Shimaa Samy ci racconta le sfide dell'essere giornalista in Egitto oggi: l'intervista

La giornalista Shimaa Samy. Immagine di proprietà di Samy e utilizzata con autorizzazione.

Il 20 maggio 2020 il sole iniziava a tramontare e la famiglia di Shimaa Samy si preparava per l'iftar del Ramadan, quando una massiccia forza di sicurezza è piombata davanti alla loro porta di casa, ad Alessandria. I belligeranti agenti di sicurezza, vestiti in abiti civili, sembravano pronti a sgominare una formidabile e sinistra operazione terroristica. Tuttavia, Shimaa Sami non era né un terrorista né un criminale. Anzi, rappresentava una minaccia ben più grave: era una giornalista.

Il viaggio di Shimaa verso la detenzione preventiva è iniziato presto, con le accuse infondate spesso utilizzate dalle autorità egiziane [en, come tutti i link successivi, salvo diversa indicazione] per colpire attivisti, giornalisti ed esponenti dell'opposizione, ovvero l'adesione a gruppi terroristici e la diffusione di notizie false. In realtà, la sua vera accusa era quella di collaborare con l’Arab Network for Human Rights Information, una ONG legale che si occupa di difendere la libertà di espressione in Egitto, in particolare la libertà di stampa, oltre alle sue attività giornalistiche indipendenti sui social media e sui giornali indipendenti. Purtroppo, l'ONG ha chiuso i battenti.

Nonostante l'assenza di prove a sostegno delle accuse mosse contro di lei, Shimaa ha trascorso 16 mesi nel sistema carcerario egiziano. Durante questo periodo, è stata detenuta in condizioni dure, rinchiusa in celle buie che mancavano di condizioni di vita basilari come la ventilazione, servizi medici adeguati e libertà di movimento. È stata anche sottoposta a campi di sparizione forzata e a isolamento, nonostante la mancanza di qualsiasi giustificazione per tale trattamento.

La triste realtà della libertà di stampa in Egitto

La storia di Shimaa non è unica: l'Egitto è al 168° posto su 180 paesi per la libertà di stampa, nel 2022 Reporters Without Borders (RSF) lo ha definito “una delle più grandi prigioni del mondo per i giornalisti”. Il giro di vite del governo sui media è aumentato negli ultimi 5 anni e almeno 51 giornalisti sono stati incarcerati dal 2018, per lo più con accuse di fake news e di gruppi terroristici.

Le autorità egiziane continuano a soffocare lo spazio civico e a reprimere il dissenso pacifico, con oltre 600 siti web di notizie e diritti umani ancora bloccati, secondo un rapporto di Amnesty International del 2022. Il numero di prigionieri politici in Egitto ha raggiunto l'allarmante cifra di 60.000, tra cui giornalisti, attivisti, difensori dei diritti umani e oppositori politici.

Nel marzo 2023, il Comitato per i Diritti Umani delle Nazioni Unite Unite ha evidenziato come le autorità abbiano fatto ricorso alla detenzione arbitraria e all'uso della carcerazione preventiva per penalizzare giornalisti, difensori dei diritti umani e oppositori politici. Inoltre, il Rapporto Mondiale di Human Rights Watch del 2023 ha riportato le condizioni disumane delle carceri e dei centri di detenzione egiziani, dove i detenuti sono sottoposti a torture e confessioni forzate.

In occasione della Giornata Mondiale della Libertà di Stampa, Shimaa Samy ha parlato con Global Voices su Signal per fare luce sulla situazione della libertà di stampa in Egitto.

Mariam A (MA): Come descriverebbe lo stato della libertà di stampa in Egitto nell'ultimo anno? E poi, ci sono stati cambiamenti dovuti all'attenzione della comunità internazionale per i diritti umani, la libertà di stampa e i prigionieri politici dopo il vertice della COP27 tenutosi in Egitto?

Shima Samy (SS): The first answer the comes to mind is “I don't see any journalism.” Maybe it's a habit I've developed to turn tragedy into laughter to overcome bitterness. But let me be more optimistic and say that after it had completely lived on life support, it is now in intensive care, and there is a possibility that it will survive just as much as there is a possibility that it will die.

Attivisti in solidarietà con i prigionieri politici egiziani durante la COP27 a Sharm il sheikh, novembre 2022. Screenshot da un video dell'Independent [AN: si prega di linkare il video]. Uso lecito.

Is the possibility of its survival linked to the Egyptian regime's recent efforts before COP27 or since Biden's inauguration as US president? Maybe it has been a little affected, meaning we can't deny that some journalists have been released from detention, which undoubtedly brought the pulse back, and there have been some meetings with representatives of the state in which promises were made. However, I think the main reason is the resilience of journalists. They continue to work, write, and publish, clinging to their right to free speech after 10 years of killings, torture, detention, economic threats, and displacement. 

La prima risposta che mi viene in mente è: “Non vedo nessun giornalismo”. Forse è un'abitudine che ho sviluppato quella di trasformare la tragedia in risate per superare l'amarezza. Ma permettetemi di essere più ottimista e di dire che dopo aver vissuto completamente in terapia intensiva, ora c'è la possibilità che sopravviva così come c'è la possibilità che muoia. La possibilità di sopravvivenza è legata ai recenti sforzi del regime egiziano prima della COP27 o dopo l'insediamento di Biden alla presidenza degli Stati Uniti? Forse ne ha risentito un po’, nel senso che non possiamo negare che alcuni giornalisti sono stati rilasciati dalla detenzione, il che ha indubbiamente ridato slancio, e ci sono stati alcuni incontri con rappresentanti dello Stato in cui sono state fatte delle promesse. Tuttavia, credo che la ragione principale sia la resilienza dei giornalisti. Continuano a lavorare, scrivere e pubblicare, aggrappandosi al loro diritto alla libertà di parola dopo 10 anni di uccisioni, torture, detenzioni, minacce economiche e sfollamenti.

MA: Come persona che ha subito il carcere a causa del suo lavoro di giornalista, sono curiosa di sapere come questa esperienza ha influenzato il suo approccio al giornalismo e la sua visione della libertà di stampa in Egitto.

SS: The beauty and curse of journalism in Egypt is that it can lead you to peril, but, any significant experience, no matter how harsh, can make you purer and see deeper. The more difficult the experience, the more it can increase your ability to analyze and describe. My experience of being imprisoned as a journalist created sources for me and visions to address topics that I hadn't considered before.

Even though I regained my freedom a year and a half ago, the situation has unfortunately not improved much. People still need to tread cautiously to fully grasp what is happening. The question that remains unanswered is whether there is a real breakthrough or if there is a hidden agenda behind the scenes. The machinery of oppression is still in place, and arrests are still commonplace. Therefore, I still cannot say clearly how the experience has had an impact on my work.

La bellezza e la maledizione del giornalismo in Egitto è che può condurvi al pericolo, ma ogni esperienza significativa, per quanto dura, può rendervi più puri e vedere più in profondità. Più l'esperienza è difficile, più può aumentare la capacità di analisi e di descrizione. L'esperienza della prigionia come giornalista mi ha creato fonti e visioni per affrontare argomenti che non avevo considerato prima. Anche se ho riacquistato la libertà un anno e mezzo fa, la situazione purtroppo non è migliorata molto. Le persone devono ancora muoversi con cautela per comprendere appieno ciò che sta accadendo. La domanda che rimane senza risposta è se ci sia una vera svolta o se ci sia un'agenda nascosta dietro le quinte. La macchina dell'oppressione è ancora in funzione e gli arresti sono ancora frequenti. Pertanto, non posso ancora dire con chiarezza come questa esperienza abbia avuto un impatto sul mio lavoro.

MA: Quali sono le sfide specifiche che i giornalisti in Egitto devono affrontare quando cercano di coprire argomenti sensibili o controversi, e come sono cambiate negli ultimi anni?

SS: The challenges for journalists in Egypt are numerous, diverse, and interconnected. Journalists find themselves facing society, traditions, religious authority, and, if they go beyond all of that, they face the law.

The laws in Egypt prohibit the discussion of many topics, and journalists fear being charged with blasphemy, incitement, spreading false news, destabilizing the country. Additionally, the subtle charge of protecting family values is often used as a pretext to suppress freedom of expression.

I'm sorry to be negative and say that things have changed for the worse. The law has gone from bad to worse, and above all, it is those who enforce it. In the end, we cannot deny that the culture of Egyptian society as a whole has suffered greatly from the years of closure that we have experienced. 

 

Le sfide per i giornalisti in Egitto sono numerose, diverse e interconnesse. I giornalisti si trovano ad affrontare la società, le tradizioni, l'autorità religiosa e, se vanno oltre, la legge. Le leggi egiziane vietano la discussione di molti argomenti e i giornalisti temono di essere accusati di blasfemia, istigazione, diffusione di notizie false, destabilizzazione del paese. Inoltre, la sottile accusa di proteggere i valori della famiglia è spesso usata come pretesto per reprimere la libertà di espressione. Mi dispiace essere negativa e dire che le cose sono cambiate in peggio. La legge è andata di male in peggio e, soprattutto, sono coloro che la fanno rispettare. Alla fine, non possiamo negare che la cultura della società egiziana nel suo complesso abbia sofferto molto degli anni di chiusura che abbiamo vissuto.

MA: Nonostante il suo pessimismo, vede un potenziale miglioramento della libertà di stampa, soprattutto alla luce dei recenti cambiamenti nel Sindacato dei Giornalisti?

Il giornalista dissidente Khaled Al Balshy. Screenshot di un video di Rasd network. Uso lecito.

SS: Khaled Al-Balshi's victory as the head of the Journalists Syndicate can be likened to the “kiss of life” for Egyptian journalism. Excuse my use of the cliché. It is a much-needed cure for a profession that was previously on life support, as I mentioned at the beginning of the interview. 

 Al-Balshi's track record speaks for itself, as he is known to support freedoms, champion new faces and young pens, and embrace diverse forms of journalism.

There was a palpable sense of fear among the old guard at the syndicate upon his victory, they wanted to reassure their supporters that they still had a presence. 

Nonetheless, Al-Balshi's triumph marks a significant step towards the change that we have been striving for, where freedom and its pens can flourish and have a meaningful impact. It is time for the fortress of freedoms that once modeled itself after police stations during the previous era, to play a vital role in protecting the profession rather than controlling it.

I am cautiously optimistic about the future, given the complexity of the situation and the strong, often violent confrontations involved. Regrettably, there are individuals determined to turn this into a battle for survival, be it within the syndicate, the profession, or the broader political and social system that freedoms represent.

La vittoria di Khaled Al-Balshi alla guida del Sindacato dei Giornalisti può essere paragonata al “bacio della vita” per il giornalismo egiziano. Scusate l'uso del cliché. È una cura assolutamente necessaria per una professione che prima era in attesa di vita, come ho detto all'inizio dell'intervista. Il curriculum di Al-Balshi parla da sé: è noto per il suo sostegno alle libertà, per la promozione di nuovi volti e giovani penne e per l'abbraccio di forme diverse di giornalismo. Al momento della sua vittoria, la vecchia guardia del sindacato ha avvertito un palpabile senso di paura e ha voluto rassicurare i propri sostenitori sulla propria presenza. Ciononostante, il trionfo di Al-Balshi segna un passo significativo verso il cambiamento per cui abbiamo lottato, dove la libertà e le sue penne possono fiorire e avere un impatto significativo. È tempo che la fortezza delle libertà, che un tempo si modellava sulle stazioni di polizia dell'epoca precedente, svolga un ruolo vitale nel proteggere la professione anziché controllarla. Sono cautamente ottimista per il futuro, data la complessità della situazione e i forti scontri, spesso violenti, che ne derivano. Purtroppo, ci sono individui determinati a trasformare questa situazione in una battaglia per la sopravvivenza, sia all'interno del sindacato, sia nella professione, sia nel più ampio sistema politico e sociale che le libertà rappresentano.

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