La scrittice malese Maryam Lee è attualmente indagata [en, come tutti i link successivi, salvo diversa indicazione] dalle autorità religiose dopo aver pubblicato un libro in cui racconta la sua decisione di non portare più l’hijab [it], copricapo indossato dalle donne musulmane.
Sul suo blog Miriam ha scritto di aver ricevuto una citazione in giudizio nell'ottobre 2019 dal Jabatan Agama Islam Selangor (JAIS) che le ha chiesto di cooperare in un'inchiesta su una possibile violazione della sezione 10 (a) del codice penale della Syariah (Selangor), che criminalizza “qualsiasi persona che attraverso parole che possono essere ascoltate o lette, o attraverso disegni, segni o altre forme di rappresentazione che sono visibili o possono essere viste o in qualsiasi altra maniera: (a) insulta oppure oltraggia la religione dell'Islam;”.
Se accusata e ritenuta colpevole, Maryam rischia una multa di RM 5000.00 (1200 dollari) o 3 anni di reclusione, oppure entrambi.
Maryam ritiene che la citazione in giudizio sia collegata al suo libro, Unveiling Choice, che è stato pubblicato all'inizio di quest'anno ed esplora l'idea di “dehijabbing “. La presentazione del libro ha suscitato controversie dopo che il primo ministro del dipartimento degli affari religiosi ha ordinato un'indagine sull'evento.
La maggior parte della popolazione malese è di religione musulmana e la Malesia è nota per aver promosso una visione moderata dell'Islam basata su leggi guidate dai principi di armonia razziale e religiosa. Ma negli ultimi anni alcuni esponenti integralisti hanno richiesto un'applicazione più rigorosa degli insegnamenti islamici nella governance. La riduzione dello spazio per l'espressione religiosa si manifesta anche nella decisione dell'agosto 2019 della Corte Suprema di riconoscere la giurisdizione della Shariah nell'emissione di una fatwa contro le Sorelle nell'Islam, un gruppo femminista a favore dell'uguaglianza di genere .
Maryam ha rivolto un appello di solidarietà mentre è sotto inchiesta:
In situations like this, it is important for us to remind the government that freedom of expression is not a crime and freedom of religious beliefs is not an insult to Islam, and that the protection of these freedoms is essential to uphold human rights for all.
In situazioni come queste è importante ricordare al governo che la libertà di espressione non è un crimine e che la libertà religiosa non è un insulto all'Islam, e che la salvaguardia di queste libertà è essenziale per la difesa dei diritti di tutti.
Numerosi gruppi femministi, attivisti per i diritti umani, artisti e studiosi hanno risposto all'appello con dichiarazioni di solidarietà.
Il Gruppo d'Azione Comune per l'Uguaglianza di Genere, una coalizione di 13 organizzazioni per i diritti delle donne in Malesia, sostiene che il libro di Maryam promuove l'emancipazione delle donne:
The book neither promotes nor discourages readers from exemplifying her actions, but in fact, explores the tenets of the decision from one person’s experiences and point of view.
Stories that reflect the varied realities of women are important, as they contribute to the diversity of experiences and discussions around how women are affected by social structures and pressures.
Il libro nè promuove nè scoraggia i lettori dall'esemplificazione delle sue azioni, ma, in realtà, esplora i principi decisionali dal punto vista e dall'esperienza di una singola persona.
È importante mostrare storie che riflettono diverse realtà sulle donne, poiché queste storie contribuiscono alla diversità delle esperienze e delle discussioni sul modo in cui le donne sono influenzate dalle strutture e dalle pressioni della società.
Il Malaysian Action for Justice and Unity (Azione malese per l'Unità e la Giustizia) ritiene che sia il JAIS a insultare l'Islam:
It portrays Islam as being a religion of ‘force’ and not one of choice. Islam is not a religion of force, neither is it a religion that enforces. Islam is a religion of discernment, and permits differences of thinking – which is what makes it the great religion that it is. This action by JAIS demeans and insults the very essence of what Islam is.
[Il JAIS] rappresenta l'Islam come una religione dell'”imposizione” e non della scelta. L'Islam non è una religione dell'imposizione e non è una religione che impone. L'Islam è una religione del buon senso e accetta diversi modi di pensare – ed è ciò che la rende una grande religione. Questo provvedimento del JAIS sminuisce e insulta la vera essenza dell'Islam.
New Naratif, un sito di informazione che copre il sud-est asiatico, difende il diritto di Maryam alla libertà di espressione:
As a movement that stands for democracy, freedom of expression, and freedom of inquiry, New Naratif believes in the need to have space for important discussions, even if they might be sensitive or controversial.
The choice of where or not to don a hijab is a very personal one, and it is important that people have the opportunity to tell their stories, share their experiences, and engage in good-faith conversations, regardless of their ultimate decisions.
Come movimento che sostiene la democrazia, la libertà di espressione e di ricerca, New Naratif crede nella necessità di spazi per discussioni importanti, anche se possono essere delicati o controversi.
La scelta di indossare o non indossare l'hijab è molto personale ed è importante che le persone abbiano l'opportunità di raccontare le proprie storie, condividere le proprie esperienze, partecipare a discussioni fatte in buona fede, indipendentemente dalla loro decisione finale.
Numerosi leader della società civile della regione hanno, inoltre, sottoscritto una dichiarazione in cui esprimono la propria preoccupazione per le accuse rivolte a Maryam:
We view this as an attempt to interfere with women’s choices and their bodily autonomy and specifically their internationally guaranteed right to express themselves. In an increasingly restrictive society, women face numerous challenges and have little space to make decisions for themselves.
The rights to free expression and religious freedoms include the right to express our personal views and the right to make choices about our bodies, which includes deciding whether to wear the hijab or not.
Consideriamo queste accuse come un tentativo di interferire con le scelte delle donne, l'autonomia del loro corpo e il diritto riconosciuto internazionalmente di esprimere sè stesse. In una società sempre più restrittiva le donne devono affrontare numerose sfide e hanno poco spazio per prendere decisioni autonome.
Il diritto alla libertà di espressione e alla libertà religiosa include il diritto di esprimere la propria opinione personale sul diritto di compiere determinate scelte sul proprio corpo, il che significa anche decidere se indossare o meno l'hijab.
Infine, questa vignetta descrive la situazione di Maryam:
As a mom, it disturbs me that author,muslim Maryam Lee,is now being targeted and accussed unjustly of anti-Islam sentiment simply for writing and sharing about her personal choice to be hijab-free.Hijab-free does not mean anti-Islam!Hiijab that isnt a choice,is oppression. pic.twitter.com/xOkY18FUpT
— Sarah Joan Mokhtar (@madmissmokhtar) October 31, 2019
Da madre mi disturba che l'autrice, Maryam Lee, una musulmana, sia considerata e accusata ingiustamente di opinioni anti-islamiche soltanto per aver scritto e condiviso la scelta personale di non indossare l'hijab. Non indossare l'hijab non significa essere anti-islamici! L'hijab che non è una scelta, è oppressione.