I detenuti iraniani affrontano nuove violazioni della loro privacy e campagne pubbliche diffamatorie

La prigione di Evin di Teheran è famosa per ospitare prigionieri detenuti illegalmente, interrogati a volte sotto tortura. Immagine da Flickr: Sabzphoto, CC BY-SA 2.0.

Una versione di questo post è stata scritta da Mahsa Alimardani per ARTICLE19 [en, come i link seguenti] e viene ripubblicata qui grazie ad un accordo per la condivisione dei contenuti.

Immagina di stare per imbarcarti su un volo di ritorno a casa con tua figlia, quando vieni catturato e sequestrato da un gruppo delle famigerate guardie della rivoluzionarione iraniane. Ti trattengono senza accusa e ti mettono in cella di isolamento.

Sopraffatto dalla paura, più di ogni altra cosa vorresti essere rilasciato per ricongiungerti con la tua famiglia. Sei disposto a fare qualsiasi cosa che pensi possa aiutarti a breve termine. Sotto la pressione delle autorità, consegni le password per l'accesso agli account di posta elettronica personali.

Subito dopo, i tuoi contratti di lavoro, documenti finanziari e persino le foto di famiglia vengono utilizzati in una campagna diffamatoria contro di te.

Questa era la situazione di Nazanin Zaghari-Ratcliffe, che viveva a Londra al momento del suo arresto. Nazanin possiede la doppia cittadinanza britannica e iraniana e lavora nel campo della beneficienza, ed è anche stata project manager per la Thomson Reuters Foundation. Era andata in Iran per fare visita alla famiglia, quando lei e la sua giovane figlia vennero arrestate nell'aprile del 2016. La figlia resta sotto la custodia dei suoi nonni materni, anche loro in Iran, mentre sua madre si trova in prigione. 

Nonostante il fatto che persecuzione e arresti ingiusti non sono una novità in Iran, ci sono nuovi segnali di violazione delle dovute procedure in cui le persone sono detenute e perseguite, e nel modo in cui vengono sequestrati i loro dispositivi elettronici e violato il loro diritto alla privacy.

La preoccupazione su questi temi è cresciuta anche nel caso dell'ambientalista e accademico canadese-iraniano Kavous Seyed-Emami , un altro doppio cittadino arrestato nel gennaio 2018 e morto in custodia nella prigione di Evin, il 9 febbraio 2018.

Come nel caso di Zaghari-Ratcliffe, le emittenti nazionali iraniane hanno pubblicato informazioni personali, e-mail e foto confiscate a Seyed-Emami dalle autorità, per accusarlo di essere un agente straniero.

Le campagne diffamatorie basate su documenti digitali e fisici confiscati come quelli realizzati contro Zaghari-Ratcliffe e Seyed-Emami sono rare. Ma le confische di documenti personali non lo sono; e mentre non sono normalmente utilizzati per scopi mediatici, sono spesso usati dalle autorità per perseguire ulteriormente i detenuti o altri individui. ARTICLE 19 aveva già documentato questa tendenza nel suo rapporto “Computer Crimes” del 2015, in cui le autorità utilizzavano metodi di intimidazione per estrarre informazioni dai detenuti.

Questi casi testimoniano la presenza di un sistema giudiziario che consente violazioni palesi delle proprie leggi, procede con interrogatori illegali che rasentano la tortura e viola i diritti fondamentali alla privacy.

ARTICLE 19 ha chiesto all'Iran di porre fine a queste misure, di rilasciare prigionieri come Zaghari-Ratcliffe e condurre un'indagine completa sulla morte di Seyed-Emami, altresì di restituire il passaporto e permettere a sua moglie, Maryam Mombeini, di lasciare l'Iran.

Nazanin Zaghari-Ratcliffe

Il 7 dicembre 2017, Press TV, che è una filiale in lingua inglese dell'IRIB iraniana, ha pubblicato un documentario sul presunto lavoro di Nazanin Zaghari-Ratcliffe per incoraggiare la “sedizione” in Iran.

Mandato in onda alla vigilia di un nuovo processo creato improvvisamente per perseguire Zaghari-Ratcliffe una seconda volta, questo documentario in inglese e in persiano sembra confermare che i funzionari di sicurezza iraniani abbiano estratto fatture e contratti dalle sue e-mail.

Nel documentario, le autorità hanno travisato questi come stipendi mensili pagati dalla BBC nel tentativo di diffamarla. Non era stato un segreto né per Zaghari-Ratcliffe né per la BBC che lei lavorava per il BBC World Service Trust (ora BBC Media Action) in qualità di “assistente alla formazione”, un ruolo “junior e puramente amministrativo” su programmi progettati per addestrare i giornalisti iraniani, dal febbraio 2009 all'ottobre 2010. Le foto che mostrano Zaghari-Ratcliffe senza il velo sono state diffuse per denunciarla come agente dell'Occidente nei media iraniani, prima della sua apparizione in tribunale. Questa falsa propaganda è stata creata per bloccare le iniziative per la sua liberazione e giustificare le violazioni che ha subito durante la sua detenzione.

Quello che segue è un estratto della narrazione documentaria della Press TV:

Iran’s information apparatus was studying the Zaghari case before her arrest. […] A security organisation in Iran has given PressTV documents contrary to claims that she is just a mother in Iran. The said evidence shows she was a recruiter for BBC Persian service, targeting youngsters dissatisfied with the Iranian ruling body…

L'apparato informativo iraniano stava studiando il caso Zaghari prima del suo arresto. […] Un'organizzazione di sicurezza in Iran ha dato a PressTV documenti contrari alla pretesa di essere solo una madre in Iran. Le suddette prove dimostrano che lei era una reclutatrice del servizio persiano della BBC, che si rivolgeva ai giovani insoddisfatti del gruppo dirigente iraniano…

Immagine: immagine di Press TV dei documenti che sostiene di aver acquisito tramite le agenzie di sicurezza.

Kavous Seyed-Emami

Kavous Seyed-Emami, professore di sociologia e ambientalista presso la Persian Wildlife Heritage Foundation, è stato arrestato nel gennaio 2018 in mezzo a quello che il procuratore di Teheran qualifica come arresti di persone che avevano raccolto informazioni classificate con il pretesto di “progetti scientifici e ambientali”. La morte di Emami, il 9 febbraio 2018, è stata una tra tante morti sospette di detenuti. Il procuratore di Teheran Abbas Jafari-Dolatabadi ha affermato senza prove che si è suicidato in una dichiarazione all'agenzia stampa dell'ILNA :

He was one of the defendants in a spying case and unfortunately he committed suicide in prison since he knew that many had made confessions against him and because of his own confessions.

Fu uno degli imputati in un caso di spionaggio e sfortunatamente si è suicidato in prigione, poiché sapeva che molti persone avevano fatto confessioni contro di lui e a causa delle sue stesse confessioni.

Secondo la famiglia Seyed-Emami e gli avvocati che li rappresentano, non c'è stato alcun rapporto medico per verificare la causa della sua morte. Le autorità hanno negato alla famiglia un'autopsia indipendente.

Nel frattempo, la Repubblica Islamica dell'Iran Broadcasting Corporation (IRIB) ha trasmesso un documentario basato su prove che sembrano essere state estratte dai dispositivi di Seyed-Emami, account online e incursioni fisiche nella casa della sua famiglia, comprese foto di famiglia private e comunicazioni irrilevanti con gli amici e contatti.

Nel documentario è stata usata una email tra Seyed-Emami e un amico statunitense per concludere che Seyed-Emami aveva legami con enti dell'intelligence USA, senza prove a sostegno.

Foto: Lo show delle 20:30 di IRIB mostra un documentario che denigrava Seyed-Emami, producendo una corrispondenza apparentemente insignificante tra lui e un contatto chiamato “David” come prova del ruolo di Seyed-Emami come spia straniera.

Privacy, processi equi e legalità degli interrogatori

Questi due casi sottolineano tendenze profondamente preoccupanti per la protezione dei diritti umani e delle libertà fondamentali in Iran, in particolare la presunzione di innocenza, il diritto ad un processo giusto ed equo, cosi come il diritto alla privacy, riconosciuti dagli obblighi internazionali in materia di diritti umani.

La prontezza della magistratura iraniana e dell'IRIB ad accettare false storie di “spionaggio” e prove estratte da comunicazioni private e dispositivi di detenuti, mina la legalità in base alla quale si ottengono e si utilizzano le prove.

Inoltre, anche le disposizioni del Codice penale iraniano e della Legge sui reati informatici per quanto riguarda i diritti del Pubblico Ministero di acccedere ai dati personali degli imputati, violano gli standard internazionali sulla privacy.

La Convenzione internazionale sui diritti civili e politici, ratificata dall'Iran, stabilisce che “nessuno può essere soggetto a interferenze arbitrarie o illegittime con la sua privacy, famiglia, casa o corrispondenza, né ad attacchi illeciti al suo onore e alla sua reputazione. Dichiara inoltre che “tutti hanno il diritto alla protezione della legge contro tali interferenze o attacchi”.

Il Codice penale iraniano prevede i conti e i dati elettronici che possono essere sequestrati nell’articolo 104, con una disposizione analoga ai sensi dell'articolo 48 della Legge sui reati informatici. Sebbene l'articolo 103 del codice penale stabilisca che solo i documenti relativi al crimine possono essere sequestrati, questo non era chiaramente il caso di Zaghari-Ratcliffe. L'accusa ha avuto accesso a tutti i suoi dati personali e privati ​​per elaborare le sue vaghe e ampie accuse.

La detenzione illegale e il maltrattamento di Zaghari-Ratcliffe e Seyed-Emami, e la forzata estorsione delle loro informazioni attraverso interrogatori illegali, violano ulteriormente il diritto internazionale.

Secondo la sua famiglia, Zaghari-Ratcliffe è stata detenuta senza accuse all'aeroporto, portata nella provincia di Kerman, messa in isolamento e senza assistenza legale quando i suoi account sono stati perquisiti e sequestrati.

Ciò contraddice la tutela da parte dell'Iran delle procedure penali contenute nel codice penale ai sensi degli articoli 12 e 13 . Inoltre, il caso contro Zaghari-Ratcliffe, costruito su lunghi interrogatori estenuanti, è anche illegale ai sensi del Codice penale iraniano (articolo 106) che stabilisce che a qualsiasi confessione “presa sotto coercizione, forza, tortura o abusi fisici o mentali, non deve essere dato alcun valore e validità e il tribunale è obbligato a interrogare nuovamente l'accusato “.

Le procedure legali dell'Iran per l'accesso ai dispositivi e ai conti di questi due prigionieri rimangono poco chiare. Ma le prove utilizzate nelle narrative dei media e nelle sentenze contro Zaghari-Ratcliffe e Seyed-Emami dimostrano che le azioni delle agenzie di intelligence iraniane, in particolare le guardie della rivoluzione, hanno dettato le procedure in questi casi, in contrasto con le leggi e I regolamenti penali.

È più importante che mai che le autorità iraniane riconoscano le protezioni previste dalle leggi nazionali e gli obblighi internazionali di cui fanno parte, e interrompano l'uso generico delle preoccupazioni di “sicurezza nazionale” per colpire individui e rivendicare potere.

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