La campagna per la liberazione del fondatore australiano di WikiLeaks, Julian Assange, e per bloccare la richiesta di estradizione da parte degli Stati Uniti si sta surriscaldando su diversi fronti. A livello giudiziario, si prevede che i ricorsi inizieranno a inizio 2023 presso l’Alta Corte di Giustizia britannica [en, come tutti i link successivi, salvo diversa indicazione] e la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU).
Assange presentò WikiLeaks nel 2006 come una piattaforma su cui condividere fughe di notizie e materiali classificati provenienti da fonti anonime. Attirò su di sé le ire del governo statunitense nel 2010, quando pubblicò migliaia di documenti sensibili ricevuti dalla whistleblower ed ex analista dell'intelligence dell’esercito americano, Chelsea Manning. I documenti contenevano informazioni sugli attacchi aerei di Baghdad [it], sulle guerre in Iraq e Afghanistan e sui telegrammi riservati circolati fra funzionari statunitensi e ambasciate in tutto il mondo.
Più di recente, WikiLeaks ha pubblicato delle email che mostravano come il Comitato Nazionale Democratico statunitense favorisse l’allora candidata Hilary Clinton rispetto al suo concorrente Bernie Sanders, a poche settimane dalle elezioni del 2016. E poi, nel 2017, WikiLeaks ha pubblicato altri documenti che descrivevano in dettaglio le tattiche di sorveglianza elettronica e di guerra informatica della CIA.
Le fughe di notizie non lo resero benvoluto fra i funzionari statunitensi. Nel 2010, il governo statunitense iniziò a indagare su WikiLeaks ed emise delle richieste di estradizione per il suo fondatore. Ogni ulteriore fuga di notizie ha reso i funzionari di volta in volta più determinati a mettere il fondatore di WikiLeaks in stato di fermo.
Nel giugno 2012 gli fu concesso l’asilo in Ecuador come prigioniero politico, che gli è stato tuttavia ritirato nell’aprile 2019. Da allora è detenuto nella prigione di Belmarsh a Londra, in attesa delle sentenze dei tribunali sulla propria estradizione.
Ad alimentare le speranze di una risoluzione politica sono state le dichiarazioni del primo ministro australiano, Anthony Albanese, risalenti al novembre 2022. Queste hanno fatto seguito a un’interrogazione della deputata indipendente, Monique Ryan, durante il question time, la fase dedicata alle interrogazioni nel parlamento australiano:
Did you see the breaking news on #JulianAssange?
Yesterday I asked Prime Minister Albanese @AlboMP when he would intervene for Mr Assange's freedom, and he gave an astonishing response: for the first time, he has lobbied President Biden for Mr Assange's release. pic.twitter.com/SYvKC1VO4o
— Dr Monique Ryan MP (@Mon4Kooyong) December 1, 2022
Avete visto la notizia dell'ultima ora su Julian Assange?
Ieri ho chiesto al Primo Ministro Albanese quando sarebbe intervenuto per la liberazione di Assange e ha dato una risposta scioccante: per la prima volta ha fatto pressione sul Presidente Biden per il rilascio del Sig. Assange.
Albanese ha rivelato di essere intervenuto presso il governo degli Stati Uniti cercando di “far sì che la questione si concluda”.
Il premier ha giustamente messo a confronto l'instancabile caccia di Assange da parte del governo statunitense col trattamento [it] riservato alla sua collaboratrice di un tempo, Chelsea Manning. Manning ha scontato sette anni di carcere fin quando la sua pena non è stata commutata dall’allora presidente, Barack Obama. Il paragone è stato notato e discusso sui social media. Il tweet dell’ex ministro degli Esteri laburista, Bob Carr, ha suscitato reazioni positive:
Reassuring PM Albanese has raised Assange with US. But it will take follow-up, even a firm tone. Good that he uses the killer argument: the commutation given to Chelsea Manning – same case but the Yank walks free, the Aussie pursued https://t.co/Q4uGEE0k6m
— Bob Carr (@bobjcarr) November 30, 2022
Confortante che il Premier Albanese abbia sollevato la questione Assange con gli Stati Uniti. Ma ci vorrà un seguito, anche un tono deciso. Bene che usi l'argomento bomba: la commutazione data a Chelsea Manning: stesso caso, ma lo Yankee è libero, l'Australiano perseguito.
Orange, sostenitore di Assange e membro della community Universedon di Mastodon, ha pubblicato un post con le dichiarazioni fatte in parlamento dal premier, che ha sollecitato il raggiungimento di una conclusione:
Il premier australiano ha finalmente discusso di Assange (in parlamento) e, pur prendendo le distanze dalle azioni più che motivate di Julian, ha detto di aver aver sollevato la questione con i rappresentanti dell'amministrazione statunitense.
Molti sui social media hanno accolto con favore la pubblicazione di una lettera aperta di sostegno firmata da cinque giornali tradizionali. The Guardian, The New York Times, Le Monde, Der Spiegel e El País avevano pubblicato estratti dei documenti del “Cablegate” dodici anni prima. Tuttavia, sono state fatte delle critiche sulla quantità di tempo impiegata da questi media per esporsi:
That’s great news but the fact its taken 12 years speaks to how low journalism has sunk in standing up to power.
— Daisy_B (@DaisyB_77) November 28, 2022
È un'ottima notizia, ma il fatto che ci siano voluti 12 anni è una dimostrazione di quanto il giornalismo sia caduto in basso nell'opposizione al potere.
Altri su Mastodon si sono uniti a questa critica ai media per il silenzio mantenuto fino a questo punto. Roberto Risoli ha condiviso un link a una traduzione italiana della lettera:
Alcune delle principali testate giornalistiche del mondo, dopo aver collaborato con Assange e Wikileaks in scoop storici, dopo anni di silenzio finalmente chiedono giustizia (Ma non si arrischiano nemmeno a chiamarlo “giornalista”)
Traduzione italiana:
Sono stati rivolti degli apprezzamenti online al presidente del Brasile, Lula da Silva, che si è unito ad altri leader latino-americani, come quelli di Colombia, Argentina e Messico, nel chiedere che si metta fine all’azione penale contro Assange. Un attivista anonimo per Assange, Ghosty, ha ringraziato il giornalista Kristinn Hrafnsson, caporedattore di WikiLeaks, che aveva incontrato Lula:
Thank you 👌@khrafnsson 🙏🥰 and thank you also to the president-elect of Brazil Lula da Silva Julian Assange is a real hero that everyone should support instead of languishing in a high security prison where he risks his life for doing justice. The fight continues#FreeAssange pic.twitter.com/9NnqWJ6x4g
— Ghosty #freeJulianAssange 🎗 (@ele2broissia) December 2, 2022
Grazie K. Hrafnsson e grazie anche al presidente del Brasile, Lula da Silva. Julian Assange è un vero eroe che dovrebbe avere il supporto di tutti invece che languire in una prigione di massima sicurezza dove rischia la vita per aver fatto giustizia. La lotta continua.
Ci sono numerosi gruppi Facebook a sostegno di Julian Assange, con un numero di membri che varia dalle decine di migliaia a una sola manciata. Il gruppo Free Julian Assange ne conta più di 33.600 e pubblica regolarmente aggiornamenti sulle proteste locali che si verificano in tutto il mondo.
Nel frattempo, una petizione su change.org, che ha raccolto quasi tre quarti di milione di firme, ha aggiornato la propria pagina web includendo i commenti del Premier Albanese.
Sul “sito degli uccelli”, come molti utenti di Mastodon chiamano Twitter, il nuovo boss, Elon Musk, ha avviato un sondaggio sulla questione:
Over 3 million anonymously responded to a Twitter poll by Elon Musk on whether Snowden and Assange should be pardoned — users from anywhere around the world. And the result was 80 percent in favor of pardons.
That makes sense. The US government has faced global pushback. pic.twitter.com/xHO4obHWoy
— Kevin Gosztola (@kgosztola) December 5, 2022
Più di 3 milioni hanno risposto anonimamente al sondaggio di Elon Musk se Snowden e Assange debbano essere assolti, utenti da ogni parte del mondo. E il risultato è stato dell'80% in favore delle assoluzioni.
Ha senso. Il governo statunitense ha fatto i conti con la resistenza mondiale.
Il tweet di Musk riflette un crescente senso di urgenza per la campagna:
Julian Assange potrebbe essere estradato negli Stati Uniti nel giro di poche settimane, ha avvertito il caporedattore Kristinn Hrafnsson. Ha detto al giornalista Glenn Greenwald che per Assange stava “scadendo il tempo” e che a Londra le vie legali per sfidare una sua illegale estradizione stavano per esaurirsi: “là non avrà mai un processo equo”.