Dall'Egitto alla Libia, le morti dei migranti nel Mediterraneo vengono ignorate o normalizzate

Un'imbarcazione con a bordo 13 migranti egiziani si è rovesciata [en, come tutti i link successivi, salvo diversa indicazione] il 28 ottobre 2024, poco dopo aver lasciato Kambut, un villaggio a 60 chilometri a est di Tobruk, nella Libia orientale, comunemente usato come punto di partenza per i migranti che cercano di raggiungere l'Europa. Dei 13 passeggeri, solo uno è sopravvissuto.

Nei giorni successivi all'incidente sono stati recuperati tre corpi: uno il 29 ottobre, un altro il 3 novembre e il terzo il 7 novembre. I resti dell'ultima vittima recuperata erano pesantemente decomposti e il corpo è stato portato in un obitorio per ulteriori accertamenti.

L'Egitto rimane una fonte significativa di flussi migratori nel Mediterraneo, con oltre 11,000 egiziani registrati in Italia via mare attraverso la Libia solo nel 2023. Il peggioramento delle condizioni economiche e le limitate vie legali spingono molti egiziani a intraprendere questi viaggi pericolosi, rischiando la vita.

Il 5 novembre, l'UE ha annunciato un pacchetto di aiuti da 20 milioni di euro attraverso il Fondo europeo per la pace, per aiutare le forze armate egiziane a rafforzare la sicurezza nazionale e a proteggere i civili nei “territori occidentali” – proprio l'area in cui i migranti egiziani attraversano la Libia prima di tentare il viaggio nel Mediterraneo.

All'inizio di quest'anno, l'Unione Europea ha stanziato un pacchetto di aiuti all'Egitto di 7,4 miliardi di euro , con 200 milioni di euro destinati specificamente alla gestione della migrazione. Incidenti come questo sollevano interrogativi sull'uso efficace di questi fondi per affrontare le cause alla radice e la sicurezza dei migranti.  

Gli sforzi della comunità in Libia

Il Mediterraneo centrale, in particolare la rotta che passa per il Nord Africa, continua a essere la rotta migratoria  più letale a livello globale, con il 61% di tutti i decessi di migranti nel 2023  avvenuti nella regione. Per gli innumerevoli migranti che prendono questa rotta, i rischi sono intensificati da operazioni di ricerca e salvataggio (SAR) inconsistenti e inadeguate. Secondo l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) e l'Ufficio Internazionale per le Migrazioni (OIM), la mancanza di un intervento coordinato SAR lungo questa rotta mette in grave pericolo le persone in mare. Le organizzazioni locali, come la Fondazione Al Abireen [ar] di Tobruk, che lavora a fianco della Mezzaluna Rossa libica, sono spesso lasciate a gestire tentativi di ritrovamenti con risorse limitate e un sostegno internazionale minimo.  

In un'intervista di Global Voices, un rappresentante della Fondazione Al Abireen, che ha preferito rimanere anonimo, ha spiegato le gravi restrizioni che devono affrontare nel loro lavoro: “Qui non sono presenti grandi ONG come l'ONU o l'OIM. Siamo costretti a fare del nostro meglio con risorse limitate. Solo la Mezzaluna Rossa ci ha aiutato in modo significativo, coordinandosi con noi direttamente sul campo”.

La  Fondazione deve anche affrontare un rigido controllo delle informazioni, soprattutto per quanto riguarda i sopravvissuti. “Il sopravvissuto è stato portato a Bengasi dall'ufficiale militare corrispondente, ma non mi è permesso di pubblicare il suo nome o una sua foto, anche se ho un video in cui spiega l'incidente e i dettagli relativi alle altre vittime che erano a bordo con lui sulla barca”.

Il rappresentante ha spiegato che in questi casi, in genere, c'è una limitazione imposta dalla supervisione del personale militare, il che solleva preoccupazioni più ampie sulla gestione e il trattamento dei migranti intercettati o salvati nel Mediterraneo.

#Tobruk_Ain al-Ghazala
The fourth body has been recovered out of 13 migrants who drowned a week ago.

The boat was carrying 25 migrants, most of them of Syrian nationality.
There are 12 survivors, but we have not been able to obtain their names or meet with them to identify the names of the migrants who were with them and drowned.

#Journeys that end with an unknown body, with the smuggler profiting, and many families unaware of the fate of their children. May God help us.

God is sufficient for us, and He is the best disposer of affairs

È stato recuperato il quarto corpo dei 13 migranti annegati una settimana fa.

L'imbarcazione trasportava 25 migranti, la maggior parte di nazionalità siriana.
Ci sono 12 sopravvissuti, ma non siamo riusciti a ottenere i loro nomi o a incontrarli per identificare i nomi dei migranti che erano con loro e che sono annegati.

#Viaggi che si concludono con un corpo sconosciuto, con il profitto dello scafista e con molte famiglie ignare della sorte dei loro figli. Che Dio ci aiuti.

A noi basta Dio. Lui è il migliore dispensatore di tutte le cose.

Data la vicinanza di Kambut alle acque italiane, la Fondazione Al Abireen collabora talvolta con la Guardia Costiera italiana. “La nostra Fondazione viene occasionalmente contattata dalla Guardia Costiera italiana, ma non fornisce alcuna assistenza; si tratta principalmente di una comunicazione di routine”.

L'Egitto normalizza le morti dei migranti

In Egitto, le morti di migranti sono diventate talmente ordinarie che i media allineati allo Stato le riportano raramente. Quando si parla di questi incidenti, il discorso è spesso incentrato sulla rappresentazione della migrazione come attività criminale e delle vittime come criminali. Questo essenzialmente rafforza  una narrazione estremamente desensibilizzata dell'illegalità rispetto all'umanità e trascura le disperate circostanze socioeconomiche e politiche che spingono le persone a mettere in gioco la propria vita.

In uno dei programmi televisivi [ar] più seguiti in Egitto, il conduttore Ahmed Moussa incarna la retorica sprezzante che spesso si riscontra nei media egiziani sui temi dell'immigrazione. In uno spezzone dedicato a una tragedia simile, in cui 11 egiziani hanno perso la vita sulla stessa rotta, Moussa ha criticato sia i migranti che le loro famiglie, chiedendo: “Come hanno potuto le famiglie permettere ai loro figli di partire in questo modo?”.

Moussa deride le motivazioni di coloro che cercano disperatamente un sostentamento migliore all'estero e insiste sul fatto che in Egitto esistono ampie opportunità: “Ci sono molte opportunità di lavoro in Egitto – più che mai nella nostra storia. C'è lavoro ovunque”.

In realtà, l'Egitto sta affrontando una grave crisi economica, con la sterlina egiziana che ha perso oltre il 35% del suo valore in un contesto di inflazione crescente. Secondo l'Agenzia Centrale per la Mobilitazione Pubblica e le Statistiche, l'indice dei prezzi al consumo in Egitto è in costante aumento e ha raggiunto i massimi storici, riflettendo una realtà economica in difficoltà, contrariamente alle affermazioni di Moussa.

Poiché migrano illegalmente, raramente i migranti sono in grado di parlare apertamente delle ragioni della loro partenza o della traversata verso l'Europa. Una di queste opportunità [ar] si è presentata nel 2022, quando 287 migranti egiziani sono stati arrestati in massa a Tobruk, in Libia, e intervistati.

Uno dei migranti, Ziad, 12 anni, ha spiegato il motivo della sua partenza: “Come chiunque altro qui, volevo solo avere una vita migliore. Volevo andare a lavorare in Italia”. Un altro adolescente ha raccontato l'estenuante percorso che hanno affrontato nel tentativo di attraversare l'Europa: hanno camminato per 50 chilometri attraverso il confine e sono stati trasferiti bendati da un'auto all'altra dai trafficanti, fino a raggiungere un capannone dove sono state trattenute quasi 300 persone. “Siamo qui da sei mesi”, ha aggiunto. La maggior parte dei migranti paga ai trafficanti dalle 20.000 sterline egiziane (400 dollari) alle 170.000 sterline egiziane (3.500 dollari) per compiere il viaggio.

Un altro migrante, Khaled, un uomo di trent'anni che ha recentemente subito un'operazione a cuore aperto, ha ribadito il motivo per cui molti sono disposti a sostenere questo costo: “Che altro dovrei fare? Non ci sono lavori pagati decentemente”.

La mancanza di notizie su queste vicende dà l'impressione che i media evitino all'unisono discussioni sfaccettate sul tema e scelgano invece di chiudere un occhio. Ciò ha favorito il distacco e l'apatia dell'opinione pubblica, consentendo a queste tragedie in corso di rimanere incontestate e non affrontate.

Falle del sistema

Questa tragedia sottolinea la necessità di migliorare le operazioni SAR e di coordinare meglio il sostegno ai migranti. Il carattere specifico degli interventi SAR e il limitato accesso umanitario per gli sbarchi in Libia lasciano molti migranti senza un'adeguata protezione. Secondo lo stesso rapporto dell'UNHCR e dell'OIM, molti migranti intercettati vengono riportati in condizioni non sicure senza alcuna supervisione umanitaria, esponendoli a rischi significativi.  

Questa, insieme a molte altre storie e incidenti non raccontati che continuano a verificarsi, illustra le falle sistemiche delle attuali politiche di gestione della migrazione nel Mediterraneo. Secondo i dati raccolti dal Missing Migrants Project, “ogni traversata oltremare” spesso implica l'eventualità che i migranti possano “scomparire senza lasciare traccia”, in particolare nei casi di naufragi senza superstiti. Lo dimostrano le centinaia di corpi non identificati ritrovati sulle coste libiche e le numerose segnalazioni non verificate di naufragi mortali.  

Il Rapporto annuale congiunto dell'OIM e dell'UNHCR riporta che “si sa che più di 3.105 migranti e rifugiati hanno perso la vita o sono scomparsi in mare” nel tentativo di raggiungere l'Europa nel 2023. Tuttavia, chiariscono che il numero reale è probabilmente più alto, poiché molti incidenti “non vengono segnalati o rilevati”.

Senza un rafforzamento delle operazioni SAR, uno stanziamento trasparente dei fondi governativi e un trattamento umano per i migranti intercettati e salvati, il Mediterraneo continuerà a essere un focolaio di crisi umanitarie per coloro che sono costretti a lasciare le loro case in cerca di sicurezza o opportunità all'estero.

L'incidente di Kambut non è una tragedia isolata, ma un devastante promemoria della crisi migratoria in corso nel Mediterraneo.

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