Il popolo di Hong Kong contro la legge sull'estradizione forzata in Cina

Il raduno di 2 milioni di persone lo scorso 16 giugno. Foto di PH Yang. Usata con autorizzazione.

Nonostante faccia parte della Repubblica popolare cinese (RPC) dalla fine del controllo britannico nel 1997, Hong Kong gode dello straordinario status di Regione amministrativa speciale [en, come tutti i link successivi, salvo diversa indicazione]. Si tratta di un territorio autonomo all'interno della Cina con un accordo politico basato sul principio “un Paese, due sistemi” [it], accordo che garantisce autonomia in materia di leggi, potere giudiziario, governo, moneta e politica dei visti. Questo status speciale ha concesso a Hong Kong un grado di libertà di espressione e di stampa e una varietà politica sconosciuti alla zona continentale e l'ha resa anche un centro di attrazione per gli affari internazionali.

Ma la sua preziosa indipendenza è adesso a rischio. L’emendamento al progetto di legge sui latitanti fuggitivi e sull'assistenza giudiziaria reciproca in materia penale, comunemente conosciuto come “disegno di legge sull'estradizione”, proposto dal Consiglio Legislativo (il Parlamento di Hong Kong) lo scorso febbraio, è l'ultima di una serie di manovre che minacciano di minare l'autonomia del territorio. Se dovesse passare, la legge autorizzerebbe Hong Kong a estradare i sospettati di reato nella Cina continentale per farli processare.

Ma il popolo di Hong Kong non vuole saperne. Da marzo scorso, i cittadini hanno protestato contro il disegno di legge, difendendo i valori cardine della città con devozione e senza paura. Visto che il governo aveva rifiutato di ritirare il disegno di legge dopo che un milione di persone si erano radunate lo scorso 9 giugno, l'azione di protesta si è intensificata e si è conclusa con un'intervento della polizia, che il 12 giugno ha usato gas lacrimogeni, fucili antisommossa e proiettili di gomma. Il 16 dello stesso mese, 2 milioni di residenti nella città sono scesi in strada in segno di protesta pacifica. Il Consiglio Legislativo ha sospeso il disegno di legge.

Il crescente controllo di Pechino

Secondo la tabella di marcia predisposta dalla Legge fondamentale, la mini Costituzione di Hong Kong, una riforma politica deve essere introdotta gradualmente. La Cina, tuttavia, non ha aderito a tale programma, adottando un approccio più aggressivo che allinei politicamente il territorio con Pechino.

Il riconoscimento del suffragio universale per il Consiglio legislativo e il Capo dell'esecutivo è uno degli interventi che viene continuamente rinviato. L'approvazione da parte del comitato direttivo dell'Assemblea nazionale del popolo, il 30 agosto del 2014, di una delibera che istituiva un comitato per la nomina dei candidati per il Capo dell'esecutivo e ne restringeva il numero a 2-3, ha rappresentato un evento fondamentale nella politica di Hong Kong. Questo intervento diretto di Pechino ha privato i cittadini di Hong Kong del loro diritto di nominare il sindaco della città e ha innescato l'ondata di forti proteste conosciute come “movimento degli ombrelli“.

Dal 2014, Pechino continua a intervenire negli affari interni di Hong Kong: nelle elezioni del Consiglio distrettuale nel 2015 o ancora in occasione delle elezioni del Consiglio Legislativo nel 2016, quando diversi candidati sono stati squalificati a causa della loro posizione politica in difesa dell'autonomia della città. Negli ultimi due anni, sei legislatori del partito pandemocratico sono stati allontanati dalla carica per aver presumibilmente usato la cerimonia di giuramento come piattaforma politica. Molti attivisti del “movimento degli ombrelli” e dei disordini di Mong Kok del 2016 sono stati incarcerati.

Anche la scomparsa di cinque librai nel 2015 ha rappresentato un altro evento cruciale che ha scioccato la società, e ha messo in pericolo la sicurezza personale dei dissidenti di Hong Kong. I media, gli artisti e persino gli accademici vivono sotto la crescente pressione di una censura delle loro opere.

Nonostante ciò, il popolo di Hong Kong continua a proteggere la città dalle intromissione di Pechino. Secondo le stime, quest'anno 180.000 persone hanno partecipato alla veglia annuale di Hong Kong in commemorazione del 30esimo anniversario dal massacro di piazza Tiananmen. Le proteste anti-estradizione contro la Cina sono ancora un altro fronte su cui difendere l'autonomia della città.

Il pretesto

Il governo di Hong Kong afferma che la proposta dell'emendamento alle leggi di estradizione già esistenti è stato determinato dall'omicidio della ventenne Poon Hiu-wing, uccisa dal suo fidanzato Chan Tong-kai a Taiwan a febbraio del 2018. Una volta ritornato a Hong Kong dopo l'episodio, Chan è stato arrestato dalla polizia. Nonostante si sia dichiarato colpevole dell'omicidio, poiché il reato era stato commesso a Taiwan, Chan è stato accusato soltanto di riciclaggio di denaro, visto che ha ammesso di aver usato le carte bancarie di Poon per prelevare denaro dai suoi conti. Il rilascio di Chan è stato disposto per ottobre di quest'anno.

Il Capo dell'esecutivo di Hong Kong, Carrie Lam, ha proposto l'emendamento lo scorso febbraio al fine di fornire le basi legali per estradare Chan a Taiwan e farlo processare per omicidio. L'emendamento proposto, tuttavia, non riguardava solo Taiwan, ma anche la Cina continentale e altri paesi con cui Hong Kong non ha al momento accordi di estradizione. Lam ha sottolineato che l'emendamento era finalizzato a risolvere il problema delle “scappatoie legali”, ma i giuristi fanno notare che le cosiddette ‘scappatoie’ in realtà rappresentano una protezione per impedire che i sospettati di reato siano consegnati alla Cina continentale, dove non c'è possibilità di ricevere un giusto processo.

Vari settori hanno avvertito che, se le richieste di estradizione saranno esaminate senza un supporto legislativo, gli emendamenti forniranno alle autorità della Cina continentale una base legale per frenare i dissensi politici locali e stranieri.

Meno concessioni

Tra febbraio e maggio, il governo ha apportato alcuni aggiustamenti più piccoli al disegno di legge, ad esempio ha ridotto il numero di reati nella lista di richiesta di estradizione per i colletti bianchi, al fine di consolidare il sostegno del mondo degli affari. Lam, tuttavia, deve ancora rispondere alle preoccupazioni che riguardano la potenziale minaccia del disegno per i diritti umani e l'indipendenza giudiziaria di Hong Kong.

Con il pretesto di dover preparare gli emendamenti in tempo per gestire il sospettato di omicidio a Taiwan a ottobre di quest'anno, appoggiati da legislatori pro-Pechino, le autorità governative hanno deciso di saltare il dibattito al comitato per i disegni di legge del Consiglio legislativo e hanno proseguito con la seconda lettura della legge lo scorso 12 giugno.

Per impedire al Consiglio Legislativo di leggere e approvare il disegno, secondo le stime un milione di contestatori ha dimostrato pacificamente lo scorso 9 giugno [it], impedendo l'accesso al palazzo del Consiglio legislativo. Il giorno successivo si è concluso con violenti scontri tra i giovani dimostranti e la polizia.

Indignati dalla brutalità e dall'affermazione del governo secondo cui avrebbe continuato come pianificato, il 12 giugno i dimostranti hanno bloccato le strade [it] e sono riusciti a impedire al Consiglio di tenere la sua sessione.

Un trionfo momentaneo

Il 15 giugno, il governo ha annunciato che per il momento avrebbe sospeso la correzione della legge, ma i manifestanti avevano chiesto che la legge fosse scartata del tutto e sono scesi in strada ancora una volta il 16 giugno. Secondo le stime, 2 milioni di persone (su un totale di 7.2 milioni di abitanti) hanno partecipato alla protesta, chiedendo le dimissioni di Carrie Lam e promettendo di mantenere alta la tensione finché la legge non sarà scartata.

Nonostante Carrie Lam si sia pubblicamente scusata per aver deciso di approvare il disegno di legge senza adeguate consultazioni e abbia specificato che lo avrebbe sospeso definitivamente, la gente ha perso fiducia nel governo. Questo sentimento pubblico sarebbe stato rispecchiato dal raduno annuale del primo luglio.

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