Il presente articolo [en, come i link seguenti, salvo diversa indicazione] scritto da Natalie Sauer è originariamente apparso su Open Democracy in data 28 ottobre 2021. È stato pubblicato nuovamente come parte di una collaborazione volta alla condivisione dei contenuti ed è stato modificato per uniformarsi allo stile di GV.
Per alcuni anni, la comunità internazionale ha percepito la Russia come un nemico del clima. È stata uno degli ultimi paesi a ratificare l’accordo di Parigi del 2015 – non prima di settembre 2019, presso la Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici.
All’epoca, pochi si sarebbero aspettati di sentire le dichiarazioni ambiziose rilasciate quest’anno dalla Russia.
Nel mese di aprile, Vladimir Putin ha chiesto ai membri del suo governo di elaborare un piano per ridurre le emissioni di carbonio affinché siano inferiori rispetto al livello dell’UE entro il 2050. Nel mese di luglio, il presidente russo ha firmato la legge che obbliga le più grandi aziende del paese a comunicare le proprie emissioni di gas serra – una mossa accolta come il primo passo verso la regolazione del carbonio.
Nel mese di settembre, è stato definito un budget per una strategia di decarbonizzazione di due anni. Infine, due settimane fa, Putin ha impressionato gli osservatori per porsi come traguardo il raggiungimento della Russia dell’obiettivo Net Zero entro il 2060 – come la Cina e, più recentemente, l’Arabia Saudita.
“Con questo obiettivo, ora possiamo andare a Glasgow senza alcuna vergogna”, Alexey Kokorin, responsabile per il clima di WWF Russia, ha dichiarato al quotidiano economico russo Kommersant. Infatti, alcuni commentatori russi hanno espresso la loro sorpresa in merito al cambiamento di retorica di Putin. Il presidente russo, un tempo, scherzava sul cambiamento climatico, definendolo un’opportunità per aumentare i raccolti, ma ora riconosce che rappresenta “serie sfide” per il paese.
“La negazione del cambiamento climatico è finita” ritiene il noto commentatore di politica estera Dmitry Trenin, che ha definito l’obiettivo del 2060 un “segno di cambiamento radicale” nella mentalità del Cremlino.
La Russia è alle soglie di una rivoluzione ecologica, ma il quarto emittente di gas serra del mondo può finalmente adeguarsi alle tendenze globali di decarbonizzazione? E ciò può preannunciare un cambiamento di atteggiamento alla COP26?
Net Zero entro il 2060
La Russia potrebbe mirare a ridurre drasticamente del 79% le proprie emissioni di gas serra dei livelli attuali entro il 2050, secondo il Business Media russo Kommersant [ru], che ha visto la bozza della nuova strategia Net Zero.
Nell’intenso scenario della strategia della politica russa per il cambiamento climatico, le emissioni del paese sono destinate a un picco entro il 2030, aumentando solo dello 0,6%. In confronto, il piano precedente della Russia avrebbe previsto un aumento delle emissioni nel corso del 2050, senza ridurle fino a raggiungere il Net Zero per altri 80 anni, fino al 2100.
Ma gli esperti sono cauti nel prevedere fino a dove si spingerà la trasformazione green della Russia.
Bobo Lo, un ricercatore associato presso l’Istituto Francese di Relazioni Internazionali (IFRI), sostiene che “i combustibili fossili sono un grande vantaggio comparativo della Russia, e in mia opinione, è impensabile che quest’ultima vi rinunci volontariamente”. “Tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare!” aggiunge.
Lo ha sottolineato che la Strategia Energetica 2035 [ru] della Russia, prevede attualmente un aumento del 50% della produzione del gas fino al 2035, e anche la Strategia della Produzione del Carbone [ru] prevede un aumento nella produzione del carbone.
“Come possono questi dati essere compatibili con l’obiettivo Net Zero? Non lo sono, ma in ogni caso, il 2060 è molto lontano” ha affermato Lo. “A quel punto, questi impegni saranno sconvolti dagli eventi”.
Il ministro russo dell’Energia Nikolay Shulginov ha dichiarato due settimane fa nel Forum Internazionale della Settimana dell’Energia Russa “Russian Energy Week” che l’obiettivo Net Zero del 2060 implica il fatto che il paese dovrà diversificare il proprio mix energetico e riesaminare la Strategia Energetica 2035.
Ma invece di una genuina transizione ecologica, Lo interpreta il nuovo impegno della Russia come un tentativo di essere “vista come un rispettabile membro della Comunità Internazionale”, sottolineando che per il governo russo, è importante non essere “ un'eccezione in un periodo in cui vi è un vasto consenso sulla minaccia rappresentata dal riscaldamento globale”.
“È facile tirare fuori dati dal niente e pretendere che si realizzeranno” ha affermato.
Che cosa comprende l'obiettivo Net Zero della Russia?
Secondo le bozze dei piani, la produzione di energia elettrica della Russia dovrebbe sostituire le centrali elettriche a carbone con turbine a gas, impianti di energia rinnovabile, centrali nucleari e idroelettriche. Le esportazioni di petrolio e di gas dovranno calare del 2% all’ anno in termini reali a partire dal 2030. Ancora più polemico è il fatto che il governo russo ha deciso di aumentare del 220% l’assorbimento del carbonio degli ecosistemi mediante metodi di conservazione forestale – un’ impresa che alcuni esperti dubitano che sia fattibile alla luce del crescente problema degli incendi nel paese.
Maria Pastukhova, consulente politico senior presso l’European think tank EG3, ha dichiarato a openDemocracy che si sta verificando un cambiamento genuino nella politica climatica russa. “No, non è mera apparenza e influirà sicuramente sulla strategia energetica esistente” sostiene.
Pastukhova prevede che la Russia opterà per l’energia nucleare e idroelettrica su larga scala, con maggiore enfasi sull’efficienza dell’energia e una transizione accelerata dal carbone al gas nei settori energetici.
Tuttavia, consiglia di essere prudenti su un punto: l’impegno della Russia del 2060 non rende conto delle emissioni derivanti dall’esportazione – e il settore dei combustibili fossili russo ha adocchiato il mercato asiatico. Proprio quando Putin ha rivelato l’obiettivo Net Zero, il Ministero dell'Energia russo ha inoltre deciso di aumentare fino a 40 milioni di tonnellate all’anno le esportazioni in India di carbone coke.
Vasily Yablokov, responsabile dell’Energia di Greenpeace Russia, ha convenuto che c’è ancora molto da fare per adeguare le strategie della Russia agli obiettivi climatici. “Resta il rischio che il settore dei combustibili fossili russo non rinuncerà al sostegno statale dalla sera alla mattina, o persino a medio termine, ”afferma.
“Sosterranno che, tra le altre cose, ciò [rinunciare al sostegno statale] provocherà l’aumento delle problematiche sociali e persino all’incapacità di raggiungere gli obiettivi dello sviluppo sostenibile dell’ONU, in cui, per esempio, l’obiettivo numero otto mira a promuovere la crescita economia,” osserva Yablokov.
Sconvolgimento della discrezione?
Nella migliore delle ipotesi, la Russia ha tentato di mantenere un profilo basso nelle negoziazioni sul clima. Nella peggiore delle ipotesi, ha fatto squadra con altri stati protettori delle rendite petrolifere per ostacolare le azioni per il clima.
Solo tre anni fa, nei negoziati sul clima dell’ONU, la Russia si alleò con l’Arabia Saudita, il Kuwait e gli USA per attenuare i riferimenti al rapporto dell'IPCC con la soglia di 1.5 gradi che affermava che contenere l’aumento della temperatura mantenendo un limite di 1.5 gradi può contribuire ad evitare alcune delle conseguenze peggiori del cambiamento climatico.
Il paese ha inoltre temporeggiato sistematicamente per approvare i trattati sul clima, dal Protocollo di Kyoto del 1997 (ratificato nel 2004) all’Accordo di Parigi (ratificato nel 2019).
Le rare occasioni in cui la Russia ha assunto una posizione progressista hanno necessitato di incentivi – come la prospettiva di rovinare il suo status di “grande potenza” o di mettere in difficoltà un rivale. Per esempio, ratificò la condizione del Protocollo di Kyoto relativa all’adesione della Russia all’Organizzazione Mondiale del Commercio. Analogamente, in una riunione del Consiglio Artico nel 2019, la Russia riconobbe, insieme ad altri stati, il fatto che il cambiamento climatico costituisce una minaccia alla regione – al contrario della Casa Bianca di Trump.
La COP 26 è considerata la COP più importante da quella di Parigi nel 2015, con le regole dell’Accordo di Parigi – il “regolamento di Parigi”, in breve – e i finanziamenti per il clima destinati ai paesi in via di sviluppo tra le negoziazioni più urgenti.
Per alcuni, la recente dichiarazione di Putin in merito al fatto che non avrebbe partecipato all'incontro, suggerisce già la mancanza della metamorfosi green della Russia.
“Potete interpretate [l’assenza di Putin] in due modi diversi” afferma Lo di IFRI. “Uno: la delegazione russa annuncia un’iniziativa radicale a cui Putin, essendo assente, non sente l’obbligo di attenersi. Due: si presenta l’obiettivo del 2060, che non sarà applicabile e/o rilevante. In ogni caso, il governo russo si dedica totalmente alla massimizzazione dei suoi vantaggi comparativi nei combustibili fossili”.
Pashtukhova, del E3G, la pensa diversamente. Crede che l’assenza di Putin sia in parte causata dal fatto che il Presidente XI Jinping, il leader della Cina, non sarà presente: “sono sicura che, se [Xi] si fosse presentato, anche Putin lo avrebbe fatto.”
Tuttavia, l’analista interpreta anche l’assenza di Putin come parte di una strategia del Cremlino volta a fare pressioni all’Occidente per revocare le sanzioni che stanno danneggiando la transizione green dell’economia russa. Gazprom, la più grande società statale russa di gas, per esempio, è ancora sotto sanzioni per l’annessione della Crimea in Russia e per sostenere la guerra in Ucraina.
Infatti, l’inviato sul clima Ruslan Edelgeriyev, ha segnalato che il problema delle sanzioni è cruciale. Pastukhova sottolinea che la banca statale russa VEB è responsabile di realizzare la tassonomia green russa (un sistema di classificazione per lo sviluppo sostenibile) ed è attualmente sotto sanzioni.
Impegni e scadenze
“Nessuna discussione sulla finanza green [della Russia] può evitare di dover revocare le sanzioni” almeno sulla parte “green” della finanza”, afferma.
È lo stesso per l’impegno globale per la riduzione del metano, che è destinato ad essere lanciato a Glasgow dall’UE e dagli USA. Anche se la Russia è uno degli stati responsabili di più emissioni di metano al mondo – soprattutto per la sua scricchiolante infrastruttura di oleodotti – ha già indicato che non parteciperà a tale impegno fino a quando i suoi settori di gas e petrolio non potranno avere accesso alla tecnologia e ai finanziamenti che attualmente le sono preclusi.
Per quanto riguarda il regolamento di Parigi, i termini di scadenza degli aggiornamenti dell’impegno per il clima sono cruciali. I paesi vulnerabili insistono che gli obiettivi siano esaminati ogni cinque anni a partire dal 2031, poiché sostengono che intervalli di tempo ridotti portino a una maggiore ambizione. Tuttavia, in occasione dell’ultima COP, tenutasi a Madrid nel 2019, la Russia ha optato per un intervallo di tempo di dieci anni, perché si adattava meglio alla propria pianificazione nazionale.
I delegati discuteranno inoltre il programma di compensazione del carbonio dell’ONU, il cosiddetto Meccanismo per lo Sviluppo Sostenibile. Ciò permette ai paesi di finanziare progetti di riduzione delle emissioni di gas serra in altri paesi, e poi rivendicare le emissioni risparmiate come parte dei loro sforzi per onorare gli impegni per il clima.
In questo frangente ci si aspetta che la Russia cerchi di monetizzare le sue vaste foreste. In una presentazione nel mese di ottobre, sembrava che il paese tentasse di estendere i periodi di credito per le attività forestali, nel tentativo di attirare investimenti privati nella gestione delle foreste. Fa inoltre pressioni per ottenere norme contabili permissive sul carbonio.
Infine, secondo Yablokov and Pastukhova, è improbabile che la Russia finanzierà le azioni per il clima dei paesi in via di sviluppo. Alok Sharma, presidente della COP26, ha definito “una priorità assoluta” i finanziamenti per il clima. Spera di poter conformare i paesi in via di sviluppo all’impegno del 2009 di dare ai paesi vulnerabili 100 miliardi di dollari all’anno per aiutarli ad adeguarsi alle ripercussioni del riscaldamento globale.
Ma in riferimento alle promesse che l’Occidente non ha mantenuto – come i finanziamenti per il clima – l’inviato russo per il clima Ruslan Edelgeriyev ha sottolineato recentemente che “la Russia non adotterà misure diseguali”.