Nota dell'editor: Questo articolo è stato scritto da Khalid Ibrahim [en, come tutti i link successivi, salvo diversa indicazione], direttore esecutivo del Gulf Center for Human Rights (GCHR), un'organizzazione indipendente e senza scopo di lucro che promuove la libertà di espressione, di associazione e di riunione pacifica nella regione MENA.
Mentre il mondo continua a preoccuparsi per le ripercussioni della COVID-19, il Sultanato dell'Oman ha approvato un nuovo decreto che aumenta ulteriormente il controllo delle autorità su internet. Questo renderà ancora più difficile per i critici e i dissidenti trasmettere informazioni importanti senza esporsi a ulteriori rischi.
Il 10 giugno, il Sultano Haitham bin Tarik ha emanato il decreto n. 64 del 2020 con il quale istituisce il Cyber Defence Centre (Centro per la difesa digitale), come divisione che segue l'Internal Security Service (Servizio di sicurezza interna) (ISS), noto [it] per la sua continua soppressione delle libertà pubbliche, compresa la libertà di espressione su internet. Il 14 giugno, la Gazzetta Ufficiale n. 1345, contenente 11 articoli, ha reso noto il modus operandi di questo centro.
Il sistema del Cyber Defence Centre conferisce il controllo assoluto all'ISS sulle reti di comunicazione e sui sistemi di informazione del Paese. Di fatti, il decreto rende l'ISS il capo del Cyber Defence Centre.
Inoltre, il decreto conferisce al Cyber Defence Centre l'autorità di importare hardware e software avanzati che bloccano i siti web o monitorano attentamente internet. Il centro non ha solo l'autorità di monitorare qualsiasi rete telematica del paese, ma può addirittura isolarla “allo scopo di fronteggiare qualunque rischio o minaccia che possano mettere in pericolo il sistema di sicurezza nazionale o l'economia del Sultanato, o ancora i rapporti regionali e internazionali.”
A livello pratico, questo nuovo decreto ha il pieno controllo dei dispositivi e dati di tutte le istituzioni e gruppi di società, e potrebbe usare questo suo potere per fornire prove e informazioni sugli attivisti di internet che esprimono le loro opinioni contro il governo su questioni di interesse pubblico. Ciò può portare a minacciare e imprigionare gli attivisti di internet e, se necessario, a usare la magistratura contro di loro.
In Oman, vi sono diverse leggi vaghe e ampie, ai sensi delle quali, esprimere dissenso e criticare le autorità o i governanti del paese è un crimine.
Ad esempio, l'articolo 17 della legge sulla criminalità informatica impone una pena detentiva compresa tra un mese e tre anni contro i responsabili dell'utilizzo delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione per la distribuzione di materiali che “potrebbero compromettere o violare l'etica pubblica”. Invece, l'articolo 19 punisce con la stessa pena detentiva i responsabili della distribuzione e del possesso di contenuti che “potrebbero compromettere l'ordine pubblico o i valori religiosi”.
Il 19 luglio, la Divisione Speciale dell'ISS ha convocato l'attivista di internet Ghazi Al-Awlaki in una stazione di polizia del governo di Dhofar, in seguito alle sue attività pacifiche sui social media. È stato trattenuto fino al 7 settembre, senza poter consultare un avvocato o la sua famiglia.
Il sistema del Cyber Defence Centre rappresenta un chiaro tentativo di legalizzazione dei modelli repressivi dell'Oman. Questo pericoloso sviluppo, che viola i diritti digitali di tutti i cittadini, compresi gli attivisti di internet dell'Oman, è passato inosservato e non ha ricevuto alcuna attenzione da parte dei vari organi di stampa.
Il governo dell'Oman dovrebbe revocare immediatamente il decreto che istituisce il sistema del Cyber Defence Centre, al fine di preservare lo spazio aperto che consente ai cittadini di esercitare il loro legittimo diritto alla libertà di espressione su internet. Le autorità devono porre fine a tutte le forme di repressione contro le altre opinioni su Internet e offline.
Il compito di preservare Internet e di renderlo uno strumento che contribuisca a costruire un futuro prospero per tutti i cittadini deve essere affidato a un gruppo di accademici ed esperti tecnologi indipendenti in collaborazione con il Ministero della Tecnologia e delle Comunicazioni e altri organi civili specializzati nella governance di internet, in modo che la missione dei servizi di sicurezza si limiti ad affrontare solo questioni di natura criminale.