Nomadi digitali: gentrificazione o spinta economica?

Scritto da Cristian Ascencio su Connectas, ripubblicato su Global Voices a seguito di un accordo tra i due media.

Nonostante la sede del suo lavoro sia a Città del Messico, Abril risiede da due anni a Cancún, di fronte ai Caraibi. Lì può andare in spiaggia quando vuole, spostarsi senza auto e avere persino il tempo di cucinare nel suo appartamento. Paradossalmente, lavorare dalla Riviera Maya, una delle mete turistiche più famose dell’America latina, le ha comportato più risparmi che spese. Oltre a una migliore qualità di vita. “Quando lavoravo in ufficio era uno stress continuo, avevo pochissimo tempo da dedicare a me stessa. Qui la vita è molto più tranquilla, non soffro per il traffico e conduco una vita più sana”, afferma.

Cancún, Medellín, Cuenca, Buenos Aires o la stessa Città del Messico sono diventate mete ricorrenti per i nomadi digitali, persone che lavorano online da una meta generalmente turistica approfittando dei prezzi migliori e dei molteplici vantaggi di questi posti [es, come tutti i link seguenti]:

Byte di una nomade digitale | Giorno 1 a Medellín (La città consacrata ai nomadi digitali in America latina) 29/maggio/2023 Trasferirsi in una nuova città comporta migliaia di cambiamenti tutti insieme senza rendersene conto…

Secondo Esteban Terán, del coworking Impaqto con uffici a Cuenca e Quito, in Ecuador, in media i nomadi digitali rimangono in un posto per tre mesi, prima di spostarsi verso un’altra meta. Trasportano i loro effetti personali in una valigia e in uno zaino, non hanno problemi a spendere soldi in turismo e divertimento, ma è sul cibo che ne approfittano per risparmiare. Terán, quindi, sostiene che sull’economia locale non hanno lo stesso impatto che hanno sul turismo. “Non è uno stile di vita adatto a tutti. Si informano molto prima di arrivare a una meta. Per quanto riguarda l’età, hanno sui 30, 40 anni, vale a dire hanno già un’esperienza lavorativa e di solito si occupano di informatica, finanza o design”, ha dichiarato a CONNECTAS.

A proposito dell’Ecuador, quest’anno con l’intento di attirare i nomadi digitali ha creato un visto speciale che consente la residenza legale fino a due anni. E non è il solo Paese ad averlo fatto: nel 2022  la Costa Rica ha adottato un visto che concede la residenza ai lavoratori da remoto che dimostrano di avere contratti con datori di lavoro stranieri. Chi è in possesso di questo visto può entrare e uscire dalla Costa Rica tutte le volte che lo desidera. E dal punto di vista fiscale, è esente dal pagamento di imposte, a patto che siano già state versate nel paese del datore di lavoro. Tuttavia, chi vuole accede a tale sistema dovrà percepire un reddito minimo di 3000 dollari al mese.

Anche Città del Messico e Medellín, in Colombia, stanno accogliendo un gran numero di professionisti ad alto reddito. Nel primo caso, Città del Messico ha firmato un accordo per il 2022 con la piattaforma Airbnb per favorire il turismo nelle aree più emarginate. Ma l’arrivo dei nomadi digitali sta portando anche tensioni, soprattutto a causa dell’aumento del costo della vita nei quartieri tipici.

Infatti a Città del Messico, alcune organizzazioni locali hanno accusato l’amministrazione della sindaca Claudia Sheinbaum di aver consegnato la città nelle mani delle piattaforme che consentono di affittare immobili, e ciò incrementa il fenomeno già esistente della gentrificazione, in cui i nuovi abitanti con risorse maggiori invadono zone storiche e tipiche e gli abitanti locali sono costretti ad andare via a causa dell’aumento dei costi, inclusi gli affitti e il cibo.

In seguito alle critiche, la Sheinbaum ha deciso di studiare cosa hanno fatto le altre città del mondo per mitigare questi impatti, anche se alcuni portavoce della sua amministrazione sostengono che le denunce sui social network siano più che altro aneddotiche e non supportate da cifre concrete. Nel frattempo stanno esaminando, tra le altre, il caso di Barcellona, in cui per limitare il fenomeno, gli host di Airbnb devono ottenere un permesso speciale per affittare, pena il pagamento di una multa.

Enrique Soto, docente presso la Facoltà di Architettura dell’Università Nazionale Autonoma del Messico, spiega che dal punto di vista positivo attirare il 5% del potenziale dei nomadi digitali nel mercato americano porterebbe 3,72 miliardi di dollari. Ma chiarisce che occorrono norme specifiche affinché gli abitanti originari non siano costretti ad andare via. “Si devono promuovere politiche pubbliche volte a ottenere parte di questo reddito dovuto all’aumento di valore delle proprietà, per poterlo reinvestire in migliorie delle infrastrutture urbane”, sostiene durante una conversazione con CONNECTAS.

Il governo di Città del Messico ha firmato un accordo con Airbnb per attirare un maggior numero di nomadi digitali in città, ma molti abitanti sono stati costretti ad andar via dalle loro case in affitto a causa della crescita di questa piattaforma.

Anche a Medellín si sta passando dall’ottimismo per la grande ondata di turisti e nomadi con alto potere d’acquisto alla preoccupazione per l’impatto sui prezzi.

Sandra Arboleda affitta il suo appartamento nella “città dell’ eterna primavera” tramite Airbnb. Stando ai suoi calcoli, il 30% delle persone che accoglie sono nomadi digitali, prevalentemente europei, ma ha ricevuto anche colombiani in cerca del clima e del divertimento di Medellín per lavorare da lì per un po’ di tempo.

“In genere la città offre loro ottime opportunità”, spiega Arboleda. Infatti, sulle pagine web in cui i nomadi cercano informazioni e si scambiano esperienze spicca Medellín. Sulla pagina Nomad List un nomade digitale ha scritto in inglese: “Se cercate un costo della vita basso, ragazze carine, un bel clima e feste a poco, Medellin è il posto che fa al caso vostro”. Su questo sito c’è una classifica delle migliori città sudamericane per loro: al primo posto c’è Città del Messico, al secondo Buenos Aires e al terzo Medellín, che è più bassa in classifica per la scarsa qualità di internet e per i problemi di sicurezza.

Secondo quanto dichiarato da María Bibiana Botero, amministratrice delegata del think tank Proantioquia, a Radio W “Se Medellin fosse un Paese, sarebbe il primo al mondo per percentuale di nomadi digitali (rispetto alla popolazione)”. I dati di Nomad List avvalorano questa idea; secondo il sito, Medellin riceve 6400 nomadi digitali mensili, molto vicino alle super popolate Città del Messico (7.400 mensili) e Barcellona (6.950 mensili).

Tuttavia l’ottimismo di Proantioquia è in contrasto con la preoccupazione di organizzazioni e attivisti civili. Persino il sindaco di questa città, Daniel Quintero, ha sottolineato il fenomeno tramite il suo account Twitter: “Le case a Medellín sono più costose a causa della riduzione della disoccupazione, che ha raggiunto una cifra, e per il fatto che sempre più giovani cercano l’indipendenza. Turismo e nomadi digitali: Medellín è la terza città al mondo da visitare”

Nei quartieri tipici come El Poblado a Medellín, storicamente della classe media o medio-alta, sono comparsi cartelli di protesta contro la gentrificazione. Ana María Valle, un’attivista che è contro il fenomeno, sostiene in un video su Twitter che “Airbnb sta divorando i prezzi degli affitti. Il tessuto sociale dei comuni come El Centro, El Poblado, Laureles e Belén sta scomparendo perché non ci sono più vicini con cui costruire un futuro”.

Cosa sta succedendo con la gentrificazione a Medellín? Occorre adottare provvedimenti con urgenza. Rivolgiamo un appello ai governi distrettuali e nazionali, ci stanno cacciando dalla città

Ana María Valle spiega che gli abitanti del posto non possono competere con i salari in dollari. “Perdiamo sempre più spazi: l’accesso ai ristoranti, gli spazi pubblici, beni e servizi di prima necessità, per esempio”. Secondo l’attivista occorre adottare provvedimenti con urgenza e cita l’esempio di Paesi come il Portogallo in cui è stato eliminato un tipo di visto che concedeva la residenza agli stranieri che acquistavano casa.

Ma che genere di provvedimenti possono adottare i governi nazionali e locali? È una domanda a cui è difficile rispondere per via del difficile equilibrio tra i benefici, soprattutto in termini di afflusso di valuta estera, e per i problemi, come la dispersione degli abitanti tipici e la conseguente perdita di identità, che è molto difficile da riacquisire.

Gli esperti sostengono che una delle soluzioni consiste nell'investire gran parte delle risorse che arrivano per conto dei nomadi in soluzioni abitative con un impatto sociale. Per Enrique Soto, questo porterebbe a una maggiore giustizia urbana, tenendo conto che molti dei quartieri che oggi hanno un valore altissimo lo hanno ottenuto grazie agli investimenti pubblici. In ogni caso, le soluzioni non possono tardare ancora, dato che il boom del lavoro a distanza, sia nazionale che internazionale, non sembra essere vicino alla fine.

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