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#SayNOto66d documenta l'impennata di casi di diffamazione online in Myanmar

Categorie: Asia orientale, Myanmar (Burma), Censorship, Citizen Media, Legge, Libertà d'espressione, Media & Giornalismi, Politica, Protesta, Advox

Foto di una persona che guarda il sito #SayNOto66d. Utilizzata dietro autorizzazione.

Diversi gruppi di sostegno in Myanmar hanno lanciato un sito [1] [en, come tutti i link successivi, salvo diversa indicazione] contenente informazioni riguardo i casi di diffamazione online degli ultimi cinque anni, come parte di una campagna che chiede la revoca dell'Articolo 66(d) della Legge sulle Telecomunicazioni che criminalizza la diffamazione online.

Il sito #SayNOto66d è stato creato e sviluppato dal tech hub locale Phandeeyar, che si è ispirato al lavoro del Movimento per la Riforma della Legge sulle Telecomunicazioni e per l'abolizione dell'Art.66D, una coalizione [2] composta da 22 organismi della società civile.

Il sito sottolinea uno studio [3] condotto da Free Expression Myanmar che ha monitorato i casi legati al 66(d) tra il 2013 e il 2017.

L'Articolo 66(d) è una legge controversa sin dal 2013, perché è stata essenzialmente usata [4] dalle autorità per intimidire critici e giornalisti. La sua vaga formulazione e le pene troppo severe sono state utilizzate [5] [it] per mettere a tacere i normali cittadini. Ecco il testo esatto dell'Articolo 66(d):

66. Whoever commits any of the following acts shall, on conviction, be liable to imprisonment for a term not exceeding three years or to a fine or to both. (d) Extorting, coercing, restraining wrongfully, defaming, disturbing, causing undue influence or threatening to any person by using any Telecommunications Network.

66. Chiunque commetta uno dei seguenti atti sarà, sulla base di prove, soggetto a reclusione per una durata non superiore ai tre anni o a multa o a entrambi. (d) Estorsione, coercizione, costrizione illegale, diffamazione, turbamento, che causa indebita influenza o pericolo verso un'altra persona tramite l'uso di una qualsiasi rete di telecomunicazione.

Nel 2017 il governo ha modificato l'Articolo 66(d) permettendo agli imputati di pagare una cauzione, riducendo la durata della reclusione e vietando la segnalazione di un caso qualora l'accusato non fosse direttamente coinvolto in un episodio di diffamazione.

Ma i gruppi per i diritti umani hanno sottolineato come queste modifiche non siano riuscite a far fronte alle molte preoccupazioni riguardanti gli aspetti più drastici della legge.

Free Expression Myanmar ha messo in guardia [6] sul fatto che queste modifiche non avrebbero fermato la crescita dei casi di diffamazione:

The small changes made to the Telecommunications Law will not stop cases coming to court. Journalists, Facebook users and human rights defenders continue to face the risk of being prosecuted under 66(d) for vague reasons and at the behest of powerful individuals and institutions.

I piccoli cambiamenti fatti alla Legge sulle Telecomunicazioni non impediranno ai singoli casi di arrivare in tribunale. Gli utenti di Facebook e i difensori per i diritti umani continuano rischiare di finire sotto il 66(d) per motivazioni vaghe e alla mercé dei potenti e delle istituzioni.

Per informare il pubblico sui pericoli dell'Articolo 66(d), il sito #SayNOto66d ha reso disponibili online tutte le informazioni essenziali riguardanti i 106 casi di diffamazione segnalati dal 2013 al 2017.

Sintentizzando i risultati di Free Expression Myanmar:

1. The majority of cases under 66(d) are powerful people complaining about those who criticise them.
2. Defendants are always convicted and sentences are disproportionately harsh.
3. People with legitimate complaints, such as women who are facing gender-based violence online, are forced to use this inappropriate law because no other exists.

1. La maggior parte dei casi sotto il 66(d) sono di persone potenti che si lamentano di chi li ha criticati.
2. Gli imputati sono sempre condannati e le pene sono esageratamente severe.
3. Le persone che hanno delle lamentele legittime, come le donne esposte alla violenza di genere online, sono costrette a ricorrere a questa legge inappropriata perché non ne esiste un'altra.

Il sito #SayNOto66d ha anche pubblicato diverse infografiche che mostrano come la maggior parte dei casi di diffamazione siano stati segnalati da membri della maggioranza di governo della National League for Democracy (NLD), al potere dal 2016.

Questo fatto ha deluso molti attivisti fuori e dentro il Myanmar perché la NLD ha fatto parte del movimento pro-democrazia che ha sfidato la giunta [7] per molti anni. Piuttosto che ribaltare o abolire leggi repressive promosse dalla giunta, il governo guidato dalla NLD ha permesso ai funzionari militari, ai politici e ad altri individui potenti di usare leggi come il 66(d) per attaccare e condannare i loro critici.

Trend di casi 66D preso dal sito [8]

 

Un'altra infografica mostra che la maggior parte delle lamentele è legata allo stato.

[1]

Screenshot dal sito #SayNOto66d

A parte fornire informazioni [9] al pubblico riguardo i casi legati al 66(d), il sito sostiene la revoca della legge incoraggiando i visitatori a firmare una petizione online, a mettere sotto pressione il parlamento e a segnalare i casi 66(d) che non fanno ancora parte del database.

In un'intervista con Global Voices, Khin del Phandeeyar ha evidenziato l'obiettivo principale del sito:

The aim of the website is to provide fact-based advocacy to inform everyone about 66(d) especially the total number of cases and highlight how the cases filed to the people were closely related to the criticism of the state. Journalists and researchers will be able to use the data available on the website to contribute and make the movement stronger.

L'obiettivo del sito è quello di fornire sostegno sulla base dei fatti per informare tutti quanti sul 66(d), specialmente per quanto riguarda il numero totale dei casi e per sottolineare come i casi registrati siano strettamente legati alla critica dello stato. Giornalisti e ricercatori saranno in grado di usare i dati disponibili sul sito per contribuire a rendere più forte il movimento.

Diversi gruppi stanno facendo pressione affinché la diffamazione sia decriminalizzata e venga adottata invece una legge per la violenza di genere.

Nel frattempo, il Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite ha già richiamato [10] l'attenzione sul governo del Myanmar riguardo il ruolo del 66(d) nel minacciare la libertà di parola nel paese.