A Febbraio l'UNESCO ha presentato l’Atlante delle lingue del mondo in pericolo [in], fornendo un'accurata e preoccupante descrizione delle lingue considerate a rischio d'estinzione (circa 2.500). Tra queste, otto provengono dall'arcipelago giapponese. Non è un dato che possa stupire, se pensiamo alle politiche di assimilazione linguistica e culturale realizzate dal governo giapponese fino alla fine della seconda guerra mondiale, dopo che nel diciannovesimo secolo era stata completata l'anessione del regno Ryukyu [it] (ora Okinawa) e dell'isola di Hokkaido abitata dal popolo Ainu [in].
Comunque, la continua presenza di una varietà di lingue differenti dal giapponese in una nazione che (anche nel passato recente) alcuni politici importanti hanno ostentato essere ‘una nazione di una razza unica [in]‘, ha sorpreso molti tra quanti avevano letto la notizia in un quotidiano nazionale [gia].
Il proprietario del piccolo ristorante Amami No Ie, su un'isola dell'arcipelago Amami (Okinawa), commenta [gia] la notizia per cui il suo dialetto sarebbe considerato in pericolo di estinzione, e considera una delle cause l'assimilazione forzata da parte del governo giapponese continentale, inaugurata dal sistema educativo durante le prime decadi del ventesimo secolo.
Tra le lingue a rischio di estinzione c'è anche quella della nostra isola, l'Amami.
Questa volta non mi soffermerò troppo sui dettagli, ma se guardiamo indietro alla storia, prima e dopo la guerra l'uso delle lingue [diverse dal giapponese standard] era proibito, e da allora l'abitudine di parlarle ha cominciato a scomparire.
Inoltre, quella che viene chiamata lingua Amami è in realtà diversa da isola a isola, da zona a zona, sia nelle parole che nell'intonazione. Alcuni dicono che la ragione per cui la lingua Amami sta morendo dipenderebbe dal fatto che ora gli isolani Amami, in conseguenza del miglioramento dei trasporti, viaggiano costantemente tra le varie isole, e hanno smesso di utilizzare le loro lingue locali per comunicare con le altre persone.
Sfortunatamente, nemmeno io so parlare la lingua dell'isola, la shima yumuta. La lingua che la nostra generazione parla viene chiamata ‘lingua ordinaria ton‘, ed è un misto tra il dialetto e il giappanese standard;
tuttavia, le canzoni delle isole Amami vengono cantate in ‘dialetto’, un modo per assicurare che venga tramandato correttamente. Sono convinto che coloro che alimentano questi canti popolari mantengono viva la lingua Amami.
Isola Amami. Utente Flickr: Takayukix
Anche un altro blogger [gia], nativo dell'isola di Hachijô (una delle isole giapponesi più lontane, appartenente alla Prefettura di Tokyo) ha scoperto che il dialetto della sua città natale è effettivamente una lingua.
L'isola Hachijô ha un proprio specifico dialetto e quando vado alle terme e sento gli anziani parlarlo, mi suona un poco strano ma allo stesso tempo familiare.
Anche se lo chiamiamo dialetto Hachijô, in realtà ci sono cinque diversi dialetti (o lingue?) su questa piccola isola.
Sueyoshi, Nakanogo, Kashi, Okago, Mine
Ciascuno dei ceppi ha ereditato e sviluppato un proprio modo di parlare.
Ma non riesco per niente a distinguerli tra loro…
Si dice che la ragione per cui [queste lingue] siano a rischio è che i giovani non parlano l'idioma della propria isola, e io credo sia vero.
Insieme allo sviluppo della TV, di internet e di più veloci sistemi di comunicazione, è possibile volare a Tokyo in 40 minuti, e inoltre a una certa età è facile che molte persone tendano a trasferirsi a Tokyo o da altre parti…
I cambiamenti di una lingua sono strettamente collegati a quelli dello stile di vita.
Io personalmente non posso prendermi la responsabilità di trasmettere la lingua Hachijô se non in parte, perchè è divertente, e a volte mi piace usarla.
Hachijojima. Utente Flickr: world waif.
Tra le lingue indicate come ‘seriamente a rischio’ dal rapporto dell'Unesco c'è la lingua Ainu, al momento parlata correttamente solo da 15 persone. La sua estinzione, quindi, è un problema serio anche perchè non ha un alfabeto scritto e può essere trasmessa solo oralmente.
Un blogger insiste [gia] sulla necessità di fare qualcosa di pratico per evitare la scomparsa della lingua Ainu.
La condizione della lingua Ainu è già ben conosciuta e quello che recentemente è diventato necessario non è solo la sua conservazione, ma anche la diffusione del suo uso.
Una soluzione che riconosca il popolo Ainu come popolo indigeno del Giappone è già stata approvata dal Parlamento [Vedi articolo su Global Voices [in]] ed è stato inaugurato il ‘Gruppo di Esperti’ [per studiare le questioni Ainu]. Tuttavia, le modalità con cui i diritti degli Ainu saranno legalmente salvaguardati o verranno tramandate la loro lingua e cultura rimangono ancora un mistero. Non è per niente facile cancellare tutte le discriminazioni e i pregiudizi ingiusti, così come la minacciosa ombra gettata dalle politiche giapponesi di assimilazione e oppressione.
La radio STV a Hokkaido trasmette lezioni di lingua Ainu [gia], e ci sono dei movimenti per la sua diffusione. Nel Centro di Ricerca Culturale di Hokkaido [gia], per esempio, vengono conservate delle registrazioni in voce originale, ma il numero di quanti parlano la lingua Ainu sta diminuendo, e la cosa preoccupante è che si parla eslcusivamente giapponese non solo a scuola, ma anche a casa.
Biei, Hokkaido. Utente Flickr: Taro416
Masayuki riflette [gia] sulla morte di una lingua e su cosa questo significhi.
Non so molto degli [sviluppi recenti in questo campo], ma credo che la teoria [it] per cui una lingua ha influenza sul modo di pensare sia appropriata. Per questa ragione, quando muore una lingua, muore anche l'insieme di valori rappresentati e implicati da essa.
Spesso si discute sull'opportunità o meno di mantenere una lingua come era in passato o cambiarla. Tuttavia, più che pensare se una lingua è ‘giusta’ o meno, non dovremmo forse concentrarci sulla possibilità di arrichimento e varietà che deriva dal mondo che ogni lingua simboleggia, e che può svanire o [se mantenuta] essere diffusa?
Ecco un video di Isamu Shimoji [gia] (下地 勇) che canta la canzone Obaa nel dialetto dell'isola Miyako. [Si dice che solo 3000 persone in Giappone siano in grado di capire questa lingua.]