Iran: dalla prigione all'esilio per aver fatto satira su Facebook

Foto di una cella di una “Prigione Simbolica” in Iran di Babak Farroki. Immagine tratta da Flickr soggetta a Copyright by 2.0.

Una versione di questo articolo è stata originariamente pubblicata sul sito della Campagna Internazionale per i Diritti Umani in Iran [en, come i link successivi salvo diversa indicazione].

Dopo aver scontato una pena di cinque anni di reclusione in Iran per aver condiviso su Facebook battute satiriche a tema religioso, Soheil Babadi è stato costretto all'esilio interno. L'ingegnere informatico 39enne, che prima viveva a Teheran, dovrà ora trascorrere i prossimi due anni della sua vita a Beshagard, una remota cittadina di 35.000 abitanti nella provincia costiera meridionale di Hormozgan. Beshagard si trova all'estrema punta sud del Paese, a circa 20 ore di automobile dalla città natale di Babadi, nel nord.

“I documenti della Corte dichiarano che la pena di Soheil sarebbe dovuta terminare nel luglio 2015, ma nonostante i nostri sforzi non è stato liberato,” dice l'articolo. “Alla fine, Soheil stesso ha presentato una querela contro il giudice ed è stato lasciato andare (in esilio)”.

In una lettera aperta [ar] datata 7 settembre 2013, Babadi ha ammesso di essere stato torturato durante gli interrogatori del Corpo di Guardia Rivoluzionario Islamico, l'IRGC.

“Nel maggio 2011 ho condiviso dieci brevi battute satiriche su una pagina Facebook [ar] dal titolo la “‘Campagna per Ricordare agli Shiiti l'Imam Naghi’ senza usare nessuna parola offensiva,” diceva la lettera. “Un anno dopo sono stato arrestato dall'Organizzazione di Intelligence della IRGC senza un mandato, e incarcerato nel Settore 2-A, il centro esclusivo di detenzione dell'IRGC, e picchiato ed interrogato per 24 ore”.

“Poi qualcuno chiamato Ghena'atkar (del Dipartimento 3 della Corte di Sicurezza) formalmente mi ha letto le accuse contro di me, includendo ‘insulto al Profeta Maometto’, ‘insulto al sacro’, ‘raduno e cospirazione’, ‘insulto al leader supremo’, ‘propaganda contro lo stato’, ‘militanza in un gruppo che pianifica di rovesciare lo stato’ e ‘atti contro la sicurezza nazionale’ — tutto per aver scritto dieci battute su Facebook” ha aggiunto.

“Sono stato interrogato mentre ero bendato in un angolo di una stanza,” ha continuato. “L'agente voleva che mi confessassi colpevole alle accuse contro di me, e quando mi sono rifiutato, mi ha picchiato duramente. Ero continuamente sotto pressione psicologica dal momento che gli agenti mi interrogavano sulla mia vita privata, cercando di accusarmi di relazioni sessuali con miei amici e parenti, addirittura con mia cognata, e di avere una relazione omosessuale con uno dei miei amici, Mostafa. Ma non ci sono riusciti e mi hanno tenuto in regime di isolamento per 225 giorni”.

Soheil Babadi incontra la sua famiglia dopo aver lasciato la prigione di Teheran, prima di partire per l'esilio. Foto della Campagna Internazionale per i Diritti Umani in Iran, usata con consenso.

Babadi è stato portato via dalla Prigione di Rajaee Shahr a Karaj in 28 gennaio 2016 verso un centro di detenzione della polizia e tenuto lì per tre giorni, prima di essere trasportato a Beshagard per scontare il resto della sua condanna.

Babadi è stato arrestato nel 2012 dopo dei post su Facebook che facevano satira su temi politici e religiosi e che vertevano su Ali al-Naghi, il decimo Imam secondo l'Islam sciita. La pagina, che contava circa 33.000 followers, aveva acquisito popolarità dopo che la canzone “Naghi” del musicista Shahin Najafi era diventata virale agli inizi di maggio 2012, e almeno due anziani teologi chiesero che Najafi fosse condannato alla fatwa (condanna a morte per blasfemia secondo la legge islamica) per aver insultato Naghi.

Babadi nel primo processo è stato accusato di “insulto al sacro” e “insulto al Presidente (Mahmoud Ahmadineijad)”, e condannato a cinque anni e mezzo in prigione, 74 frustate e due anni di esilio nella città di Beshagard, vicino alla meridionale città di porto di Bandar Abbas.

In un secondo processo nel settembre 2015 il giudice Mohammad Moghisseh del Dipartimento 28 della Corte Rivoluzionaria ha condannato Babadi ad altri sette anni di reclusione per “raduno e cospirazione contro la sicurezza nazionale” e “insulto al leader supremo”. Il Dipartimento 26 della Corte d'Appello deve ancora pronunciare il verdetto sull'appello contro la condanna di Babadi.

Qui l'articolo precendente della Campagna per i Diritti Umani in Iran sul caso Babadi.

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