In Turchia l'ente religioso di Stato afferma che le donne non possono viaggiare da sole

Immagine di Jason Blackeye. Utilizzo gratuito con Unsplash license.

In un'emissione televisiva, Diyanet TV, Zeki Sayar, Consigliere alla Presidenza degli Affari Religiosi, ha affermato [tr] in maniera controversa “a meno che le donne non siano accompagnate dai loro figli o mariti, è inappropriato che viaggino da sole per una distanza che sia maggiore ai 90km.” Seguendo la fatwa, non è la prima volta che l'organismo religioso statale turco si scaglia esplicitamente contro le donne e le loro libertà. Nel passato, l'organismo ha criticato [en, come tutti i link successivi, salvo diversa indicazione]  le donne per il loro aspetto esteriore, le ha incoraggiate ad accettare la violenza domestica, e ha dichiarato che i ragazzi e le ragazze che raggiungono la pubertà sono idonei al matrimonio. Il direttore dell'istituto, Ali Erbaş, ha incolpato omosessuali e adulteri per la pandemia COVID-19 e ha sorvolato sulla mancata adozione di misure di sicurezza  da parte dello Stato all'inizio della pandemia.

L'ascesa di Diyanet

Il Direttorio degli Affari Religiosi, o Diyanet, è il principale organismo religioso della Turchia, responsabile del coordinamento della maggior parte delle attività religiose per i musulmani del Paese — inclusi, tra gli altri compiti: la supervisione delle moschee gestite dallo Stato, la nominazione degli imam, la diffusione dei sermoni settimanali prima delle preghiere del venerdì a mezzogiorno, l'offerta di corsi di Corano e l'organizzazione di viaggi di pellegrinaggio alla Mecca.

Fondato nel 1924, il ruolo del Diyanet nel Paese è cresciuto significativamente nel corso degli anni, soprattutto sotto la guida del Partito per la Giustizia e lo Sviluppo. Oltre a disporre di un ampio budget, Diyanet è riuscito a sfumare i confini tra Stato e religione. Nel settembre 2021, Erbaş ha presenziato alla cerimonia di apertura di un nuovo complesso giudiziario e ha accompagnato il presidente Recep Tayyip Erdoğan in un viaggio a New York, dove ha benedetto un nuovo edificio che ospiterà i diplomatici turchi. Nel 2021 Erbaş ha suggerito che l'uso dei social media da parte dei cittadini dovrebbe essere controllato per allinearsi ai valori islamici.

La Fondazione Diyanet supervisiona Diyanet TV, il canale televisivo del direttorio, e un'università islamica. Secondo il sito web [tur] della fondazione:

Established with the aim of supporting the activities of the Presidency of Religious Affairs, distributing religious services to wider masses and raising the generation that will take part in religious services, Turkey Diyanet Foundation has 1,003 branches in our country and a wide range of activities from education to culture, from social and charitable services to religious services and international aid activities in 149 countries of the world. It has become a large civil society movement working in one area.

Fondata con l'obiettivo di sostenere le attività della Presidenza degli Affari Religiosi, distribuire i servizi religiosi a masse più ampie e far crescere la generazione che parteciperà ai servizi religiosi, la Fondazione Turkey Diyanet ha 1.003 filiali nel nostro Paese e un'ampia gamma di attività che vanno dall'istruzione alla cultura, dai servizi sociali e caritatevoli ai servizi religiosi e alle attività di aiuto internazionale in 149 Paesi del mondo. È diventata un grande movimento della società civile che opera in un unico settore.

Attacchi alle donne

Nel corso degli anni, i rappresentanti di Diyanet hanno preso di mira le donne per il loro aspetto, condividendo i “do's” e i “dont's” (cosa Fare e Non fare) della femminilità e denigrando pubblicamente le donne.

Nel 2008 in un articolo pubblicato sul sito web del direttorio, una serie di “raccomandazioni” delineavano il comportamento che le donne dovrebbero avere o meno. Le donne “devono essere più attente, poiché possiedono stimolatori; [le donne] devono coprirsi adeguatamente per non mostrare i loro ornamenti e le loro figure agli estranei; [le donne] devono parlare in modo da non destare sospetti nel cuore di qualcuno e con una serietà e una dignità tali da non lasciare che l'interlocutore le fraintenda”. L'articolo, intitolato “Vita sessuale”, incoraggiava inoltre le coppie non sposate a non farsi vedere insieme in pubblico; le donne dovevano evitare di lavorare in posti di lavoro misti e sosteneva che fosse “immorale” per le donne indossare profumi fuori casa.

Nel corso degli anni, le critiche nei confronti delle donne hanno raggiunto un nuovo livello. L'anno scorso, un membro del consiglio superiore del direttorio ha affermato che è inaccettabile che le donne indossino pantaloni stretti in pubblico. In un altro esempio, un imam di Ankara si è lamentato del fatto che le donne sembrerebbero “carne da macello” mentre camminano per strada. Un altro funzionario della Diyanet ha invitato padri, fratelli e mariti a consigliare e guidare le loro donne a coprirsi. “È necessaria una posizione musulmana. (Le donne) hanno iniziato a scoprire il proprio corpo, a violare i limiti e a commettere haram. Un musulmano non lo farebbe”, ha riferito il funzionario.

Nel 2020, in una serie di fatwa [tr], l'ufficio del mufti di Diyanet ha consigliato alle donne che temevano violenze in casa di consultarsi con gli anziani e di parlare dolcemente con i mariti davanti a un tè. Nel 2019 İhsan Şenocak, il fondatore del Centro di ricerca scientifica e intellettuale (IFAM), un'associazione religiosa turca, ha tenuto un sermone in cui avrebbe detto [tr]: “Le figlie, le mogli, che indossano i pantaloni, vanno all'università e si fanno le sopracciglia, finiranno all'inferno”. Şenocak ha anche criticato la nazionale turca di pallavolo femminile per la sua presenza alle Olimpiadi di Tokyo del 2021.

Ma non è solo Diyanet a criticare apertamente le donne. Lo stesso Erdoğan ha fatto molte dichiarazioni controverse negli ultimi anni, tra cui l'affermazione che uomini e donne non sono uguali, che le donne devono essere madri e che le famiglie devono avere un minimo di tre figli, mentre il partito al governo ha proposto di limitare il diritto all'aborto, la pillola del giorno dopo e il parto cesareo. Nel 2012, l'allora primo ministro Erdoğan ha equiparato l'aborto all'omicidio. E sebbene l'interruzione di gravidanza sia ancora legale in Turchia fino alla 10° settimana di gravidanza e fino alla 20° in caso di rischio medico, trovare ospedali che eseguano la procedura è diventato praticamente impossibile.

Nel 2014 Erdoğan ha accusato le femministe di non capire la maternità. Parlando a un vertice a Istanbul, avrebbe detto: “Alcune persone possono capire questo, mentre altre no. Non si può spiegare questo alle femministe perché non accettano il concetto di maternità”. Ha anche detto che l'uguaglianza di genere è “contro la natura umana [tr]” e che le donne che lavorano sono “incomplete“.

Nel 2021, la Turchia si è ufficialmente ritirata dalla Convenzione di Istanbul, un trattato sui diritti umani giuridicamente vincolante del Consiglio d'Europa che impegna a prevenire, perseguire ed eliminare la violenza domestica e a promuovere la parità di genere.

La recente fatwa del direttorio sulle restrizioni ai viaggi ha suscitato notevoli critiche. Il giornalista Bulent Mumay ha scritto su Twitter [tr] che la nuova restrizione non sembra impedire alla moglie di Erbaş di viaggiare attraverso la Turchia non accompagnata dal marito. Lo scrittore Yilmaz Özdil ha criticato la mancanza di conoscenze generali della direzione, scrivendo [tr]: “Fino a 200 anni fa, il concetto di metri non esisteva nemmeno. Quest'uomo fa risalire il chilometro [distanza] all'inizio dell'Islam!”. L'autore ha anche fatto riferimento a donne turche di spicco, dal primo pilota da corsa del Paese nel 1932 ai primi piloti, ingegneri, alpinisti e astrofisici. Eppure, scrive l'autore, nonostante siamo nel 2023, “i confini di Diyanet sono limitati a 90 chilometri”. Altri hanno paragonato [tr] questo tipo di mentalità a quella dei Talebani. Nel 2021, i Talebani dell'Afghanistan hanno vietato alle donne di percorrere da sole una distanza non superiore ai 72 chilometri.

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