i giornalisti:

L'esercito israeliano ha affermato con estrema chiarezza che i giornalisti di Gaza che stanno documentando la sua guerra di annientamento sono obiettivi militari legittimi. “Nukhba” è diventato sinonimo di civili uccidibili e torturabili.

Una strategia inquietante

Dalle stime preliminari del Comitato per la Protezione dei Giornalisti (CPJ) emerge che almeno 113 giornalisti e operatori dei media sono stati uccisi dal 7 ottobre 2023, con tre professionisti confermati come presi di mira e altri 10 casi sotto investigazione. L'ufficio stampa del governo di Gaza ha stimato il numero a 165 giornalisti e operatori dei media palestinesi uccisi.

Secondo Reporter senza Frontiere (RSF), “29 [dei 120 giornalisti uccisi secondo RSF] sono stati assassinati in circostanze che indicano un attacco intenzionale, in violazione del diritto internazionale.” L'organizzazione per la libertà di stampa ha presentato tre denunce alla Corte Penale Internazionale (ICC), al fine di sollecitare indagini indipendenti su questi crimini di guerra.

La rete Al Jazeera (vietata da Israele da maggio 2023) è stata pesantemente presa di mira, con cinque dei suoi giornalisti uccisi a Gaza dall'inizio dell'intensificazione del genocidio. Hamza al-Dahdouh, figlio del capo ufficio di Gaza Wael al-Dahdouh, e Moustafa Thuraya sono stati uccisi a gennaio da un attacco aereo. L'esercito israeliano ha affermato che i due uomini erano “membri di organizzazioni terroristiche con sede a Gaza”, il che è stato egualmente smentito dal canale e da altri.

A febbraio, un attacco drone ha ferito Wael al-Dahdouh e ha ucciso il cameraman Samer Abu Daqqa. Anche la moglie di Wael, la figlia di sette anni, e il figlio di quindici sono stati uccisi in un attacco aereo israeliano il 28 ottobre 2023.

Secondo RSF “questi attacchi mortali al personale di Al Jazeera hanno coinciso con una campagna di diffamazione da parte delle autorità israeliane”, avvertendo inoltre che “confondere il giornalismo con il ‘terrorismo’ mette in pericolo i reporter e minaccia il diritto all'informazione.”

“L'uccisione di al-Ghoul e al-Rifi è l'ennesimo esempio dei rischi di documentare la guerra a Gaza, il conflitto più mortale per i giornalisti che l'organizzazione abbia documentato in 30 anni,” ha riferito ad Al Jazeera Jodie Ginsberg, CEO di CPJ, sottolineando che l'uccisione di giornalisti da parte di Israele è stata una strategia inquietante negli ultimi 20 anni. “Ciò sembra essere parte di un più grande schema [israeliano] di soffocare l'informazione che esce a Gaza” ha spiegato, aggiungendo che il divieto di Al Jazeera di operare in Israele fa parte di questa tendenza.

Trauma e sfinimento

Dal 7 ottobre, Israele non ha permesso a nessun giornalista straniero di entrare nella striscia di Gaza per documentare il genocidio in corso, a meno che non fossero accorpati con l'esercito israeliano. Questo divieto completo significa che i giornalisti locali sono gli unici a sobbarcarsi l'onere della copertura mediatica, correndo grossi rischi personali.

L'immenso trauma e sfinimento sperimentati dai giornalisti palestinesi, che rimangono vulnerabili, nonostante prendano tutte le misure di sicurezza possibili, sono stati espressi al meglio in una toccante citazione della giornalista inglese di Al Jazeera Hind Khoudary, diventata virale dopo l'uccisione dei suoi colleghi.

Noi facciamo tutto. Indossiamo i giubbotti contrassegnati dalla scritta “stampa”. Indossiamo i caschi. Ma siamo stati presi di mira in posti normali dove si trovano i cittadini normali.”

La giornalista di Al Jazeera Hind Khoudary riguardo l'uccisione dei suoi colleghi, il giornalista Ismail al-Ghoul e il cameraman Rami al-Rife, che…

Un'altra collega, Najwan Simri, corrispondente di Al Jazeera da Gerusalemme ha scritto un tributo a Ismail [ar]:

Bastava guardarlo negli occhi, e contemplare i suoi lineamenti, per sentire la profondità della tristezza e del rimprovero di Gaza nei nostri confronti. Ho sempre avuto la sensazione che ci rimproverasse con eccessiva cortesia… e grande speranza, come se non avesse perso la speranza in noi per un momento.

Nel frattempo, i giornalisti di Gaza hanno protestato e hanno organizzato una veglia in risposta all'uccisione di al-Ghould, esprimendo la loro indignazione per le condizioni pericolose che affrontano quotidianamente e la mancanza di assunzione di responsabilità e protezione. Lo staff arabo di Al Jazeera ha tenuto una protesta silenziosa in diretta dal proprio studio.

Il commovente video del presentatore arabo di Al Jazeera nel momento in cui ha ricevuto e condiviso la notizi della morte di Ismail al-Ghoul e Rami al-Rifi è diventato virale.

Bayan Abusulta, giornalista e femminista palestinese a Gaza ha twittato:

Vogliono zittirci.
Minacciano tutti i giornalisti che si trovano ancora a Gaza city, e nel nord.
Ripotare le notizie da qui = essere presi di mira dalle forze israeliane.
Ricordatevi di continuare a parlare di #Gaza anche se dovessero prendere anche l'ultimo di noi.

Una storia di impunità

Israele ha sempre preso di mira i giornalisti impunemente, come prova il caso di Shireen Abu Akleh, uccisa dall'esercito israeliano mentre lavorava a Jennin nella West Back l'11 maggio 2022. L'uccisione di Abu Akleh evidenzia i pericoli che devono affrontare i professionisti dell'informazione palestinesi a causa della mancanza di assunzione di responsabilità.

Leggi anche: Prominent Palestinian journalist Shireen Abu Akleh shot dead by Israeli bullet to the head

Carlos Martínez de la Serna del CPJ ha criticato Israele per essersi rifiutato di cooperare con l'FBI, e per aver bloccato potenziali indagini da parte della Corte Penale Internazionale sulla sua uccisione, chiedendo di porre fine all'impunità di Israele, il quale uccide sempre più giornalisti.

Tributo a Shireen Abu Akleh, Londra, 14 maggio 2022. Foto di Alisdare Hickson via Flickr. CC BY-SA 2.0.

Nel 2022, la famiglia di Abu Akleh e Al Jazeera hanno richiesto alla Corte Penale Internazionale di indagare sull'assassinio della giornalista, ma i leader di Israele, incluso l'ex primo ministro Yair Lapid, si sono opposti a qualsiasi interrogatorio dei soldati dell'IDF e si sono rifiutati di aprire un'indagine penale sull'omicidio.

La portata delle uccisioni di giornalisti da parte di Israele durante questa guerra si vede meglio se confrontata con il numero globale. Più di tre quarti dei 99 giornalisti uccisi in tutto il mondo nel 2023 sono stati uccisi nella guerra a Gaza secondo il CPJ. Questo numero allarmante sottolinea l'urgente necessità di responsabilità e di rafforzamento delle misure di protezione per i giornalisti ovunque, garantendo la sicurezza e la protezione di tutti i giornalisti che coraggiosamente riferiscono dalle prime linee dei conflitti.

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