La sentenza definitiva contro il criminale di guerra Ratko Mladić genera sollievo e negazionismo, ma non chiusure

Ratko Mladić, ex comandante dell'esercito serbo-bosniaco, a processo davanti al Tribunale penale internazionale per l'ex Jugoslavia (ICTY) nel maggio 2014. Photo by the ICTY, CC BY 2.0.

La scorsa settimana è arrivata la sentenza di condanna definitiva [en, come tutti i link successivi, salvo diversa indicazione] del caso contro Ratko Mladić, il capo di stato maggiore dell’Esercito della Republika Srpska (VRS) [it] – le truppe ribelli serbo-bosniache. I bosniaci hanno accettato la decisione, sottolineando però come molte delle vittime di Mladić non siano ancora state ritrovate né abbiano ricevuto una degna sepoltura. In Serbia e nella Republika Srpska la chiusura del caso ha provocato un'allarmante impennata di negazionismo, che le amministrazioni populiste non si sono preoccupate di arginare.

Mladić è stato incriminato per la prima volta dal Tribunale penale internazionale per l'ex Jugoslavia (ICTY) nel luglio 1995, meno di due settimane dopo che le truppe al suo comando avevano portato a termine la peggiore carneficina di massa su suolo europeo dalla Seconda guerra mondiale, in seguito alla caduta dell’“area protetta” ONU di Srebrenica [it].

Il generale Mladić era ufficialmente latitante dal 1996 ma, ciò nonostante, ha ricevuto protezione sia dall'esercito e dai servizi di sicurezza serbo-bosniaci che dall'esercito e dai servizi di sicurezza dell'allora Jugoslavia.

Mladić è stato in grado di muoversi abbastanza liberamente nonché di condurre una vita normale in Serbia, almeno prima della caduta di Slobodan Milošević, ricoprendo un ruolo importante all'interno delle basi militari, come quella di Topčider alla periferia di Belgrado.

Il 31 maggio 2011 Mladić è stato finalmente estradato al Tribunale penale internazionale per l'ex Jugoslavia perché venisse processato per i crimini commessi in Bosnia ed Erzegovina.

Nel novembre 2017 è stato giudicato colpevole per 10 degli 11 capi d'accusa iniziali: genocidio di Srebrenica, sterminio della popolazione non serba, omicidio, persecuzione e deportazione di civili non serbi in tutta la Bosnia ed Erzegovina, attacchi illegali contro i civili e terrorismo, assedio di Sarajevo condotto dal VRS nonché cattura di ostaggi – compreso il personale dell'ONU in Bosnia ed Erzegovina.

L'ICTY ha ufficialmente cessato di esistere nel dicembre 2017 e le sue funzioni rimanenti, inclusa la supervisione dell'esecuzione delle sentenze e l'esame dei procedimenti d'appello, sono oggi sotto la giurisdizione del suo successore, il Meccanismo residuale internazionale per i tribunali penali (IRMCT).

L'8 giugno l'IRMCT ha respinto l'appello di Mladić contro le condanne per genocidio e crimini contro l'umanità, così che il settantottenne molto probabilmente passerà il resto della sua vita in carcere.

Fra i leader che hanno accolto positivamente la conferma della sentenza originale contro Mladić vi sono il presidente degli Stati Uniti Joe Biden, il segretario di stato per gli affari esteri britannico Dominic Raab e il segretario generale dell'ONU António Guterres.

Il consigliere speciale per la prevenzione dei genocidi presso il Segretariato generale dell'ONU, Alice Wairimu Nderitu, ha dichiarato:

The decision to uphold Mladić's convictions by the International Tribunal for the Former Yugoslavia, as well as his sentence of life imprisonment, provides historical certainty and finality for victims and survivors…It also sends a hugely important message throughout the Western Balkans where we see genocide denial and the glorification of convicted criminals such as Mladić not only persisting but increasing.

La decisione di confermare la condanna di Mladić da parte del Tribunale penale internazionale per l'ex Jugoslavia, così come la sentenza di incarcerazione a vita, rappresenta una certezza storica e una conclusione per le vittime e i sopravvissuti…Inoltre manda un messaggio estremamente importante a tutti i Balcani occidentali, dove assistiamo al negazionismo del genocidio e all'esaltazione di criminali condannati come Mladić in una maniera persistente e addirittura crescente.

La decisione divide i Balcani

In Bosnia ed Erzegovina attivisti e ONG rappresentanti i sopravvissuti e i loro parenti hanno reagito in modo prevalentemente positivo. I membri dell'organizzazione Donne di Srebrenica, con sede a Tuzla, hanno affermato [bs] che, benché siano contente del verdetto, niente potrà restituirgli i loro mariti, figli, padri e fratelli.

“Se avesse avuto un briciolo di umanità, non avrebbe dormito serenamente; ma avrebbe ammesso il genocidio perpetrato e chiesto perdono”, sostiene [bs] Vasvija Kadić in un'intervista a Klix.ba.

I sopravvissuti hanno anche evidenziato il fatto che le aree attorno ai luoghi del massacro sono ancora scene del crimine attive e che i resti di migliaia di vittime mancano tuttora all'appello.

Un gran numero di superstiti e familiari vive nella speranza di poter un giorno seppellire le spoglie dei loro cari.

Molti sopravvissuti si sono riuniti [bs] presso il memoriale di Potočari per assistere alla sentenza definitiva.

Uno di loro ha detto ai reporter che si aspettavano la conferma della colpevolezza, ma che c'è voluto troppo tempo per portare Mladić davanti alla giustizia.

Očekujemo ovu presudu, ali smatramo da je već sada i kasno, Mladić je mnogo ranije trebao biti osuđen, ali opet očekujemo i nadamo se da će pravda biti zadovoljena.

Ci aspettiamo una simile sentenza, però crediamo che ora sia troppo tardi. Mladić avrebbe dovuto essere condannato molto tempo fa, ciò nonostante speriamo che giustizia sia comunque fatta.

La sentenza ha dimostrato ancora una volta come una certa cultura negazionista sia profondamente radicata in Serbia e nelle aree della Bosnia ed Erzegovina che hanno sofferto di più per i massacri di Mladić – la Republika Srpska [it].

A Trebigne [it], nella Bosnia ed Erzegovina orientale, dopo la sentenza è apparso [bs] un grande poster con l'immagine di Mladić e la scritta “Eroe!”.

Un altro è comparso su un cavalcavia pedonale di Banja Luka con la frase: “Non ci importa delle sentenze de L'Aja, tu sei l'eroe della Republika Srpska”.

L'attuale leader serbo-bosniaco Milorad Dodik ha affermato che l'ICTY è colpevole di “giustizia selettiva”.

Il tricolore [serbo] [it] con l'immagine di Mladić e la parola “Eroe!” visibile sulle mura della fortezza nella Città Vecchia di Trebigne.

I tabloid filo-governativi in Serbia [bs] hanno lodato Mladić come un eroe, sostenendo che egli è stato condannato “pur non essendoci alcuna prova contro di lui”. Altri lo hanno definito “tenace e coraggioso”, presentando il processo come una grande ingiustizia.

Le prime pagine dei tabloid serbi dopo la sentenza finale contro Ratko Mladić. Objektiv: “Il segreto dell'anello di Mladić: coraggio e audacia”; Kurir: “Ingiustizia de L'Aja contro Mladić, ergastolo confermato: non toccate le nostre ferite aperte! I parenti distrutti dal dolore”; Informer: “Tutti i verdetti de L'Aja sono vani: Mladić per sempre l'eroe dei serbi”. Fair use.

A Belgrado le reazioni ufficiali sono state più misurate ma tutt'altro che incoraggianti. Il primo ministro Ana Brnabić ha detto [sr] che il Tribunale penale internazionale per l'ex Jugoslavia è senza dubbio un “tribunale politico” con pregiudizi a danno dei serbi.

Aleksandar Vulin, un importante ministro del governo del presidente Aleksandar Vučić, ha affermato [sr] che la sentenza non è stata una questione di giustizia, bensì di “vendetta”.

In molti hanno sottolineato come lo stesso Vučić sia in realtà un convinto sostenitore di Ratko Mladić.

In passato, infatti, Vučić ha proclamato l'Assemblea serba un rifugio sicuro per Mladić e per un altro criminale di guerra serbo-bosniaco, Radovan Karadžić [it].

Ha anche apposto dei cartelli lungo il viale Zoran Đinđić (dal nome del primo ministro serbo [it], nonché oppositore di Milošević, assassinato nel 2003) sui quali si leggeva: “Viale Ratko Mladić.”

Ricordate, nel 2007 Vucic elogiò Ratko Mladic. I fatti non sono cambiati, non c'era alcun segreto in merito ai crimini commessi da Mladic. Vucic lo supportava PER VIA dei crimini da lui commessi. A cambiare sono state le opportunità per Vucic.

[Nella foto, l'allora primo ministro Vučić regge un cartello che dice “Rifugio sicuro per Ratko Mladić” all'interno del parlamento serbo.]

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