Restare o andarsene? Il futuro dei residenti di Al-Waer in Siria è comunque incerto

Piazza Madinat al-Maared, distretto di Al-Waer nella città di Homs: un bambino tiene in mano un mazzo di fiori mentre si sporge da uno degli autobus utilizzati per trasferire i residenti di Al-Waer. Foto scattata il 27 marzo 2017. Fonte: Maher Al-Khaled/SyriaUntold.

La storia riportata di seguito è stata scritta per la rivista Syria Untold [en, come i link seguenti, salvo diversa indicazione] da Jood Mahbani, un giornalista e attivista della società civile di Homs, e tradotta da . Essa è stata originariamente pubblicata l'8 maggio 2017 e viene qui ripubblicata in due parti grazie ad un accordo di collaborazione. Di seguito la prima parte. La seconda parte è disponibile qui

“Idlib, Jarablus, o nelle campagne a nord di Homs?” 

Questo è la domanda che spesso ricorre tra i residenti siriani di Al-Waerd, il distretto a ovest di Homs, quando si scambiano informazioni sulle loro rispettive destinazioni. I ribelli e le loro famiglie stanno evacuando l'ultima roccaforte della città che, in seguito a un accordo [ar] negoziato con la Russia, è stata soprannominata “la capitale della rivoluzione“.

Dopo sei anni di guerra, scoppiata in seguito a un'insurrezione popolare contro il regime di Assad, il presidente siriano sta riconquistando il controllo dell'area con il sostegno sia della Russia sia dell'Iran.

Secondo l'accordo firmato il 13 marzo 2017 dalla delegazione del regime e dal Comitato di quartiere di Al-Waer, l'esodo avrà luogo suddividendo gli abitanti in gruppi di partenza e fin quando l'ultimo residente che intende lasciare il distretto non sarà partito, dopo di che la zona verrà consegnata alle forze di regime siriane.

Secondo Ibtisam Al-Masri, madre di quattro figli (per ragioni di sicurezza, i nomi dei protagonisti di questa storia sono stati sostituiti con dei pseudoni), poiché non sono state fornite garanzie sostanziali, molti residenti hanno deciso di avventurarsi verso direzioni “sconosciute” anziché aspettare “l'inevitabile.”

Ibtisam credeva che il distretto avrebbe avuto, nella migliore delle ipotesi, una sorte simile a quella riservata ad Aleppo Est. “Non lasceranno nulla, saccheggeranno ogni cosa” ha poi aggiunto prima di salire in uno degli autobus che avrebbero portato il quinto gruppo di esiliati a Jarablus. “Compiranno azioni di rappresaglia nei confronti di chi rimane, che è la ragione per cui parto…  non riuscirei proprio a guardarli mentre ci uccidono e saccheggiano le nostre case.”

I mezzi d'informazione dell'opposizione [ar] sottolineano che il distretto di Homs sta per assistere ad una fase di trasformazione demografica sistematica [ar] pianificata dal regime siriano, come è avvenuto, ad esempio, nelle città di Daraya e Al-Qusayr e ad Aleppo est, tutte precedentemente assediate e alla fine evacuate.

Tuttavia, la situazione ad Al-Waer è molto più incerta e complessa e non è ancora chiaro se il regime sia effettivamente disposto a evacuare tutti gli abitanti prima di schierare le proprie forze.

L'operazione di evacuazione del distretto di Al-Waer si contraddistingue in particolar modo per l'apertura dei punti di attraversamento che consentono ai proprietari immobiliari civili di entrare prima dell'arrivo delle forze del regime. Inoltre, nell'accordo è prevista, per chi fosse interessato, la possibilità di rimanere nel paese, diversamente da quanto è accaduto ad Aleppo est, ad esempio, dove i civili sono stati evacuati prima che le forze del regime entrassero nel territorio.

Malgrado ciò, la diffidenza degli abitanti verso l'appoggio della Russia, in qualità di unico garante dell'operazione, e la presenza di gruppi armati sciiti nei villaggi adiacenti ad Al-Waer (Zarzuriya, Hayek e Mazraa) hanno diffuso paura nel distretto. Sono circolate voci sulla presenza di militanti sciiti nel villaggio di Mazraa (che è confinante con al-Waer), i quali attenderebbero l'evacuazione dell'ultimo gruppo di ribelli prima di attaccare e perseguitare i civili rimasti nel distretto.

Di conseguenza, la popolazione civile è combattuta tra la triste prospettiva di essere sfollata e sradicata e la possibilità di rimanere in uno stato di incertezza, entrambe richiederanno una scelta infinitamente difficile.

‘Non voglio lasciare la mia casa, i miei effetti personali, i miei ricordi’

Hayyan Al-Siufi, un attivista della società civile di trent'anni, ha definito gli ultimi cinque anni trascorsi in zone sotto assedio come gli “anni di perdita”.

Hayyan ha descritto a SyriaUntold le dure condizioni affrontate durante i bombardamenti, l'assedio e gli attacchi che hanno causato la distruzione delle infrastrutture e ha ammesso il suo rammarico per non essere emigrato quando sono iniziati i conflitti armati in Siria. “Non so, per quale motivo non l'ho fatto?” ha aggiunto sconcertato. “Perché abbiamo pazientato? Per essere poi sfollati in questo modo ed essere costretti a lasciare le nostre case e i nostri cari?”.

Hayyan è solo uno dei migliaia di giovani di Al-Waer idonei all'arruolamento obbligatorio o in qualità di riservista che non sono andati all'estero e che hanno preferito rimanere nell'enclave controllato dai ribelli dal 2011. Essi speravano di essere esonerati dal servizio obbligatorio o dall'arruolamento come riservisti e che un giorno la guerra sarebbe terminata.

Tuttavia, poiché l'evacuazione del distretto si è concretizzata e sono rimaste solo poche settimane per concludere l'evacuazione dei gruppi, la maggior parte di essi ha deciso di registrare i loro nomi per poter lasciare il territorio. Si sono rifiutati di rimanere per il timore di dover affrontare la solita questione, ovvero quella legata al servizio militare obbligatorio nell'esercito di regime siriano

Inoltre, se gli uomini che hanno meno di 40 anni decidessero di lasciare rapidamente le aree controllate dall'opposizione, le decisione più difficili ricadrebbero sui familiari e sui parenti, i quali hanno diverse priorità, responsabilità, timori e aspirazioni.

Divise tra l'attaccamento alle proprie radici e la partenza dei figli, molte famiglie hanno cambiato idea più volte, tanto che alcune di loro hanno ritirato la domanda di registrazione, che permetteva loro di raggiungere la destinazione prescelta, per poi inoltrarla nuovamente più volte.

“Noi ci siamo iscritti al piano che prevede il passaggio per Idlib per poi partire subito per la Turchia. Abbiamo poi realizzato che la rotta dei traffici illeciti è particolarmente complessa e costosa, per cui abbiamo deciso di cambiare e dirigersi verso Jarablus” ha affermato Umm Rami per giustificare la sua presenza in uno dei centri di registrazione dove i gruppi di residenti chiedono di partire, nonostante il termine ultimo per la scelta di una destinazione sia scaduto.

Mentre gli inviati di SyriaUntold le parlavano, è emerso che Umm è un'impiegata del governo e che l'età del marito supera la soglia consentita per arruolarsi come riservista. Hanno comunque deciso di partire con i loro tre figli perché preoccupati per loro.

“Il più vecchio ha 26 anni ed è ricercato per il ruolo di riservista mentre il fratello di mezzo, che ha vent'anni, per il servizio militare obbligatorio. Il più giovane, invece, ha 15 anni e ciò significa che si sta avvicinando all'età richiesta per il servizio militare.”

Mettendosi le mani intorno al collo per alleviare l'agonia, Umm ha poi aggiunto con voce roca: “Mi sento terribilmente sopraffatta. Non voglio lasciare la mia casa, i miei effetti personali, i miei ricordi, ma non posso abbandonare i miei figli a questa età.”

Al centro di registrazione allestito per i trasferimenti dei residenti verso le diverse località assegnate (Idlib, Jarablus, le campagne a nord di Homs), le persone si scambiano consigli e condividono informazioni ottenute da chi, prima di loro, ha raggiunto una di quelle destinazioni.

Nei pressi del centro sono inoltre circolate alcune informazioni generiche che, prese come fatti scientificamente dimostrati, sono state ripetute a mo’ di mantra da più persone: “A Idlib gli affitti sono bassi”, “Il problema è che Idlib è una città pericolosa e a rischio di bombardamenti”, “Quelli che hanno scelto Idlib vogliono in realtà andare in Turchia attraverso la rotta dei traffici illeciti”, “Le forze del regime arresteranno tutti quelli che restano nelle vicinanze”, “Jarabulus è una città sicura, ma gli alloggi sono molto difficili da ottenere”, “Se vuoi vivere in una tenda, allora vai a Jarablus”, “Le campagne a nord dovranno presto affrontare la stessa sorte di Al-Waer”.

Umm Rami si allontana da un gruppo di rifugiate impegnate a parlare e se le lascia alle spalle; queste ultime riprendono la conversazione. Trascina i piedi con difficoltà, cercando di trattenere le lacrime, ormai prossime a traboccare. “Tutto questo è inutile” ha affermato ancora Umm. “Siamo sopraffatti dai dettagli e divaghiamo ipotizzando la migliore destinazione, Idlib o Jarablus… ma stiamo dimenticando una cosa importante: una o l'altra è lo stesso! Lasceremo comunque il nostro paese!”.

Leggi la seconda parte di questa storia: Ad Al-Waer, in Siria, l'incertezza dell'evacuazione pesa enormemente sui residenti.

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