In Oman, paese dalle rare proteste, cittadini manifestano per chiedere lavoro e fermare la corruzione

Screenshot di un video condiviso su Twitter mostra una delle manifestazioni in Oman. Dissidenti con striscioni e slogan chiedono lavoro e migliori condizioni di vita.

Intorno alla fine del mese di maggio, gruppi di manifestanti si sono radunati per giorni in diverse città dell'Oman per chiedere lavoro e migliori condizioni di vita, lanciando così un messaggio di dissenso alquanto raro nel paese del Golfo Persico, nonché il primo caso per il neo governante in carica, Sultan Haitham.

Fattori come il ribasso del prezzo del petrolio e il COVID-19, hanno pesato sulle casse dello stato inferendo un doppio colpo all'economia dell'Oman, basata principalmente sugli idrocarburi. Secondo il Fondo Monetario Internazionale, lo scorso anno, la combinazione di queste cause ha determinato una perdita economica del 6,4 % [en, come tutti i link successivi, salvo diversa indicazione] per il paese.

Migliaia di lavoratori omaniti hanno subìto perdita di lavoro e abbassamento dei salari per colpa della pandmemia, spingendo il Ministro del Lavoro a negoziazioni con dozzine di impiegati nel tentativo di ridurre i danni, anche se molti hanno comunque patito le conseguenze della situazione. La disoccupazione in Oman è al 20% circa tra i giovani che rappresentano quasi la metà della popolazione omanita, composta in totale da 2,7 milioni di abitanti.

Questa situazione ha portato alcuni dissidenti omaniti, da Sohar nel nord del paese fino a Salalah nel sud, a scendere in piazza da domenica 23 maggio, avanzando richieste simili a quelle di una decina di anni fa quando l'Oman visse la sua, seppur dimensionata, Primavera Araba.

Le proteste, secondo quanto emerso dai social media, sono cominciate nelle città di Ibri, Nizwa, Rustaq e Sur.

Tra le rare proteste, un giovane dichiara di non voler distruggere nulla ma di volere soltanto un lavoro.

Le manifestazioni di domenica e lunedì sono state caratterizzate dalla presenza pesante delle forze di polizia e di sicurezza che hanno ricorso all'impiego di gas lacrimogeni e arrestato dimostranti; nelle marce di martedì, dai toni più pacifici, la polizia distribuiva bottiglie d'acqua a fronte della calura estiva.

Questo è l'Oman!

Le proteste sono andate avanti fino a venerdì, tra danni alla proprietà pubblica e arresti.

Sono le prime proteste per il sultano Haitham, salito al potere a gennaio 2020 dopo la morte del cugino, il sultano Qaboos, a sua volta salito al trono nel 1970 e, al momento della morte, colui che aveva governato più a lungo in Medio Oriente e nel mondo arabo. Insieme al trono, Haitham ha ereditato una situazione economica che fa dell'Oman uno dei paesi del Golfo più vulnerabili. Come per le proteste del 2011, e diversamente dai milioni di arabi del resto della regione che allora scesero in piazza, le richieste degli omaniti non riguardano una ristrutturazione economica, ma si limitano a chiedere lavoro e fine della corruzione.

Mentre nel 2011 i paesi più ricchi del Golfo elargirono pacchetti di aiuto al fine di alleviare le condizioni di vita e placare la rabbia degli omaniti, non è chiaro se lo stesso tipo di sostegno arriverà anche stavolta, in quanto le idee politiche di Muscat si sono rivelate in disaccordo con quelle dei paesi confinanti che, a loro volta, devono vedersela con la propria tensione economica interna.

Come conseguenza dei tentativi di repressione delle proteste, il Gulf Centre for Human Rights (GCHR) e l'Omani Association for Human Rights (OAHR) hanno sollecitato le autorità a una comunicazione congiunta “che rispetti la libertà di espressione e di associazione”, aggiungendo che “le autorità hanno tentato di limitare la libertà dei media in merito alle dimostrazioni”.

I due gruppi per i diritti umani hanno affermato:

The Omani government should immediately end the policy of silencing and restricting public freedoms, including freedom of peaceful protest and freedom of the press. The authorities in Oman must respect public freedoms, including freedom of expression and opinion, on and off the Internet. The security forces must fulfill their duties to protect citizens, not to oppress them, while they peacefully demand their civil and human rights

Il governo omanita deve terminare immediatamente la politica di restrizione delle libertà, inclusa la libertà di manifestare pacificamente e quella di stampa. Le autorità in Oman devono rispettare le libertà pubbliche, incluse la libertà di espressione e opinione, dentro e fuori Internet. Le forze di sicurezza devono compiere il loro dovere proteggendo i cittadini, non reprimendoli, mentre chiedono pacificamente il rispetto dei loro diritti civili e umani.

Citando fonti affidabili, i due gruppi affermano che alcuni manifestanti sono stati arrestati il 23 maggio e la loro posizione è rimasta sconosciuta dopo che una folla, che si è riunita davanti alla Direzione generale del lavoro a Sohar, è stata circondata da ampie forze di sicurezza a piedi e in auto [ar]:

Guardate: l'arresto di alcuni manifestanti precedentemente licenziati e di quelli in cerca di occupazione, insieme alle minacce via sms contro le riprese o la documentazione di questi fatti.

Hashtag #الحريه_لعبدالعزيز_البلوشي, o #Freedom_to_Abdulaziz_AlBalushi è stato pesantemente utilizzato a sostegno di un manifestante il cui discorso è diventato virale.

giustizia per Abdulaziz Al Balushi

Utenti dei social raccontano che Abdulaziz è stato rilasciato giorni dopo.

Secondo le due organizzazioni:

Reliable sources in Oman stated that a strongly worded circular was issued by higher authorities to all media outlets, including daily newspapers, not to address the issue of peaceful assembly in Sohar, Dhofar, Salalah and the rest of the Omani regions, otherwise permits will be withdrawn. The authorities were forced to backtrack on this decision later after many international media reported on these events.

Fonti affidabili in Oman hanno affermato che è stata emessa una circolare esplicita dalle più alte cariche a tutti gli organi di stampa, inclusi i quotidiani, di non trattare la questione delle manifestazioni pacifiche a Sohar, Dhofar, Salalah e nel resto delle regioni dell'Oman, altrimenti i permessi sarebbero stati revocati. Le autorità sono state costrette a fare un passo indietro sulla questione dopo che i media internazionali avevano diffuso la notizia di tale intervento repressivo.

Da quel momento, i social hanno riportato il rilascio della maggior parte degli arrestati [ar]:

Le ultime forme di resistenza sono cessate a Salalah, città della provincia di Dhofar, dove venerdì diversi partecipanti erano stati arrestati e molti di loro rilasciati un'ora dopo. Le autorità hanno interrogato alcuni dissidenti nei pressi di Ceremonies Square nel pomeriggio, secondo le testimonianze delle loro famiglie.

La risposta dello stato alle richieste dei cittadini non si è fatta attendere. Giovedì, il sito ufficiale del paese ha comunicato [ar]:

Sua maestà il sultano – possa Dio proteggerlo – ha generosamente indicato alle autorità di aumentare l'offerta di impiego attraverso l'attivazione di più di 32.000 posti di lavoro nell'anno in corso.

Il giorno successivo, l'agenzia di stampa ufficiale ha riferito che i Ministri della Difesa e del Lavoro, sulla base delle indicazioni del sultano, hanno avviato la procedura per ricevere le candidature.

Rimane il fatto che alcuni omaniti nutrono dubbi in merito alla quantità dei posti di lavoro, secondo i quali non sarebbero abbastanza. Commentando gli annunci fatti dalle forze militari omanite, un utente su Twitter ha scritto [ar]:

Entro 12 ore dall'apertura delle candidature:
solo diplomati!
età massima 25 anni!
solo uomini!
(Più di 17.000 candidati!)
Pensate a quanti sono quelli alla ricerca di lavoro!
Immaginate quanti verrano realmente assunti!
Riesci a capire l'entità del problema, Ministro del Lavoro?

Un altro tweet dice:

In seguito alle insurrezioni del 2011, il governo omanita ha assunto un migliaio di persone nelle forze armate e nella polizia.

La stampa dichiara che ora sta accadendo la stessa cosa.

Il lavoro nelle forze armate non rappresenta una soluzione alla disoccupazione.

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