Gli ambientalisti iraniani temono la pena di morte dopo oltre un anno di carcere

Poster della campagna che mostra gli attivisti ambientalisti: Taher Ghadirian, Niloufar Bayani, Amirhossein Khaleghi, Houman Jokar, Sam Rajabi, Sepideh Kashani, Morad Tahbaz e Abdolreza Kouhpayeh. Campagna #anyhopefornature.

Una versione di questo articolo è stata originariamente pubblicata da ARTICLE 19 [en, come i link seguenti, salva diversa indicazione], un'organizzazione che si batte per la libertà di espressione, e viene qui ripubblicata in virtù di un accordo sulla condivisione di contenuti.

Otto attivisti ambientali iraniani sono in carcere da oltre un anno dopo essere stati arrestati e accusati di “spionaggio” e di “diffondere la corruzione sulla Terra”. Sono stati finalmente processati il 30 gennaio del 2019.

In base al codice penale iraniano, l'accusa di corruzione potrebbe comportare anche la pena di morte.

Gli otto attivisti – Niloufar Bayani, Sam Radjabi, Houman Jowkar, Taher Ghadirian, Morad Tahbaz, Sepideh Kashani, Amir Hossein Khaleghi e Abdolreza Kouhpayeh – lavoravano tutti per la Fondazione per la conservazione del patrimonio faunistico (PWHF),  con sede a Teheran, e sono stati arrestati nel gennaio del 2018, insieme a Kavous Seyed-Emami, il direttore generale di PWHF. Seyed-Emani è deceduto l'8 febbraio del 2018 [it] mentre era in custodia nel carcere di Evin. Nonostante le autorità giudiziarie affermino che Seyede-Emani si sia suicidato, sia la comunità iraniana che quella internazionale hanno chiesto un'indagine indipendente sulla sua morte, che non è ancora stata avviata.

L'accusa del governo si basa principalmente sul lavoro fatto dal gruppo per proteggere il ghepardo asiatico, un gatto selvatico nativo dell'Iran orientale a rischio di estinzione. La maggior parte dei membri del gruppo aveva studiato all'estero, principalmente in Canada e negli Stati Uniti, ed ha contatti con altri gruppi di esperti ambientalisti internazionali, alcuni dei quali hanno visitato l'Iran nel tentativo di acquisire maggiori informazioni su questo felino e possibilmente tentare di preservare la specie. I funzionari iraniani si sono appigliati ai contatti degli imputati con università straniere e li hanno usati per giustificare l'accusa che gli attivisti fossero agenti segreti stranieri che si fingevano esperti ambientalisti.

Tutti gli imputati sono stati inizialmente accusati di “spionaggio” e arrestati in attesa di giudizio. Il 24 ottobre del 2018, il PM di Teheran, Jafari Dowlatabadi ha però fatto sapere [fa] che gli imputati erano in realtà accusati di aver “diffuso la corruzione sulla Terra”, un reato che in Iran è punibile con la morte.

La pubblica accusa ha messo in piedi il caso contro il gruppo basandosi su una confessione estorta con la forza a uno degli attivisti, poi ritrattata.

Il 30 gennaio e il 2 febbraio del 2019, gli otto ambientalisti sono stati processati dalla 15esima sezione del Tribunale rivoluzionario, presieduto dal giudice Salavati, noto per le sue sentenze sproporzionate e oppressive nei confronti dei difensori dei diritti umani. Secondo Center for Human Rights in Iran (CHRI), durante il processo sarebbero state lette solo metà delle 300 pagine dell'atto di accusa, che erano tutte basate sulle confessioni di uno degli otto imputati, Niloufar Bayani. Bayani ha interrotto la corte più volte per obiettare, affermando che le confessioni erano state ottenute con la coercizione, erano false e erano state ritrattate.

Sono state anche mosse altre accuse serie e preoccupanti sui processi, incluso il fatto che i processi siano stati tenuti a porte chiuse, che gli imputati non abbiano avuto il diritto di scegliere i propri avvocati e che non tutti gli avvocati difensori nominati dalle autorità giudiziarie fossero presenti in tribunale.

Gli imputati affermano di essere stati tenuti per mesi in celle di isolamento e sottoposti a torture psicologiche. Sono infatti stati minacciati di morte, di somministrazione di droghe allucinogene e terrorizzati dalla minaccia che venissero arrestati e condannati a morte i loro familiari.

Il trattamento a cui gli imputati sono stati sottoposti ha violato il loro diritto alla vita, alla libertà di espressione e a un giudizio equo in base alle procedure prevista dalla legge. Tutto ciò riflette la tendenza del paese ad avvalersi delle accuse di spionaggio per mettere a tacere chiunque parli di problematiche ambientali.

ARTICLE 19 e altre organizzazioni per la difesa dei diritti umani hanno richiesto il loro rilascio incondizionato e che venga immediatamente effettuata una indagine approfondita e imparziale sulle accuse di torture e maltrattamenti.

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