Nel 2019, gli attivisti queer della Bosnia-Erzegovina (BiH) hanno organizzato a Sarajevo il primo Pride della storia del paese. L'evento è stato seguito dalla stampa internazionale ed è stato accolto positivamente da più parti per la sua importanza. La ricerca scientifica ha anche dimostrato il contributo del Pride nel migliorare l'opinione pubblica degli abitanti di Sarajevo nei confronti delle persone queer.
Tuttavia, la lotta per l'uguaglianza va ben oltre il coordinamento di parate dell'orgoglio a cadenza annuale e dotate di grande visibilità. Per non parlare dei cambiamenti radicali che il mondo ha subito a partire dal 2019, soprattutto a causa della pandemia di COVID-19. In che modo le persone e gli attivisti queer della Bosnia-Erzegovina hanno sfruttato il vento favorevole creato dal Pride del 2019, mentre affrontavano le nuove sfide causate dalla pandemia?
Dal Pride del 2019, gli attivisti queer sono stati testimoni di un contesto politico, giuridico e sociale in mutamento e hanno ottenuto alcuni risultati fondamentali. In un'intervista con l'autore, Dajana Bakić, direttrice esecutiva del Tuzla Open Centre (TOC), un'organizzazione di attivisti LGBTQI+ con sede in Bosnia-Erzegovina, ha sottolineato come il Pride costituisca lo “strumento più visibile utilizzato per puntare i riflettori sui problemi e le esigenze” della comunità queer. Tutto ciò, a sua volta, favorisce il cambiamento della percezione pubblica delle persone queer e della vera natura del Pride: una protesta per l'uguaglianza, i diritti e la libertà.
Gli attivisti queer sostengono che tale forma di visibilità sia stata più efficace nel mettere i diritti LGBTQI+ all'ordine del giorno della politica. In un'intervista con l'autore, Branko Ćulibrk, membro del comitato organizzativo del Pride della Bosnia-Erzegovina, ha dichiarato:
Violence and discrimination issues directed towards the LGBTI community and individuals are more and more often a topic of debate and we have seen an increase in reporting hate crimes. Moreover, from a normative standpoint, the pending Draft Law on Same-sex Partnerships in FB&H has become a hot topic, but also an Action Plan for LGBTQI+ equality at the state level is underway. These are all small steps that lead to a brighter future for this country, for all of us.
I problemi di violenza e discriminazione che colpiscono la comunità e gli individui LGBTI sono sempre più spesso oggetto di dibattito e abbiamo visto un aumento delle denunce di crimini d'odio. Inoltre, da un punto di vista normativo, il disegno di legge sulle unioni civili fra persone dello stesso sesso della Federazione di Bosnia ed Erzegovina è diventato un tema controverso, ma c'è anche un piano di azione per l'uguaglianza LGBTQI+ su cui si sta lavorando a livello statale. Sono piccoli passi verso un futuro migliore per questo paese, per tutti noi.
Bakić aggiunge che gli attivisti sono stati “inclusi in diverse discussioni di gruppi di lavoro sulle leggi relative alla libertà di riunione”, potendo così dare un contributo sostanziale ai processi di formazione di queste nuove leggi, in particolare nelle amministrazioni cantonali di Sarajevo e di Tuzla.
Da solo, il Pride non può generare cambiamenti istituzionali, ma gli attivisti possono utilizzare la visibilità e la sensibilizzazione del pubblico favorite dal Pride per far conoscere meglio le questioni queer, per farsi prendere sul serio dagli attori politici e per farsi includere nei processi di riforma. Come evidenziato da Bakić, “le vite non cambiano grazie a un solo Pride. Abbiamo ancora le stesse leggi. Subiremo ancora violenza e discriminazioni. Però la parata è stata di enorme aiuto nel cambiare la percezione dell'orgoglio [LGBTIQ+]. È anche sul piano giuridico che le cose hanno iniziato a mettersi un po’ in moto”.
Queste piccole vittorie sono importanti, ma sono state anche messe in pericolo dalla pandemia. Il disegno di legge sulle unioni civili fra persone dello stesso sesso, a cui si è fatto riferimento sopra, è stato preso in carico da un gruppo di lavoro interministeriale della Federazione di Bosnia ed Erzegovina costituito nel febbraio 2020. Questo è stato sicuramente uno sviluppo positivo. Darko Pandurević del Sarajevo Open Center (SOC) ha fatto notare che “il gruppo di lavoro è formato perlopiù da persone che hanno la volontà e l'apertura necessarie per fare il loro lavoro, che svolgono il loro compito in modo professionale e che non hanno nozioni o atteggiamenti preconcetti sulla materia. Queste persone hanno anche visto il Sarajevo Open Centre come un partner nell'intero processo, rassicurando così chi inizialmente aveva il timore che il lavoro in sé e il nostro coinvolgimento nel gruppo di lavoro sarebbero stati una battaglia contro i mulini a vento”.
Ma i progressi del gruppo di lavoro, che già procedevano a rilento, sono entrati in una fase di stallo nel resto dell'anno. In definitiva, nel 2020 si è tenuta un'unica riunione. Questi progressi così lenti non hanno dissuaso gli attivisti dall'intraprendere il percorso legislativo verso l'uguaglianza. Ad esempio, Pandurević ha anche sottolineato come il SOC abbia continuamente fatto uso di cause strategiche incardinate al fine di estendere i diritti queer per via giudiziaria.
Adattarsi alla pandemia
L'uso di cause strategiche in risposta alla lentezza dei progressi istituzionali è solo un esempio di come gli attivisti queer hanno affrontato le sfide al progresso in Bosnia-Erzegovina: cioè con creatività e spirito di adattamento. Questa mentalità è stata uno strumento fondamentale nella risposta alla pandemia di COVID-19. Ćulibrk ha dichiarato: “La nostra lotta non può fermarsi, malgrado le circostanze attuali, in cui siamo costretti a conquistarci spazi pubblici in modi nuovi e fantasiosi”. In altre parole, gli attivisti queer non si sono persi d'animo a causa della pandemia, ma questa, piuttosto, ha dato loro il coraggio di inventarsi modi originali per raggiungere i loro obiettivi.
Ćulibrk ha fornito vari esempi concreti del lavoro creativo compiuto dagli attivisti queer per promuovere la visibilità:
Although we were forced to cancel the Pride last year and it was not held in the form of a protest march, we were still present in public spaces, working on the [visibility of the] LGBTI community and other issues the entire time. This year we had several activities, and one of them was the celebration of May 9, Victory Day, where we, in cooperation with other organizations from BiH, held street actions in five cities throughout Bosnia and Herzegovina. Furthermore, we created the campaign ‘Behind Margin Walls’, which arose from the need to provide an open space for sharing LGBTI experiences in their day-to-day lives. Our goal is to enhance the visibility of the wide spectrum of experiences that the community is going through, to fight against the neglect and ignorance of those experiences. In short, to give a voice to those who go unheard by the general public.
Anche se l'anno scorso siamo stati costretti ad annullare il Pride, che non si è svolto sotto forma di marcia di protesta, siamo stati comunque presenti negli spazi pubblici, lavorando continuamente sulla [visibilità della] comunità LGBTI e su altre questioni. Quest'anno abbiamo avuto diverse attività e una di queste è stata la celebrazione del 9 maggio, la Giornata della vittoria, in cui, in cooperazione con altre organizzazioni della Bosnia-Erzegovina, abbiamo organizzato delle azioni di strada in cinque città di tutta la Bosnia e l'Erzegovina. Inoltre, abbiamo dato vita alla campagna ‘Behind Margin Walls’ (Dietro i muri dell'emarginazione), che è nata dal bisogno di mettere a disposizione uno spazio aperto per la condivisione di esperienze LGBTI nella vita quotidiana delle persone. Il nostro obiettivo è quello di aumentare la visibilità di un ampio spettro di esperienze che riguardano la comunità, di lottare contro l'indifferenza e l'ignoranza che colpiscono quelle esperienze. In breve, di dare una voce a coloro che non trovano ascolto presso il grande pubblico.
Gli attivisti hanno anche sviluppato nuovi modi per mettersi in contatto con la comunità queer della Bosnia-Erzegovina e per sostenerla direttamente. Bakić ha spiegato così l'approccio del TOC: “Abbiamo chiesto alle persone di scriverci storie, di inviarci foto, di condividere le loro preoccupazioni e di esprimersi su quello che stava succedendo loro durante la pandemia. Abbiamo anche dato vita a una pubblicazione che si concentrava sull'arte queer durante l'auto-isolamento e [abbiamo pubblicato un libro] di [varie] storie queer. Abbiamo elaborato un piccolo questionario rivolto alla comunità LGBTQI+ per capire i bisogni dei suoi membri. Avevano bisogno di soldi o di aiuto? Molte delle risposte che abbiamo ricevuto riguardavano la mancanza di socializzazione, perché di solito i nostri seminari e le nostre feste sono l'unico spazio sicuro per loro”.
Sostenere la comunità e costruire la solidarietà
La capacità delle organizzazioni di attivisti queer di fungere da spazi sicuri per la comunità queer in Bosnia-Erzegovina ha svolto un ruolo fondamentale nell'affrontare le nuove sfide che la pandemia ha messo in campo per le persone queer di tutto il mondo. In particolare, il distanziamento sociale e le chiusure hanno fatto sì che molte persone queer passassero più tempo in ambienti domestici potenzialmente ostili o intolleranti. Naturalmente, ciò può avere un grave impatto negativo sulla salute mentale delle persone queer. Tutto ciò ha reso il lavoro delle organizzazioni queer in Bosnia-Erzegovina ancora più importante, dato che il loro ruolo va al di là di quello che comunemente si associa alle organizzazioni di attivisti, come il sostegno politico e le campagne di sensibilizzazione del pubblico. La loro funzione di rete fondamentale di sostegno si manifesta non solo nella loro capacità di offrire servizi importanti, come la consulenza psicologica e l'educazione sessuale, ma anche nel fornire un luogo in cui le persone queer possono socializzare e trovare rifugio le une nelle altre.
Per esempio, quest'estate, il SOC e il TOC hanno organizzato “Kvirhana”, un festival di arte queer con film, esibizioni e spettacoli drag. Il festival ha incluso anche delle occasioni di socializzazione e di incontro per gli individui queer. In un'intervista con Radio Free Europe, la direttrice esecutiva del SOC, Emina Bosnjak, ha evidenziato che lo scopo di Kvirhana era di creare uno spazio in cui “le persone queer… [potessero] non solo essere ciò che realmente sono, ma anche celebrare le loro identità”.
Bakić riflette sul contesto dell'evento Kvirhana di quest'anno, chiarendo che “la differenza rispetto agli anni precedenti in cui avevamo organizzato l’International Queer Film Festival Merlinka (questo è stato il nostro settimo festival) sta nel fatto che la maggior parte dei partecipanti venivano dalla comunità LGBTI. Di solito, sono stati sostenitori e alleati [a partecipare], dal momento che le persone hanno paura di frequentare eventi pubblici, per timore di poter essere etichettate e per motivi di sicurezza. Finito il festival, le persone piangevano, perché si sentivano così felici e libere e accettate, e perciò essere in grado di fornire quel tipo di spazio e di sostegno e di cambiamento per le loro vite… è quella la nostra missione”.
Una donna queer intervistata dal Love Tales Project [Progetto Storie d'amore] del PCRC ha spiegato l'impatto della presenza di questi spazi nella sua vita. “A Sarajevo, ci sono l'associazione SOC e la fondazione CURE. Senza queste associazioni, non saremmo da nessuna parte. Resteremmo invisibili. È un gruppo piccolo. Li conosco tutti. Li frequento. Sono davvero grata che ci sia qualcuno che fa qualcosa per noi”, ha dichiarato.
Le sfide restano
Gli attivisti queer sono stati perseveranti durante la pandemia, sostenendo e intensificando i propri sforzi per ottenere maggiore visibilità, incoraggiare riforme politiche e legislative e migliorare il benessere dei bosniaci queer. Tuttavia, è importante non sottovalutare gli ostacoli di cui il loro lavoro continua a essere disseminato.
Innanzitutto, la pandemia ha dimostrato di essere un comodo strumento per le autorità che hanno cercato di imporre restrizioni all'attivismo queer. In passato, le autorità hanno impiegato una valanga di severe misure burocratiche, tra cui il fatto di obbligare le organizzazioni queer a farsi carico delle spese per costose barriere di sicurezza, come metodo per dissuaderle dal progettare eventi. A quanto pare, questa tendenza è proseguita con la pandemia. La Rete balcanica di giornalismo investigativo cita Mirza Halilcevic, organizzatore queer, il quale, in un seminario legato al Pride, ha dichiarato: “è sintomatico che, con la scusa dei problemi di sicurezza o relativi alla pandemia, siano vietati gli eventi associativi che hanno un prefisso LGBTQI+. Ciò riporta alla mente tutte le altre volte in cui, con delle scuse, abbiamo ricevuto un rifiuto per un motivo o per un altro. Quando ci si trova in una situazione che segue uno schema simile, in cui ci si è già visti vietare eventi associativi o respingere richieste, c'è bisogno di fare una ricerca più approfondita e di mettere in discussione i motivi: abbiamo rimandato la parata per una questione di sicurezza o si è trattato solo di un'altra di quelle sfide legate all'omofobia che dobbiamo superare? Penso che ci siano entrambi i fattori”.
In secondo luogo, una maggiore visibilità può essere una spada a doppio taglio. Anche se è necessario dare cittadinanza politica ai diritti LGBTQI+, la visibilità queer può provocare una reazione, soprattutto sotto forma di discorsi e reati d'odio. Il SOC ha rilevato che “dal primo Pride della Bosnia-Erzegovina del 2019… le minacce e le violenze negli spazi pubblici e/o online/sui social network sono triplicate”.
Infine, la forza dell'etnonazionalismo e la disfunzione politica radicata nelle istituzioni della Bosnia-Erzegovina costituiscono forse il maggiore ostacolo al progresso. Le narrazioni etnonazionalistiche dominanti hanno rappresentato [negativamente] la lotta per i diritti queer, che non coincidono con le identità corteggiate dalle élite politiche della Bosnia-Erzegovina nella ricerca di successi elettorali. Tuttavia, alcune ricerche indicano che forse gli sforzi degli attivisti stanno aprendo un varco attraverso queste narrazioni, almeno in parte. Malgrado ciò, sono soprattutto le istituzioni dello stato di diritto che spesso non riescono a prendere sul serio le violazioni dei diritti umani LGBTQI+. Come sostenuto da Ćulibrk, “c'è un'enorme responsabilità da parte delle istituzioni che non sono pronte a prendere una posizione pubblica e a dire che faranno tutto ciò che è in loro potere per tutelare le persone LGBTI dalla violenza, esortare alla cooperazione e denunciare i crimini d'odio”.
Una strada verso il futuro
Quando gli abbiamo chiesto che cosa bisognerebbe sapere sulla situazione del movimento LGBTQI+ in Bosnia-Erzegovina oggi, Ćulibrk ha sottolineato: “Il fatto che la lotta per i diritti LGBTI non è esclusiva, ma piuttosto inclusiva; siamo più che aperti e pronti a offrire sostegno a vari gruppi in tutti i casi di ingiustizia”. E ancora: “In questo senso, il Pride della Bosnia-Erzegovina è uno dei mezzi per creare una società libera e giusta in cui tutti i cittadini siano uguali. La comprensione e l'empatia sono componenti fondamentali per creare una società di questo tipo; anche quando non siamo d'accordo, dovremmo accettare il fatto che le differenze esistono e che le persone LGBTI hanno la stessa importanza di chiunque altro in questa società”.
Gli attivisti queer bosniaci hanno ottenuto un risultato notevole quando hanno organizzato il primo Pride nel 2019. Il secondo Pride si terrà in presenza il 14 agosto e si spera che ciò funga nuovamente da importante segnale di visibilità per le persone queer in Bosnia-Erzegovina.
È altrettanto importante riconoscere l'impegno e la determinazione che gli attivisti queer dimostrano ogni giorno. Anche se questo lavoro non è sempre facile da condensare in una notizia internazionale, è un ingrediente necessario per la costruzione di una società giusta in cui le persone queer possano non solo esistere pubblicamente, ma essere felici. Ogni nuova sfida ha stimolato le persone e gli attivisti queer della Bosnia-Erzegovina a sfruttare la propria creatività e ingegno per intensificare e amplificare i loro sforzi al fine di ottenere dei progressi.
L'esperienza della pandemia, in particolare, dimostra che, nonostante tutte le avversità, le persone e gli attivisti queer sanno dimostrare un'incredibile resilienza in Bosnia-Erzegovina. Con le parole di Bakić, “Noi siamo queer. Siamo orgogliosi. Le nostre vite sono difficili e ci sono delle sfide, ma abbiamo coraggio sufficiente siamo pronti a mettere in discussione il sistema e a lottare per le nostre libertà e i nostri diritti”.