Questo post è ripreso da un articolo [en, come i link seguenti salvo diversa indicazione] scritto da Rachel Hubbard per 350.org, un'organizzazione con base negli Stati Uniti che sta creando un movimento globale per il clima. Viene qui ripubblicato grazie a un accordo per la condivisione dei contenuti.
Nel ‘tacco’ d'Italia, le comunità salentine hanno recentemente vinto una piccola ma importante battaglia nella loro campagna contro il Trans Adriatic Pipeline (TAP), il gasdotto che dovrebbe trasportare gas dall'Azerbaigian all'Italia.
Il tracciato previsto per l'impianto avrebbe richiesto la rimozione di ulivi antichissimi per far posto al gasdotto, ma a causa delle indomabili proteste che ne sono conseguite, i lavori sono stati sospesi all'inizio di aprile.
Il TAP e il Corridoio Meridionale del Gas sono i progetti più estesi portati avanti dall'Unione Europea per il trasporto di combustibili fossili, destinati a portare in Europa miliardi di metri cubi di gas — cosa che li rende incompatibili con gli impegni europei per il clima. Secondo un rapporto di Oil Change International, le operazioni che prevedono l'uso di combustibili fossili comportano già più emissioni di carbonio di quante sarebbero tollerabili per mantenere l'aumento della temperatura globale entro i limiti che l'Europa e gli altri governi si sono impegnati a rispettare con la firma dell'Accordo di Parigi sul clima. Ciò significa che non c'è spazio per ulteriori progetti riguardanti questo tipo di combustibili, certamente non per infrastrutture di una tale portata, che mirano a espandere in modo massiccio il mercato del gas in Europa.
Il gasdotto tornerebbe in superficie in corrispondenza della bella località costiera di San Foca. Si teme che la sua costruzione, insieme agli impianti atti a ricevere il gas, provocherebbe danni significativi al paesaggio e al litorale.
Nonostante il prevedibile impatto ambientale e l'opposizione dei residenti e dei politici locali, il governo italiano spinge per la sua realizzazione.
Sono stati istituiti picchetti quando, il 20 marzo, la compagnia responsabile del gasdotto – senza aver ottenuto i permessi necessari, come sottolineato dai sindaci locali e dal Presidente della Regione Puglia [it] – ha iniziato ad espiantare centinaia di alberi antichi nei dintorni del borgo rurale di Melendugno. Gli ulivi, qui, sono essenziali per la sussistenza di molte famiglie. Senza contare che sono molto amati dalla gente del posto e che sono vecchi di secoli (alcuni, pare, hanno più di mille anni).
I comitati locali hanno subito organizzato una marcia di protesta e, da quel momento, centinaia di persone si sono radunate sul posto ogni giorno per impedire in modo pacifico la continuazione dei lavori. Il Sindaco ha ottenuto che il Prefetto di zona richiedesse alla compagnia una sospensione di tre giorni per consentire la verifica dei permessi.
Dopo lo stop di tre giorni, la questione dei permessi è rimasta irrisolta e i lavori sono ripresi. La polizia, inviata dal governo centrale per difendere gli interessi della compagnia, ha allontanato con scudi e manganelli i manifestanti per consentire il proseguimento degli espianti. Diverse persone sono rimaste ferite.
Nel corso di questi pochi giorni, molti alberi sono stati espiantati e rimossi dall'area, una visione straziante per molti abitanti del luogo.
Ma gli abitanti non si sono arresi. Le manifestazioni pubbliche sono continuate regolarmente, radunando gruppi di 500 – 1.000 persone. La stampa italiana ha cominciato ad occuparsi della campagna, provocando gesti e messaggi di solidarietà giunti da diversi gruppi di Milano, Bologna e Roma.
Le proteste hanno iniziato a comparire anche sulle testate internazionali, i raduni quotidiani sono diventati sempre più consistenti, finché, una notte, i manifestanti hanno eretto barricate di massi per impedire ai veicoli l'accesso al sito.
All'inizio di aprile, la rimozione degli alberi è stata sospesa a causa delle barricate e delle crescenti proteste, e ormai resta solo una breve finestra temporale per procedere all'espianto degli ulivi rimanenti. Infatti, tra poche settimane inizierà la stagione vegetativa, e gli alberi dovranno restare al loro posto per tutta l'estate.
I sit-in quotidiani e le assemblee pubbliche continuano. Nessuno sa come andrà a finire, ma il Comitato No TAP è determinato a fermare del tutto la costruzione del gasdotto. Sostiene che il progetto è superfluo, dato che la domanda di gas in Europa è in calo, e che è antidemocratico, visto che è stato imposto dal governo contro la volontà delle popolazioni locali. Afferma, inoltre, che causerà alla zona un enorme danno economico e un degrado ambientale irreparabile.
Il loro messaggio è “né moi né mai” – “No Tap, né qui né altrove”.
Si può seguire la campagna su Twitter con l'hashtag #NoTAP. Il comitato locale è su Twitter @no_tap [it] e su Facebook @MovimentoNoTAP [it]. Per approfondire la questione del TAP, anche chiamato Euro-Caspian Mega Pipeline, è disponibile il documentario web Walking the Line, realizzato dai gruppi Counter Balance, Platform London e Re:Common.