Un grasso presente e durevole

L'autrice, la poetessa Shivanee Ramlochan, all'Emperor Valley Zoo di Port of Spain, Trinidad, nel 2015. Foto gentilmente concessa da Ramlochan, usata con licenza.

Le riflessioni della poetessa Shivanee Ramlochan, di Trinidad riguardo “Vagliatura, trebbiatura e prosperità del corpo” [en, come i link successivi, tranne diversa indicazione], opera di Sri Adi Sankaracharya (che paragona le operazioni agricole al processo di cura ed accettazione del proprio corpo n.d.t.) su ciò che significa cercare di far comprendere che amiamo tutto di noi stessi, sono state originariamente pubblicate sul suo blog, Novel Niche e ripubblicate qui con sua gentile licenza.

Porto con me molto più del semplice fatto del mio corpo. Qui sono all'Emperor Valley Zoo nel 2015. Questa foto è probabilmente stata scattata da uno dei miei fratelli con il mio cellulare. Ricordo bene come sia stata attirata dalla gabbia dei caracara [it]. Ricordo che ero li, in piedi, a pensare ad una perdita incommensurabile: la mia famiglia ed io avevamo appena completato il circuito del Queen’s Park Savannah nel contesto delle attività annuali di raccolta fondi per la Society for Inherited And Severe Blood Disorders” [società per le malattie ereditarie e gravi del sangue]. Pensavo agli uccelli ed ai piccoli di affezione scomparsi troppo presto, di come combattiamo, con le lacrime agli occhi, per preservare ciò che sta scomparendo. “Caracara,” una poesia che mi è molto cara, tanto da essere, ancora oggi e dopo tutti questi anni, più di impulso selvaggio che addomesticata, è nata qui, e si è ricavata un posto nelle pagine di “Everyone Knows I Am a Haunting.” (tutti sanno che sono ossessionante). Eppure. Oh, eppure.

Perché, quando ci ripenso, sento il peso del mio corpo come qualcosa che eccede quello che avrei voluto sostenere? Perché non può essere la poesia, anziché i chili, a presentarsi alla soglia della memoria?

Come molti di noi, i medici mi hanno detto che perdere peso è chiaramente legato ad una migliore, più attiva e più duratura qualità di vita. C'è un mare da esplorare in questo senso, interventi medici, sopravvivenza auto-militarizzante come forma estetica mascherata da cura, essere profondamente infelice per decenni nella mia pelle, diete, rivolte e tutto il resto.

Ma oggi non voglio parlarvi delle miserie del mio corpo. No. Voglio dirvi proprio il contrario.

Shivanee Ramlochan alla prima lettura della sua raccolta di poesie ‘Everyone Knows I Am a Haunting,’ nel 2017. Foto di Marlon James, gentilmente concessa da Ramlochan, usata con licenza.

Qui, nel 2017, sono alla prima lettura pubblica di “Haunting” da una copia che non è ancora nemmeno stata pubblicata. In questa foto di Marlon James, ricordo che sfolgoravo di gioia, nello spazio riservato alla mia comunità queer, nell'ambito di un festival per il quale ho lavorato, ed al quale mi sono dedicata, per oltre dieci anni. Eppure. Però.

Nel mio corpo tutto quello che posso ricordare è una gioia selvaggia. Perché la mia visione deve cercare di strappare la doratura, retroattivamente, fino a permettermi di vedere tutti i punti che cancellerei? È irritante. In tutta la vita, non penso di aver mai sentito di aver bisogno di occupare meno spazio, tranne che nel mio corpo. Il destino del mio corpo è stato quello di essere profondamente separato da mio essere anche nei momenti di maggior felicità, come quello che potete vedere qua.

Ho promesso che vi avrei raccontato tutto dell'altro lato della medaglia. Eccolo.

Durante una conversazione avuta non troppo tempo fa con @ mi@ compagn@  è sfuggito un refuso “un grasso presente e durevole” anziché “un fatto presente e durevole”. Senza pensarci, ho risposto scherzosamente: “un grasso presente e durevole – sono io!” La risposta, cari lettori, è stata l'esultanza. In quel momento mi è stato ricordato che ci sono persone sulla terra che amano ogni singola cellula di me, anche quelle che potremmo definire in eccesso.

Non so quale sarà la mia forma finale. Beh, la mia forma mortale finale sarà un barattolo di polvere di ossa sminuzzate, perché non voglio essere sepolta. Ma nel periodo intermedio?  Il mio destino sarà oscillare su di una scala, qualche chilo su, qualche chilo giù, per un'altra decina di anni? O diventerò smunta ed i miei zigomi sporgeranno di più sulla mia faccia? Troverò un modo per essere due volte più grossa ma tre volte più sana, sconfiggendo tutte le previsioni della medicina occidentale? Oggi mi ricordo di essere presente e durevole. La componente grassa è stata fondamentale per la mia sopravvivenza, ed io sono qua a dirvi: oggi, io sono maledettamente grata per il mio grasso.

So che sono volubile, caro il mio corpo. So che a volte il pendolo oscilla ed io ti accuso, puntando il dito su ogni rotolino, ogni grossolana protuberanza nella mia anatomia. So che capiterà di nuovo.

Ma oggi ringrazio la pancia tonda che mi ha avvolta e fatto attraversare momenti difficili. Le cosce che si sfregano ma che hanno salito scalini su scalini su scalini, trasportando bagagli e peso in eccesso con determinazione durante i viaggi più solitari, i cammini più duri o verso qualcos'altro. Il doppio mento grasso che tremolante mi ha protetta, presente alla base della mia faccia in così tante fotografie e video, mentre leggo i miei poemi in un essere difficile e sbalorditivo. Le dita grassocce che fanno male mentre scrivo a macchina ma lo fanno comunque finche la realtà dell'essere vivo non esplode, così selvaggiamente.

Grazie, caro corpo. Per la presenza. Per la resistenza. Si, cara rotondità, per il grasso.

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