Il 5 agosto il governo indiano, guidato dal Bharatiya Janata Party (BJP) [it], ha revocato l'articolo 370 [en, come tutti i link successivi, salvo diversa indicazione] della Costituzione indiana che dal 1950 riconosceva uno status di autonomia speciale allo Stato di Jammu e Kashmir, nell'angolo nord-ovest del Paese.
Jammu, Kashmir e Ladakh sono adesso unità territoriali separate. Temendo disordini, le autorità indiane hanno sottoposto centinaia di leader politici e i loro assistenti agli arresti domiciliari, così come hanno sospeso l'accesso alla rete mobile, fissa e internet. Inoltre, sono stati rigidamente imposti blocchi stradali e restrizioni a quasi tutti i movimenti.
Il 5 agosto, Srinagar, la principale città nel Jammu e Kashmir, è entrata in un totale isolamento e almeno 2.300 persone, la maggior parte giovani uomini, sono stati trattenuti dalle autorità.
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Con il blackout delle comunicazioni, i netizen sono ricorsi a Twitter, che ha sollecitato il governo indiano a richiedere la sospensione di alcuni account che accusava di diffondere “notizie false”.
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Nonostante le autorità abbiano lentamente ridotto le restrizioni, gli studenti si sono assentati dalle scuole nei primi giorni. Le autorità hanno ordinato alle istituzioni di riaprire il 28 agosto. Nel frattempo, le comunicazioni sono state gradualmente ristabilite in alcuni luoghi.
Per quanto il governo indiano abbia insistito perché la regione ritornasse alla normalità, un reportage rilasciato recentemente da alcuni attivisti indiani critica l'”occupazione” del Kashmir ed esorta il governo a “restituire la democrazia alla regione”.
Sia l'India che il Pakistan reclamano il tanto disputato territorio del Kashmir nella sua interezza. Mentre l'India controlla la parte chiamata Jammu e Kashmir [it], il Pakistan controlla l'altra parte, Azad Kashmir [it]. La Cina, inoltre, amministra attualmente l’Aksai Chin [it], una piccola parte della regione di Ladakh che l'India rivendica come parte del Kashmir.
La popolazione del Jammu e Kashmir è prevalentemente musulmana. Dal 1989, la regione è in uno stato di insurrezione e ha assistito a innumerevoli proteste, alcune delle quali chiedevano l'indipendenza o Azadi. Negli ultimi 27 anni, più di 70.000 cittadini del Kahmir sono stati uccisi e molti altri sono stati feriti o arrestati dalla repressione militare indiana.
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La dura reazione del Pakistan
Migliaia di pachistani hanno reagito duramente all'abolizione dell'articolo 370 con proteste in tutto il Paese. Il governo pachistano ha espresso la sua disapprovazione nei confronti del gesto indiano e ha velocemente risposto con una serie di azioni che dimostrano il suo supporto alla popolazione del Kashmir, ad esempio espellendo dal Pakistan l'Alto Commissario indiano, Ajay Bisaria, sospendendo gli scambi commerciali e l'accesso aereo e ridimensionando i suoi legami con il vicino di casa. Il Pakistan ha inoltre dichiarato che non invierà un Alto Commissario nella sede di Nuova Delhi.
La Pakistan Electronic Media Regulatory Authority (PEMRA) (n.d.t. l'autorità che regola i media elettronici pachistani) ha diffuso una lettera datata 14 agosto 2019 che annuncia il divieto di mandare in onda pubblicità in cui figurano artisti indiani o che sono state prodotte in India. Anche questa è un'espressione della nuova politica del Paese nei confronti del suo vicino.