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Condannato per ‘incitazione di proteste’, un giornalista marocchino inizia lo sciopero della fame

Categorie: Medio Oriente & Nord Africa, Marocco, Censorship, Citizen Media, Diritti umani, Libertà d'espressione, Media & Giornalismi, Protesta, Advox
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Manifestanti al sit-in di Imzouren, 14km dalla città di Al-Hoceima nella regione del Rif. Foto da AlhoceimasOfficiel. Utilizzata con permesso.

Il giornalista marocchino Hamid El Mahdoui ha cominiciato uno sciopero della fame [2][fr] dopo che una corte d’appello ha incrementato la sua pena ad un anno di carcere.

Nelle prime ore del 12 settembre e dopo un processo durato più di nove ore, la corte d’appello di Al Hoceima ha emanato una sentenza che ha incrementato [3][en] il periodo di detenzione da tre mesi ad un anno per un discorso del giornalista che, secondo i capi d'accusa, ha incitato le persone a protestare e a infrangere la legge.

ElMahdoui è direttore e capo redattore del sito di giornalismo indipendente Badil.info. E’ stato arrestato  [4][en] dalle autorità marocchine il 20 luglio nella regione del Rif, dove si era recato per documentare le proteste  [5][ar], ed è stato poi accusato di averle provocate.

La prova principale che è stata usata contro di lui è un video del 19 luglio, ripreso da un poliziotto che presumibilmente mostra Mahdoui mentre incita le persone a prendere parte alla manifestazione del 20 luglio, che era stata precedentemente bandita dalle autorità marocchine.

I diritti a protestare e di assemblea sono garantiti dalla costituzione marocchina e dalla Legge sui Raduni Pubblici [6][ar]. Gli organizzatori non devono richiedere nessuna autorizzazione precedente ma devono notificare le autorità del luogo, orario e data della manifestazione. Tuttavia le autorità possono vietare una manifestazione se credono che possa disturbare l’ordine pubblico.

La moglie del giornalista, Bouchra El Khounchafi, ha affermato  [2][fr] all'edizione marocchina dell’ Huffington Post che dopo il verdetto della corte del 12 settembre, Mahdoui ha deciso di iniziare lo sciopero della fame per protestare contro il suo giudizio fazioso e contro la violazione del suo diritto alla libertà di espressione.

Al Hoceima e altre città della regione del Rif sono state scosse da proteste innescate dalla morte del pescivendolo Fekri lo scorso ottobre. Mohsin Fekri fu schiacciato a morte [7][it] da un camion dei rifiuti mentre cercava di riprendersi il pesce confiscatogli dalle autorità locali. Le proteste si sono via via ampliate fino a dar vita ad un “Hirak”, ovvero un movimento per lo sviluppo economico e lavorativo contro la marginalizzazione e la corruzione. Le autorità marocchine hanno risposto con la repressione, arrestando i manifestanti e gli attivisti e affossando la copertura mediatica delle proteste.

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El Mahdaoui mentre parla in un video riguardo l'inasprimento nei confronti dei manifestanti di El Hoceima. Fonte: Screenshot da un video caricato sul canale YouTube del giornalista il 28 giugno.

Gruppi per i diritti umani locali e internazionali affermano che Mehdoui non abbia incitato a protestare ma che abbia solamente espresso il suo punto di vista riguardo il divieto del governo posto sulla manifestazione del 20 luglio, quando dei passanti [9] [ar] che lo hanno riconosciuto lo avevano fermato per chiedere la sua opinione sull’Hirak.

Human Rights Watch ha analizzato  [10][en] il video e letto la trascrizione usata come prova nel processo a Mahdoui:

According to a transcript of the video, Mahdaoui criticized the government’s decision to ban the July 20 protest, saying, “It is our right to protest in a peaceful and civilized manner; (…) I am oppressed and looked down upon, it is my right to express myself and demonstrate.”

Human Rights Watch watched the video and read the transcript and found nothing in either that contains a direct incitement by Mahdaoui to others to participate in the banned July 20 protest. Hajji, the lawyer, said that the court did not provide any other evidence than the video and transcript.

“Secondo la trascrizione del video, Mahdoui ha criticato la decisione del governo di vietare la manifestazione del 20 luglio, dicendo “è un nostro diritto protestare in modo pacifico e civile; (…) sono oppresso e sottovalutato, è un mio diritto esprimermi e manifestare”.

Human Rights Watch ha visto il video e letto la trascrizione e non ha trovato nulla che dimostri che Mahdoui abbia incitato direttamente le persone a partecipare alla protesta vietata del 20 luglio. Hajji, l’avvocato, afferma che la corte non abbia fornito nessun’altra prova al di fuori del video e della trascrizione.

Il sito indipendente di Mahdoui, Badil.info, tratta moltissimi argomenti tra cui politica, diritti umani e corruzione e realizzava dei servizi sulle proteste [11] [ar] della regione del Rif.

Mahdoui è anche conosciuto per la sua critica aperta alle autorità marocchine. Ha più di 97 mila iscritti al suo canale Youtube, dove commenta episodi di politica e diritti umani in Marocco. Negli ultimi mesi, i video caricati [12] [ar] ] sul suo canale includono interviste alle famiglie dei manifestanti arrestati e immagini che mostrano la violenza della polizia nei confronti dei manifestanti di Hirak a El Hoceima [13] e Rabat [14]. Il 25 giugno, Mahdoui ha pubblicato un’ intervista [15] ai genitori di Nasser Zafzafi, leader del movimento, in carcere dal 29 maggio, dopo che un pubblico ministero aveva ordinato il suo arresto per aver interrotto  [16][en] un sermone del venerdì appoggiato dal governo, in cui si criticava il movimento di protesta.

Non è la prima volta che le autorità marocchine si scagliano contro Mehdoui per il suo lavoro da giornalista e per le sue idee. Secondo Reporters Without Borders  [3][en],”è stato soggetto ad almeno dieci processi legali di vario tipo, tra cui quelli per azioni diffamatorie”. A giugno di quest’anno, il Ministro degli Interni marocchino lo ha denunciato [17] [fr] per diffamazione dopo che il giornalista ha pubblicato un video in cui lo accusava di corruzione.

Il 29 giugno 2015, un tribunale di Casablanca lo ha condannato [18][ar] a quattro mesi di carcere con sospensione della pena, al pagamento di 6,000 dirhmas marocchini (640 dollari) e gli ha ordinato di pagare 10,000 dirhams di danni (circa 1070 dollari) alla direzione generale della sicurezza nazionale per aver pubblicato su Badil un servizio sull’attivista Karim Lachqar, morto mentre era sotto la custodia della polizia.

Nell'agosto 2015 un tribunale penale della città di Meknes ha ordinato [19][en] la chiusura di Badil per tre mesi e ha multato Mahdoui a 30,000 Dirhams (3200 dollari) per un servizio su un’auto bomba in città. In seguito il governo ha negato tutte le notizie che sono apparse sui media riguardo quell’incidente.

Nonostante il governo marocchino affermi  [20][ar] che l’arresto di Mahdoui non abbia a che fare con il suo lavoro da giornalista, molti altri giornalisti in realtà sono stati molestati o arrestati dalle autorità marocchine per i loro reportage sulle proteste del Rif. Tra il 26 maggio e il 22 luglio, Reporters Without Borders ha documentato [21] [en] l’arresto di sette cittadini giornalisti e addetti ai media per il loro lavoro sul movimento Hirak. Risulta anche che il Marocco abbia espulso dal paese giornalisti stranieri che stavano coprendo le proteste, tra cui due giornalisti spagnoli che lavorano per El Correo Diplomatico [22] [es] e un giornalista algerino che lavora per il giornale francofono con base in Algeria El-Watan [23] [en].

Quadruplicando la sentenza di Mahdoui, le autorità Marocchine hanno mostrato di non voler porre fine all'inasprimento che stanno portando avanti nei confronti dei media e di non voler creare un ambiente sano per i giornalisti, che possa permettere loro di svolgere il proprio lavoro nelle agitazioni del Rif. Nel frattempo il giornalista sta continuando il suo sciopero della fame [24] [ar].