Gli attivisti asiatici boicottano “Mulan” contro la propaganda nazionalista cinese, la censura e la brutalità della polizia

Un particolare di un'immagine di Badiucao. Uso autorizzato.

Gli attivisti di numerosi Paesi asiatici stanno invocando il boicottaggio del film “Mulan” [en, come tutti i link successivi, salvo diversa indicazione], distribuito dalla Disney il 4 settembre, dopo che l'attrice protagonista della produzione, Liu Yifei [it], ha espresso pubblicamente il proprio sostegno all'azione repressiva della polizia contro i manifestanti di Hong Kong.

“Mulan”, l'ultima uscita della Disney, è un adattamento di “La ballata di Mulan”, una storia del folklore cinese nella quale Hua Mulan, un'antica eroina cinese del 386-534 d.C., si traveste da uomo per risparmiare al padre malato la coscrizione nell'esercito.

L'uscita del film, una versione live action del film di animazione distribuito dalla Disney nel 1998, era inizialmente prevista per marzo 2020, ma è stata rimandata a causa dell'epidemia globale di COVID-19. Il film è stato rilasciato sulla piattaforma di streaming Disney+ il 4 settembre, mentre la sua uscita nelle sale è prevista nelle aree non attualmente colpite dalla pandemia.

Gli attivisti pro-democratici di Hong Kong hanno invocato pubblicamente il boicottaggio, facendo schizzare, il 5 settembre, l'hashtag #BoycottMulan (“Boicottiamo Mulan”) in cima alle classifiche dei trend di Hong Kong su Twitter. Il boicottaggio si è propagato velocemente anche ad altri Paesi asiatici, tra cui Taiwan e Thailandia, membri della nuova alleanza pro-democrazia Milk Tea Alliance, una rete regionale di netizen che si prefigge di contrastare i troll cinesi e i commentatori nazionalisti sui social media.

Il famoso attivista e politico di Hong Kong Joshua Wong [it] è stato tra i primi a invocare il boicottaggio:

Gli hongkonghesi disapprovano la sostenitrice della polizia @yifei_cc e @DonnieYenCT, che ha impersonato un uomo di colore. Ecco perché invitiamo gli amanti della libertà di tutto il mondo a #BoicottareMulan.

L'attrice protagonista di “Mulan”, Liu Yifei [it], è nata in Cina, ma è emigrata negli Stati Uniti nel 1997, all'età di dieci anni. Tornata in Cina nel 2002, ha iniziato a recitare nelle fiction della televisione locale.

Al culmine delle proteste contro l'estradizione in Cina a Hong Kong dell'anno scorso, Liu ha condiviso sulla piattaforma del social media Weibo un'immagine pubblicata dal Quotidiano del Popolo, un giornale finanziato dallo Stato cinese. L'immagine, postata il 14 agosto 2019, conteneva le frasi: “Sostengo la polizia di Hong Kong, potete anche picchiarmi ora. Che vergogna per Hong Kong”. Gli attivisti di Hong Kong ritengono che l'immagine faccia parte di una campagna di propaganda volta a dipingere i manifestanti come autori di atti violenti, in vista della repressione che sarebbe seguita.

Screenshot del post su Weibo di Liu Yifei.

Da quando il Presidente cinese Xi Jinping ha fatto della lotta ideologica una priorità nel programma politico del Partito Comunista Cinese (PCC) nel 2012, oltre a imporre una severa censura su tutti i mezzi di comunicazione, le celebrità sono state spinte a diffondere messaggi patriottici e a fare propaganda sui social media. Partecipare alla propaganda dello Stato cinese è diventato comune per gli attori (cinesi e non) che sperano in una carriera di successo nell'ampio e redditizio panorama dell'intrattenimento.

Anche l'altro attore protagonista di “Mulan”, Donnie Yen [it], ha condiviso un'immagine pro-Pechino sui social media. Come fa notare l'attivista avvocato Kevin Yam su Twitter:

Donnie Yen è peggio di Liu Yifei. Almeno si può dire che Liu ha trascorso anni dietro il Great Firewall dopo aver fatto ritorno in Cina dall'America per la sua carriera. La carriera di Donnie Yen, invece, ha tratto beneficio dal fatto che si trovasse in una città che apprezzava la libertà artistica.

In Thailandia, lo studente attivista Netiwit Chotiphatphaisal ha invitato i netizen thailandesi a unirsi alla campagna #BoycottMulan:

“Vorrei invitare tutti voi a #BoicottareMulan, #AbolireMulan, così che la Disney e il governo cinese si rendano conto che la violenza perpetrata dallo Stato sul popolo è inaccettabile”.

Un invito al boicottaggio postato da una comunità di appassionati di cinema a Taichung, in Taiwan, il 4 settembre, è stato condiviso [zh] oltre 7500 volte. L'hashtag #BoycottMulan è rimasto in cima ai trending topic di Taiwan per tutto il weekend del 5 settembre.

L'hashtag #BoycottMulan diventa trending topic durante la premiere del film.

Badiucao, un fumettista satirico attualmente residente in Australia, ha colto l'occasione per esortare le multinazionali a smetterla di sostenere la censura e il controllo ideologico cinese in cambio dell'accesso al mercato:

#BoicottateMulan
se sostenete i diritti umani universali,
se odiate la brutalità della polizia,
se credete che artisti, attori/attrici e aziende dovrebbero avere responsabilità sociali,
se rispettate gli asiatici e vi rifiutate di vederci come un mercato dalle uova d'oro e come pedine.

Boicottate #Mulan.

Negli ultimi anni, multinazionali quali Apple, Disney, HSBC, per citarne alcune, sono state aspramente criticate per aver ceduto all'irragionevole censura e alle richieste avanzate dal governo cinese di dimostrare lealtà politica. Come rileva JS, un editore di Lausan, un giornale online che esplora i movimenti sociali nelle regioni in cui si parla cinese, le norme del governo cinese non solo pregiudicano il valore dei diritti umani nei settori civici e commerciali, ma contribuiscono anche a far sì che la Cina reinventi e promuova un nazionalismo etnico Han-centrico [it] sul mercato globale:

#BoicottareMulan sembra un gesto semplice, ma in realtà è una cosa radicale. Quello che stiamo boicottando è la commercializzazione occidentale (Disney) del nazionalismo cinese/la supremazia Han, indice di quanto intricati e complessi siano davvero gli interessi del capitale globale.

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