La lotta per il diritto all'aborto in Sri Lanka

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Quest'articolo di Mia Abeyawardene è originariamente apparso su Groundviews [en, come i seguenti link, salvo diverse indicazioni], un sito web di giornalistico pluripremiato in Sri Lanka. Di seguito è pubblicata una versione modificata nell'ambito di un accordo di condivisione dei contenuti con Global Voices.

In un Paese dove l'aborto resta criminalizzato secondo le leggi coloniali dell'epoca risalenti al 1883, lo Sri Lanka ha da molto tempo negato alle donne il fondamentale diritto di prendere decisioni sul proprio corpo. La recente proposta di modificare queste leggi, che consentirebbe di terminare la gravidanza in caso di anomalie fetali non vitali, è stata accolta da molti, compresa la Sri Lanka Safe Abortion Coalition (SLSAC). Tuttavia, questa riforma limitata, è bel lontana dall'essere sufficiente e dimostra avere delle profonde problematiche sistemiche: l'esclusione delle donne dal prendere decisioni, la medicalizzazione di una questione fondamentalmente legata ai diritti umani e il persistente stigma, nonché il controllo patriarcale sulle scelte riproduttive delle donne. 

La SLSAC ha accolto con cautela la proposta, riconoscendola come un potenziale primo passo verso un quadro normativo più giusto e compassionevole. Eppure, la coalizione è chiara nella sua presa di posizione: l'emendamento proposto è fin troppo ristretto. Limitare l'accesso all'abrto solo al campo delle anomalie fetali mortali, non affronta la più ampia realtà sulle motivazioni che spingono le donne a ricorrere all'aborto, inclusi casi di stupro, incesto, mancanza di accesso alla contraccezione, difficoltà economica o semplicemente la scelta non portare a termine la gravidanza. 

La riforma proposta è stata promossa da tre facoltà di medicina: l'Ordine dei medici di comunità, l'Ordine degli ostetrici e dei ginecologi e l'Ordine dei pediatri. Sebbene il loro coinvolgimento sia importante, la loro influenza nella stesura di tale emendamento è problematica. Riflette una persistente tendenza a vedere l'aborto esclusivamente dal punto di vista medico, ignorando la complessa dimensione economica, sociale, dei diritti umani della salute riproduttiva.

La cosa più sorprendente è che questi corpi medici hanno proceduto senza consultare le principali parti interessate come le organizzazioni di diritti delle donne, gli attivisti della società civile e il Ministero per gli Affari delle Donne e dell'Infanzia. Quest'esclusione non è solo un errore, ma la continuazione di un annoso schema che ostacola le donne nelle decisioni che riguardano le loro vite e i loro corpi. In particolare è preoccupante il fatto che quasi tutti quelli coinvolti in questi emendamenti siano uomini, rinforzando la condizione patriarcale degli uomini che legiferano sui corpi delle donne senza il parere di quest'ultime.

L’aborto [it] non è solamente un problema medico ma una questione di diritti umani. Impedire a qualcuno la possibilità di porre fine ad una gravidanza, specie in casi di violenza sessuale, incesto, o condizioni fetali mortali può essere crudele, inumano e un trattamento degradante. Organismi internazionali per i diritti umani, incluso il Comitato per i Diritti Umani delle Nazioni Unite, hanno costantemente affermato che costringere una persona a portare a termine tali gravidanze, viola i loro diritti alla salute, eguaglianza ed autonomia sul proprio corpo. Il caso storico KL contro Perù del 2001 ha creato un precedente, stabilendo che negare l'aborto a una ragazza di 17 anni nonostante una diagnosi di anencefalia costituiva una violazione dei suoi diritti.

L'avvocatessa Uda Deshapriya ha notato che la criminalizzazione dell'aborto significa che le donne temono di essere perseguite anche quando richiedono assistenza sanitaria post-aborto. Questo comporta un ritardo nel trattamento e, in alcuni casi, delle morti materne prevenibili. Lo stigma e le barriere legali attorno all'aborto non solo recano danno alla persona ma danneggiano anche la salute pubblica.

Nonostante sia illegale, la pratica dell'aborto non è rara in Sri Lanka. Una  ricerca del 2010 condotta su 665 donne che sono state sottoposte ad un aborto indotto, ha rivelato che il 71% era a conoscenza di un medico prima di prendere la decisione, e il 69% ha appreso della possibilità di rivolgersi ad un medico grazie agli amici o ai parenti. Queste statistiche sottolineano la rete informale a cui le donne fanno riferimento per accedere ai servizi relativi all'aborto, spesso correndo un alto rischio per la loro salute e la loro sicurezza.

In anni recenti, l'accesso a trattamenti come il farmaco Misoprostolo [it], un metodo sicuro ed efficace per un aborto medicalizzato, ha portato ad una significativa riduzione delle morti materne per aborto settico da 13,4% nel 2011 al 4,5% nel 2021. Tuttavia, questi progressi rimangono deboli nei confronti dell'attuale criminalizzazione, che continua a spingere l'aborto in clandestinità.

Il nuovo governo dello Sri Lanka, eletto con una maggioranza dei due terzi con la promessa di una trasformazione politica e sociale, sembra ritirarsi dai propri impegni. Il manifesto del Potere Nazionale Popolare (NPP) dell'agosto 2024 includeva la promessa di attuare le raccomandazioni della Commissione legislativa del 2012 volte ad ampliare le basi giuridiche per l’aborto, includendovi lo stupro e le gravi menomazioni fetali. Tuttavia, queste riforme restano profondamente inadeguate e poco convincenti, non riuscendo a soddisfare le reali esigenze delle donne.

La copertura mediatica di quest'emendamento si è maggiormente focalizzata sul placare le voci religiose conservatrici, evitando la necessaria analisi del processo dell'emendamento. Gli attivisti e i gruppi per i diritti delle donne sono stati notevolmente assenti dalla discussione nazionale e, persino il Ministero per gli Affari delle Donne e dell'Infanzia è stato emarginato. Deshapriya ha fatto notare che il silenzio dei media e il progressismo performativo del governo, rinforzato da una donna come Prima Ministra, ha indebolito la responsabilità pubblica.

La SLSAC e gli attivisti alleati sono chiari sul fatto che la piena decriminalizzazione dell'aborto è l'unico percorso  che sostiene i diritti umani, che assicura l'eguaglianza e che rispetta l'autonomia delle donne. Decriminalizzare significherebbe rimuovere interamente l'aborto dal Codice Penale e trattarlo come una questione di sanità, qualcosa che può essere gestito in modo sicuro, anche a casa, con i moderni progressi della medicina.

Non c'è bisogno di aspettare per delle infrastrutture, nuove norme o regolamentazioni aggiuntive, prima di compiere questo passo. Il Misoprostolo è già incluso nell’ Elenco dei medicinali essenziali dell’OMS. Le barriere per accedervi persistono, non perché vi siano  limitazioni mediche bensì a causa delle norme morali, stigma e controllo patriarcale.

L'attuale programma di contraccezione in Sri Lanka esclude diverse donne, soprattutto le donne single e le persone non cisgender, focalizzandosi in modo ristretto solo sulle cisgender sposate nel contesto della pianificazione familiare. Quest'esclusione aumenta il rischio di gravidanze indesiderate e sottolinea ulteriormente la necessità di un'assistenza sanitaria riproduttiva completa, compreso l'accesso all'aborto.

L'emendamento proposto segna un piccolo, simbolico passo, ma non basta. Le donne in Sri Lanka  meritano di più che delle eccezioni limitate e il ddominio maschile nel prendere decisioni. Meritano autonomia, dignità, e il diritto di scegliere. Così come esplicitato chiaramente dal SLSAC, i diritti riproduttivi sono diritti umani e la giustizia riproduttiva verrà conquistata solo con la piena decriminalizzazione dell'aborto e la significativa inclusione delle donne nella formulazione delle leggi che governano le loro vite.

Il dibattito deve spostarsi dal controllo del corpo delle donne verso la loro emancipazione. Fino ad allora, le riforme resteranno vane e la giustizia rimarrà fuori portata. Facendo spazio alle  voci delle donne donne, non solo quelle dei dottori, politici, o dei capireligiosi, lo Sri Lanka può finalmente iniziare a disfare il danno causato dalla legge che ha fatto il suo tempo e il suo scopo.

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