Inni popolari e ancora vietati a Cuba

Immagine video di Willy Chirino catturata nel video musicale Nuestro Día (ya viene llegando)/Youtube.

Sono passati più di tre decenni da quando il brano musicale Nuestro Día (Ya viene llegando) composto da Willy Chirino [it, come tutti i link successivi, salvo diverse indicazioni] all'inizio degli anni '90 ha fatto il suo ingresso nella sfera pubblica cubana, diventando non solo il simbolo musicale dell'esilio cubano, ma quello di un'intera generazione stanca della crisi economica e sociale. Non dimenticherò mai come dovetti fuggire dalla polizia quando, appena adolescente negli anni '90, ascoltavamo “Ya viene llegando” con un vecchio registratore dell'epoca.

La canzone, che annunciava una possibile fine del governo cubano, venne pubblicata in seguito alla caduta dell'Unione Sovietica, per decenni la principale alleata di Cuba. Intanto, la crisi economica peggiorava, provocando l'esodo dei balseros [es], cubani anticastristi che fuggivano dall'isola con imbarcazioni di fortuna, e le proteste di massa del Maleconazo [es] del 1994.

Il brano Ya viene llegando, dall'album Oxígeno del 1991, si trasformò nel successo del momento. Ci passavamo [es] le vecchie cassette e le ascoltavamo alle feste o celebrazioni familiari.

Willy Chirino nacque a Cuba nel 1947 ma emigrò a Miami a quattordici anni. È considerato una delle icone artistiche dell'esilio cubano negli Stati Uniti insieme a Gloria Estefan e alla defunta Celia Cruz, oltre a Arturo Sandoval e Paquito D’Rivera.

Nel 2012, le radio cubane comunicarono [es] di aver ricevuto l'autorizzazione per trasmettere la musica di 50 artisti che erano stati censurati, ma due anni dopo Chirino spiegò [es] a BBC Mundo che “[La sua] musica continua, in una certa misura, a essere ancora proibita a Cuba perché non viene mandata in onda né in radio né in televisione.” Quest'anno, dopo le proteste cubane dell’11 luglio, Willy Chirino ha lanciato un nuovo brano intitolato “Que se vayan ya” [es].

Ya vienen llegando racconta l'esperienza dello stesso Willy Chirino come esiliato cubano negli Stati Uniti e svela il dramma dell'esilio, le difficoltà che implica adattarsi alla cultura statunitense e alla sua lingua. Diventò il simbolo di una generazione segnata dall'emigrazione negli Stati Uniti e dalla ricerca di nuove opportunità.

Sullo sfondo degli interminabili blackout che colpirono il paese negli anni '90, ascoltare questa canzone autobiografica era diventato una valvola di sfogo per milioni di cubani che vivevano in preda alla paura di essere scoperti dalla polizia o di essere licenziati per ascoltare musica considerata sovversiva.

La ascoltai per la prima volta nel centro culturale ricreativo del mio paese natale Crucecita nel 1996, in un contesto in cui ero appassionato di rap e hip hop. In quei giorni passeggiavo insieme ad altri giovani della mia generazione con un registratore a nastro cercando un angolo qualsiasi dove potessimo ballare e fare breakdance. Un pomeriggio, un amico mi regalò una copia della canzone che ascoltavamo con il volume più basso possibile, provando i nostri balli. A un mio amico venne in mente di alzare il volume quando passò all'improvviso l'auto della polizia e scesero i poliziotti. Cominciammo a correre e ci nascondemmo a casa di un amico; quel pomeriggio nessuno ci trovò né ci denunciò.

Ascoltare la canzone per la prima volta fu una scoperta per me, in un momento in cui il cibo a casa mia scarseggiava. Non sopportavo di tornare da scuola e vedere mia nonna cucinare con la legna durante la crisi energetica degli anni Novanta. L'impatto della canzone fu enorme perché ci trasmetteva un messaggio di speranza e libertà, un giorno avremmo ottenuto la libertà scappando negli Stati Uniti, nazione che in quel momento accoglieva i balseros cubani.

Oggi succede qualcosa di simile con la canzone di una nuova generazione, Patria y Vida, dei rapper e cantanti cubani Yotuel, Gente De Zona, Descemer Bueno, Maykel Osorbo ed El Funky. Noi giovani sussurriamo all'orecchio del nostro amico il titolo di questo brano per identificarci con una Cuba libera, quando ci riuniamo negli spazi informali per chiacchierare, e nei messaggi dove mostriamo “Patria e vita” come quello slogan che ha cancellato il “Patria o morte” [es] di Fidel Castro che hanno voluto imporci per decenni. Il presente e il futuro di Cuba è Patria y vida.

Questo articolo è stato scritto da un* autore/autrice anonim* a Cuba, usando lo pseudonimo “Luis Rodríguez”.

avvia la conversazione

login autori login »

linee-guida

  • tutti i commenti sono moderati. non inserire lo stesso commento più di una volta, altrimenti verrà interpretato come spam.
  • ricordiamoci di rispettare gli altri. commenti contenenti termini violenti, osceni o razzisti, o attacchi personali non verranno approvati.